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Ipertensione arteriosa essenziale

COLLEGAMENTI

Ipertensione arteriosa essenziale

La malattia è anche conosciuta come:
ipertensione arteriosa primaria, ipertensione primaria


La pressione del sangue troppo elevata è una delle cause principali dei disturbi cardiaci e di altre gravi malattie. Scopriamo perchè si forma l’ipertensione, come si individua, come si cura e soprattutto come si previene…
Categoria: Malattie cardiovascolari
Sigla: IAE

Che cos’è – Ipertensione arteriosa essenziale

Ipertensione: che cos’è?

Per parlare di ipertensione arteriosa, è necessario prima capire esattamente che cos’è la pressione.
La pressione arteriosa è la pressione esercitata dal sangue, pompato con forza dal cuore, sulla parete delle arterie che distribuiscono il sangue stesso nell’organismo.

Dal momento che il cuore batte ad intervalli regolari, è possibile distinguere una pressione massima o sistolica, che corrisponde al momento in cui il cuore pompa il sangue nelle arterie, e una pressione minima o diastolica, che corrisponde alla pressione che rimane nelle arterie nel momento in cui il cuore si ricarica di sangue per il battito successivo.

Quando i valori di minima e di massima superano quelli ritenuti ottimali o normali, allora si parla di ipertensione arteriosa.
Il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari cresce con l’aumentare dei valori pressori. Un soggetto con valori di pressione sistolica di 120 mm Hg (considerati assolutamente normali) ha comunque un rischio cardiovascolare leggermente superiore a chi presenti una pressione sistolica di 110 mm Hg.

Tuttavia, secondo il consenso degli esperti, si ritiene che il rischio cardiovascolare aumenti al punto di giustificare un intervento terapeutico, anche farmacologico, in presenza di valori di pressione pari o superiori a 140 mm Hg per quanto riguarda la pressione sistolica, oppure pari o superiori a 90 mm Hg per quanto riguarda la pressione diastolica.

Vediamo ora la tabella della classificazione dell’ipertensione suggerita dall’OMS/ISH, basata sui livelli della pressione arteriosa nei soggetti adulti di età uguale o superiore a 18 anni. 

Categoria  Pressione arteriosa in mm Hg

                      Sistolica                     Diastolica

Ottimale  < 120                            < 80
Normale  < 130                            < 85
Normale – alta   130 – 139                    85 – 89
Ipertensione di Grado 1 borderline   140 – 149                    90 – 94
Ipertensione di Grado 1 lieve   150 – 159                    95 – 99
Ipertensione di Grado 2 moderata   160 – 179                    100 – 109
Ipertensione di Grado 3 grave  >/= 180                           >/= 110
Ipertensione sistolica isolata borderline   140 – 149                      < 90
Ipertensione sistolica isolata  >/= 150                           < 90

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Le cause dell’ipertensione

La prevalenza di ipertensione in Italia si dovrebbe posizionare tra il 20 ed il 25%, vale a dire una persona su cinque, anche se le cifre possono differire notevolmente a seconda della metodica usata.

Le forme di ipertensione arteriosa in cui è possibile dimostrare una causa precisa, cioè organica, legata a specifiche malattie di un organo, sono definite secondarie. In molti casi la causa di ipertensione è una malattia del rene, conseguente a precedenti nefriti, pielonefriti o infezioni delle vie urinarie particolarmente frequenti. Talora sono in gioco malattie dell’apparato endocrino, come la sindrome di Cushing, l’iperaldosteronismo e il feocromocitoma. In altri casi ancora la causa dell’ipertensione è ascrivibile a restringimenti localizzati delle arterie.
Per individuare le forme secondarie di ipertensione secondaria, si può fare un semplice screening mediante la
storia clinica, l’esame fisico e la valutazione di laboratorio. Inoltre, la presenza di una forma secondaria di ipertensione è suggerita da un aumento marcato dei valori di pressione, dalla loro rapida comparsa e dalla scarsa risposta alla terapia farmacologica.

Si tratta, però, di casi relativamente isolati: solo in un paziente iperteso su venti (circa il 5%) è possibile individuare una causa specifica dell’ipertensione, mentre nella grande maggioranza dei casi gli accertamenti diagnostici utilizzati più comunemente non evidenziano alcuna malattia che possa essere considerata responsabile dell’ipertensione. In questi pazienti, l’ipertensione è generalmente imputabile al funzionamento difettoso dei meccanismi che hanno il compito di mantenere in equilibrio i valori pressori. In questi casi, l’ipertensione arteriosa viene definita essenziale o primaria.
Esistono anche sostanze e farmaci che possono favorire un incremento della pressione: la liquirizia, i contraccettivi orali, gli steroidi, gli antinfiammatori non steroidei, la cocaina e le anfetamine, l’eritropoietina, la ciclosporina.
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Ipertesi in aumento: nel 2025 saranno uno su tre

La Tulane University School of Public Health and Tropical Medicine di New Orleans lancia l’allarme: tra vent’anni un individuo su tre soffrirà di ipertensione, e nel mondo la quota degli ipertesi crescerà del 60%, superando il miliardo e mezzo.

Questi i risultati di uno studio sulla malattia, che è una delle cause principali di morte. Si prevede che la malattia aumenterà del 24% nei paesi ricchi e dell’80% in quelli in via di sviluppo: 3 casi su 4 di riguarderanno quindi il Sud del mondo.
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Italiani popolo di ipertesi, ma solo il 20% si cura

L’ipertensione è una patologia subdola, spesso priva di sintomi ma responsabile del 13% di tutti i decessi nel mondo.
Nel mondo ne soffrono 600-800 milioni di persone, in Italia 13 milioni. Tuttavia solo poco più di 2 su 10 si curano e sono sotto controllo, mentre si stima che tra il 50 e l’80% degli ipertesi nel mondo non segua le terapie consigliate.

Basterebbe tenere sotto controllo la pressione per evitare ogni anno in Italia almeno 500.000 casi di gravi malattie cardiovascolari e prevenire almeno 220.000 ictus, 184.000 casi di scompenso cardiaco e 90.000 infarti.

Queste, infatti, sono le stime più recenti, che sottolineano come la patologia sia in crescita nel nostro Paese: fino a quattro anni fa, gli ipertesi erano circa il 21% della popolazione, mentre oggi sfiorano il 38%, contro il 44% della media europea, il 54% della Germania e il 30% degli Stati Uniti.

Il quadro poi è aggravato ulteriormente dal fatto che l’ipertensione non è quasi mai una malattia solitaria, e spesso si accompagna ad altri fattori di rischio cardiovascolari come diabete o alti livelli di colesterolo.
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Prevenzione – Ipertensione arteriosa essenziale


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Ipertensione: i fattori di rischio

L’ipertensione arteriosa ha origina da un quadro combinato di fattori genetici ereditari e fattori ambientali.
Per quanto riguarda il primo aspetto, pur essendo di bassissima prevalenza forme di ipertensione arteriosa su base genetica, è noto che i figli di ipertesi hanno maggiore probabilità di sviluppare l’ipertensione rispetto ai figli dei normotesi.
Per questo motivo, i figli degli ipertesi noti dovrebbero fare attenzione a mantenere un stile di vita sano e a tenere monitorata la pressione arteriosa, per riconoscere precocemente un suo aumento e per prevenire lo sviluppo dei danni a carico degli organi bersaglio dell’ipertensione (arterie, cuore, reni, cervello)..
Nella prevenzione dell’ipertensione, però, anche i fattori ambientali giocano un ruolo importante. Lo stress, l’eccessiva introduzione di sale e l’obesità sono fattori di rischio notevoli per questa patologia.
Uno stile di vita improntato al controllo dell’ipertensione deve essere quindi basato su abitudini di vita sane, includenti un’alimentazione equilibrata, una costante attività fisica, una disabitudine al fumo e al consumo eccessivo di alcol, una corretta dose di sonno giornaliera (8 ore).
Tali regole sono fondamentali per evitare gravi episodi quali ictus cerebrale, cardiopatia ipertensiva, cardiopatia ischemica, insufficienza renale e disturbi visivi per compressione, occlusione o rottura dei piccoli vasi della retina Non bisogna dimenticare che l’ipertensione è infatti il primo fattore di rischio cardiovascolare, come indicato nelle linee-guida 1999 OMS-ISH. Ecco quali sono gli altri:

1. Obesità addominale
2. Diabete 3. Microalbuminuria
4. Modesti incrementi della creatinina sierica
5. Proteina C-reattiva
6. Restringimento focale o generalizzato delle arterie retiniche
7. Età avanzata (uomini dai 55 anni, donne dai 65)
8. Abitudine al fumo
9. Dislipidemia
10. Ipercolesterolemia
11. Familiarità per malattie cardiovascolari precoci

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Ipertensione:proteggersi dai rischi

L’ipertensione colpisce attualmente un miliardo di persone in tutto il mondo, ovvero un sesto della popolazione mondiale. Sono gli anziani, di solito, i soggetti più a rischio, in quanto la pressione arteriosa aumenta con l'età.  
 
Tuttavia, nonostante i dati allarmanti, circa il 70% di coloro che ne soffrono non controlla adeguatamente i valori della pressione.  
Così l'ipertensione, essendo generalmente asintomatica, passa inosservata finché non viene rilevata dal medico durante un esame sistematico.  
Le sue conseguenze possono essere preoccupanti: ictus, scompenso cardiaco, danno renale e lesioni alla retina.  
 
Per contrastare l’ipertensione è necessario innanzitutto misurare la pressione arteriosa regolarmente e nel modo corretto:  
 

  • non fumare e non assumere caffeina nei 30 minuti precedenti la misurazione
  • sedersi comodamente con il braccio posto a livello del cuore
  • effettuare la misurazione dopo almeno 5 minuti di riposo
  • effettuare la media fra due o più misurazioni separate da un intervallo di almeno 2 minuti: se la differenza fra la prima e la seconda misurazione supera i 5 mmHg, è opportuno compiere, dopo 2 minuti un terza misurazione
  • usare sfigmomanometri a mercurio o in alternativa apparecchi anaerobi tarati di recente: i bracciali devono essere di dimensioni appropriate, cioè con un manicotto che circondi il braccio del paziente completamente o almeno per l’80%.

 
Una volta posta diagnosi di ipertensione, si procederà dapprima alla rimozione di tutte quelle abitudini comportamentali che incidono sui valori pressori e quindi, se necessario, all’instaurazione di una terapia farmacologica. 
 
In commercio esistono attualmente 6 categorie di farmaci antipertensivi (diuretici, betabloccanti, calcioantagonisti, alfabloccanti, inibitori dell’enzima di conversione, inibitori dei recettori dell’angiotesina II): sta al medico valutare con quale tipo di farmaco cominciare la terapia, e se preferire un solo farmaco oppure l’associazione di più farmaci.  
Lo scopo della terapia è comunque quello di ridurre i valori della pressione al di sotto di 140 per la massima e di 90 per la minima.
 
Per la classificazione dell’ipertensione, per la diagnosi di eventuali forme secondarie di ipertensione e per le strategie da adottare, consulta il minicheck di Sanihelp.it.
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Meditare contro l’ipertensione

Uno studio , pubblicato sull’American Journal of Hypertension, coordinato da Ricercatori del Medical College of Georgia, ha dimostrato che gli adolescenti con rischio di sviluppare ipertensione da adulti, hanno ottenuto una riduzione dei valori della pressione arteriosa mediante 2 semplici sedute giornaliere, di 15 minuti ciascuna, di meditazione trascendentale.

Lo studio è stato condotto su 5000 allievi delle scuole superiori, selezionati in base alla pressione sanguigna elevata e al potenziale rischio di sviluppare ipertensione.
Metà del campione è stato sottoposto a sedute quotidiane di meditazione, mentre l’altra metà del campione ha dedicato il medesimo tempo a seguire corsi di educazione alla salute.

La pressione degli studenti di entrambi i gruppi è stata monitorata costantemente per 24 ore al giorno. Il risultato è che mentre gli studenti che hanno meditato hanno verificato un ingente contenimento dei livelli di pressione sanguigna, gli studenti del gruppo di controllo non hanno subito alcuna variazione in tal senso.
Inoltre la pressione di chi ha fatto meditazione è scesa costantemente anche nei mesi successivi al periodo di meditazione quotidiana.

La meditazione trascendentale è una tecnica naturale, che affonda le sue radici nell’antica Scienza Vedica.
La sua applicazione è molto semplice e offre numerosi benefici pratici. Rimuove lo stress e la fatica e procura energia e chiarezza mentale. È un modo molto semplice e piacevole per rigenerarsi giornalmente e per sviluppare gradualmente l’intelligenza e la creatività.


Fonte: American Journal of Hypertension

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Diagnosi – Ipertensione arteriosa essenziale


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Come si misura la pressione

La pressione del sangue nelle arterie può essere misurata in due modi: in modo diretto, introducendo un catetere nell’arteria stessa e collegandolo ad un dispositivo misuratore, oppure in modo indiretto, decisamente meno cruento.
In questo caso, l’apparecchio più preciso e comunemente usato è lo sfigmomanometro a mercurio, ideato dall’italiano Riva-Rocci poco più di un secolo fa. Il funzionamento di questo strumento è legato alla pressione dell’aria insufflata nel bracciale: a seconda della sua quantità, è possibile individuare la pressione sistolica e quella diasistolica. Affinché l’esame risulti obiettivo, il paziente deve seguire rilassarsi, sedendo comodamente in ambiente tranquillo con temperatura confortevole, e ricordarsi di non assumere bevande contenenti caffeina nell’ora precedente, né aver fumato da almeno un quarto d’ora.
Oggi sono disponibili anche apparecchi per l’automisurazione domiciliare della pressione arteriosa, che consentono una rilevazione automatica o semiautomatica. Si tratta in generale di apparecchi che forniscono una misurazione attendibile, ma non tutti hanno superato il vaglio dei criteri proposti da diverse società scientifiche.

Esistono anche dispositivi che effettuano la rilevazione della pressione al polso o al dito della mano: essi sono in linea di massima poco attendibili, salvo rare eccezioni, e non sono attualmente consigliati né dalle più recenti linee guida internazionali sull’ipertensione arteriosa.

Un’ulteriore modalità di misurazione è quella del cosiddetto monitoraggio della pressione ambulatoria delle 24 ore. In questo caso,il bracciale è collegato a un apparecchio delle dimensioni di un pacchetto di sigarette, che contiene una piccola pompa e un sistema di registrazione. L’apparecchio è programmabile per effettuare misurazioni automatiche della pressione arteriosa ad intervalli determinati per una intera giornata, sia nelle ore diurne che in quelle notturne. Questo consente di ottenere un elevato numero di misurazioni nell’arco delle 24 ore (circa una settantina), e soprattutto di evitare la cosiddetta ipertensione da camice bianco, cioè l’aumento dei valori pressori determinato dalla presenza del medico all’atto della misurazione.
Questo fenomeno ha una rilevanza maggiore di quanto si possa pensare: le evidenze disponibili dimostrano che l’ipertensione da camice bianco, o ipertensione isolata, si riscontra nel 10% della popolazione generale, ed è responsabile di una percentuale non trascurabile di casi nei quali viene posta la diagnosi di ipertensione. Non si tratta, però, di una rilevazione del tutto innocua: molti studi hanno evidenziato che può essere associata ad una condizione di danno d’organo e ad alterazioni metaboliche.
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La diagnosi di ipertensione

Le procedure diagnostiche per la valutazione dell’ipertensione sono finalizzate a stabilire i livelli pressori, identificare le cause secondarie di ipertensione e valutare il rischio cardiovascolare globale. Tali procedure comprendono:

  • La misurazione ripetuta della pressione arteriosa
  • La valutazione della storia clinica
  • L’esame fisico
  • Le valutazioni strumentali e di laboratorio. 

Per quanto riguarda queste ultime, alcune sono raccomandate come parte dell’approccio routinario in tutti i pazienti conipertensione arteriosa , altre invece sono indicate solo quando suggerite da alcuni degli aspetti di indagine specifica relativamente al decorso clinico del paziente.
La storia clinica del paziente, invece, dovrebbe includere la durata dell’ipertensione e i precedenti livelli di pressione arteriosa, i sintomi suggestivi di una causa secondaria di ipertensione, l’assunzione di farmaci o sostanze che possano aumentare i valori pressori, le abitudini di vita (assunzione dietetica di grassi, sale e alcol, quantificazioni del fumo e dell’attività fisica, incremento di peso a partire dall’adolescenza), le precedenti patologie e trattamenti farmacologici, i fattori personali, familiari e ambientali che potrebbero influenzare i valori di pressione arteriosa. In particolare, il paziente deve segnalare al medico:

  • Durata dell’ipertensione e livelli pressori rilevati in passato
  • Storia familiare di nefropatia, malattia renale, infezioni delle vie urinarie, ematuria, sete, poliuria, nicturia
  • Abuso di analgesici, assunzioni di contraccettivi orali, liquirizia, carbenoxolone, spray nasali, cocaina,
    anfetamine, steroidi, antinfiammatori non steroidei, eritropoietina, ciclosporina
  • Episodi di sudorazione, cefalea, ansietà, palpitazioni, dolore toracico
  • Episodi di astenia muscolare e tetania 

Per quanto riguarda invece gli esami laboratorio, essi generalmente includono un prelievo ematico per la valutazione di glicemia (preferibilmente a digiuno), colesterolemia totale, colesterolemiaHDL, trigliceridi, uricemia, creatininemia, potassiemia, emoglobina ed ematocrito, analisi delle urine e un elettrocardiogramma. Nei casi in cui i livelli di glicemia a digiuno risultino maggiori di 6,1 mmol/l (110 mg/dl), si procede a valutare il valore della glicemia post-prandiale e ad eseguire una curva da carico di glucosio. Una valutazione più completa prevede inoltre test di valutazione della funzionalità cardiaca, cerebrale e renale; misurazione di renina, aldosterone, ormoni corticosteroidi, catecolamine, arteriografia; ecografia renale e surrenalica; tomografia assiale computerizzata; risonanza magnetica cerebrale
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Dieta – Ipertensione arteriosa essenziale


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Iperteso? Attento al sale

Il sale, e più precisamente il sodio in esso contenuto, è uno dei principali nemici della pressione arteriosa. Un consumo eccessivo di sale può favorire l’instaurarsi (o l’aggravarsi) dell’ipertensione arteriosa, soprattutto nelle persone predisposte. Senza contare che elevati apporti di sodio aumentano il rischio per alcune malattie del cuore, dei vasi sanguigni e dei reni, per i tumori dello stomaco e per l’osteoporosi. 
Di conseguenza, ridurre gli apporti di sale può essere un’importante misura sia preventiva che curativa per molte persone. Considerando che ogni grammo di sale contiene circa 0,4 g di sodio, l’ideale è mantenere un consumo medio di sale al di sotto di 6 g al giorno, corrispondente ad una assunzione di circa 2,4 g di sodio. Questo, secondo gli ultimi studi, rappresenta un buon compromesso tra il soddisfacimento del gusto e la prevenzione dei rischi legati al sodio.
 
Ridurre la quantità di sale che si consuma giornalmente non è difficile, soprattutto se la riduzione avviene gradualmente. Infatti il nostro palato si adatta facilmente, ed è quindi possibile rieducarlo a cibi meno salati. Come? Seguendo alcune semplici regole di comportamento:

  • Ridurre progressivamente l’uso di sale sia a tavola che in cucina
  • Preferire al sale comune il sale arricchito con iodio (sale iodato)
  • Non aggiungere sale nelle pappe dei bambini, almeno per tutto il primo anno di vita
  • Limitare l’uso di condimenti alternativi contenenti sodio (dado da brodo, ketchup, salsa di soia, senape, ecc.) 
  • Sostituire il più possibile il sale con erbe aromatiche e spezie, succo di limone e aceto
  • Scegliere, quando sono disponibili, le linee di prodotti a basso contenuto di sale
  • Consumare solo saltuariamente alimenti trasformati ricchi di sale (snacks salati, patatine in sacchetto, olive da tavola, alcuni salumi e formaggi)
  • Evitare i cibi pronti e, naturalmente, gli alimenti conservati sotto sale
  • In caso di forte sudorazione, reintegrare con la semplice acqua i liquidi persi 

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Liquirizia: tentazione pericolosa?

Le liquirizie sono come le ciliegie: una tira l’altra.  
 
Se poi, oltre a lasciarsi tentare dal suo sapore irresistibile, si pensa anche alla sua natura vegetale (e quindi innocua) e alle sue mille proprietà terapeutiche, sembra non esserci proprio ragione di rinunciarvi.  
 
In realtà esiste anche il rovescio della medaglia: l’abuso di liquirizia nasconde una sfilza di effetti indesiderati.  
 
Il dosaggio di glicirrizina (il principio attivo più importante dela liquirizia) da non superare è di mezzo grammo al giorno (cosa che può capitare assumendo caramelle o lassativi).  
 
Questa radice, infatti, ha effetti collaterali sull’equilibrio dei sali minerali: un abuso di liquirizia può provocare perdita di potassio, ritenzione idrica, aumento della pressione, gonfiore al viso e alle caviglie, mal di testa e astenia.  
 
Pertanto le persone predisposte a ipertensione, i diabetici, coloro che soffrono di complicanze cardiache e le donne in gravidanza o in allattamento dovrebbero evitare il consumo prolungato di prodotti derivati da questa pianta.  
 
Le controindicazioni per gli ipertesi sono all’origine della decisione da parte dell’Unione Europea di imporre, nelle etichette di dolci e bevande che contengono acido glicirrizico in alte dosi, la dicitura: Contiene liquirizia: evitare il consumo eccessivo in caso di ipertensione.  
Il comitato europeo ha infatti rilevato che «un consumo superiore a 100 mg al giorno di questa sostanza può causare ipertensione».  
 
Da alcune ricerche è emerso anche che la liquirizia è responsabile di numerosi casi di danno muscolare, fino alla rabdomiolisi.  
 
In tutti i casi riscontrati si è risaliti a un’ingestione esagerata (da 20 g fino a 300 al giorno per settimane o mesi) oppure a un’assunzione moderata ma per lunghi periodi, per esempio nel caso di lassativi.  
 
La notizia è stata giudicata degna di segnalazione alla classe medica per il largo uso che viene fatto di questa radice, che si ritrova in molti medicinali e preparati erboristerici della farmacopea ufficiale.  
 
In conclusione: nessuna controindicazione se si è superata l’infanzia e si ha meno di 45 anni, se si è in salute e se la si assume solo per brevi periodi.  
 
Via libera dunque al bastoncino legnoso, che contiene principi attivi poco concentrati, mentre bonbon e scaglie di liquirizia pura, ottenute concentrando il succo della radice, hanno un’alta percentuale di principi: meglio non superare i 5-6 pezzi al giorno.
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Ipertensione, limitare l’uso di vino e birra

Molto spesso vengono decantate le proprietà benefiche del vino che sfrutta i polifenoli e altri elementi in esso contenuti. Però ci sono anche delle pecche che vanno segnalate per non andare incontro a problemi evitabili.

Per esempio chi soffre di pressione alta dovrebbe limitare l’utilizzo di vino rosso perché esso fa alzare la pressione tanto quanto la birra.

Lo ha affermato il professor Renate Zilkens della University of Western Australia che ha pubblicato il suo studio sull’American Heart Association journal Hypertension.

Il consiglio per chi soffre o è a rischio di ipertensione è di non bere più di due bicchieri al giorno. In questo modo si sfruttano tutti i benefici degli antiossidanti senza far aumentare la pressione arteriosa.
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Scoperto perché l’obesità provoca diabete e ipertensione

Le complicanze dovute all’obesità come diabete e ipertensione derivano da una sovrapproduzione di macrofagi, cellule del sistema immunitario che si nutrono di ciò che resta delle cellule adipose giunte alla fine del loro ciclo vitale.

La scoperta, pubblicata sul Journal of Lipid Research, si deve al gruppo dell’universita’ di Ancona coordinato da Saverio Cinti.

Gli esperti spiegano che i macrofagi sono spesso all’origine di infiammazioni croniche in quanto secernono una sostanza chiamata TNFalfa, che interferisce con la funzionalita’ dell’insulina.

I macrofagi si dispongono intorno ai vacuoli lipidici come se fossero delle coroncine e cominciano a riassorbirli, come se si trovassero di fronte a un corpo estraneo.
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Donne e caffè: nessun rischio di ipertensione

Il caffè non è un pericolo per la salute delle donne.
A sostenerlo è uno studio Brigham and Women’s Hospital e dell’Harvard Medical School of Public Health di Boston, che ha dimostrato come la tanto amata bevanda non sia associata ad un aumento del rischio di ipertensione nelle donne, a sua volta uno dei principali fattori di rischio per la malattia coronarica.

I ricercatori hanno analizzato i dati del Nurses’ Health Studies I e II, riguardanti 155.594 donne senza ipertensione al momento dell’arruolamento.
Durante i 12 anni di durata dello studio, sono stati riportati 33.000 casi di ipertensione, ma in entrambe le coorti non è stata osservata alcuna associazione lineare tra assunzione di caffeina e rischio di ipertensione.

Diverso, invece, il caso delle bevande a base di cola, che hanno dimostrato di favorire la comparsa di ipertensione.

I risultati smentiscono i dati diffusi da precedenti studi di breve periodo, che ipotizzavano una possibile associazione tra assunzione di caffeina e innalzamento della pressione sanguigna.
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Cura e Terapia – Ipertensione arteriosa essenziale


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La terapia dell’ipertensione

L’obiettivo primario del trattamento del paziente iperteso è quello di ottenere la massima riduzione del rischio a lungo termine di mortalità e morbilità cardiovascolare. Tutto ciò richiede il trattamento di tutti i fattori di rischio reversibili e identificabili, che comprendono fumo, dislipidemia o diabete e un trattamento appropriato delle condizioni cliniche associate, nonché il trattamento degli elevati regimi pressori.
Le modificazioni dello stile di vita sono imprescindibili in tutti i pazienti, e riguardano l’abolizione dell’abitudine al fumo, calo ponderale, la riduzione dell’eccessivo consumo alcolico, l’esercizio fisico, la riduzione del consumo di sodio, l’incremento dell’apporto di frutta e verdura e la riduzione dell’apporto globale di grassi e di grassi saturi.
Questi provvedimenti riducono la pressione di pochi millimetri di mercurio, richiedono un costante impegno e una forte motivazione individuale, ma hanno effetti vantaggiosi a lungo termine anche su altri fattori di rischio spesso associati all’ipertensione, come l’obesità, l’ipercolesterolemia ed il diabete.
Tuttavia, molto spesso non sono sufficienti, e devono essere combinati con la terapia farmacologia, di cui aumentano l’efficacia sia in termini di riduzione della pressione che del rischio cardiovascolare.

I farmaci antiipertensivi sono molto numerosi, e agiscono attraverso meccanismi ben conosciuti e diversi. Le categorie più importanti sono i diuretici, i bloccanti del sistema renina – angiotensina, i calcioantagonisti, che bloccano l’entrata di calcio nelle cellule muscolari delle arteriole e riducono l’eccessiva costrizione arteriolare, i betabloccanti, gli alfabloccanti e gli antiadrenergici centrali, che riducono a vari livelli la risposta circolatoria agli stimoli del sistema nervoso simpatico.

I farmaci antiipertensivi sono di solito efficaci e ben tollerati. Va detto però che non sempre è sufficiente un solo farmaco per ottenere un buon controllo pressorio, e che spesso si deve ricorrere ad una terapia di associazione, che prevede l’assunzione di due o più farmaci. Alcune associazioni di farmaci antiipertensivi sono già presenti nella preparazione commerciale, altre devono essere realizzate ricorrendo alla combinazione di più compresse.

Il programma terapeutico prevede di solito di iniziare con un farmaco, cui, in caso di non soddisfacente risposta, dopo qualche settimana se ne assocerà un altro, e poi un altro fino al raggiungimento del controllo pressorio ottimale. In caso di effetti collaterali, si cambierà il tipo di antiipertensivo. Va sottolineato infatti che molti degli effetti collaterali sono tipici di una sola categoria (vampate e gonfiore delle caviglie con i calcioantagonisti, tosse con ACE inibitori…). Tali effetti non sono frequenti e non sono pericolosi, ma devono essere riferiti al medico, per modificare opportunamente la terapia e scegliere farmaci meglio tollerati. Va ricordato però che un po’ di fiacchezza è la regola durante i primi giorni di cura, è secondaria alla riduzione della pressione e quasi sempre scompare rapidamente.

La scelta del farmaco antiipertensivo iniziale dipende infine dall’esperienza del medico e dalle malattie presenti e pregresse del paziente, nonché dai farmaci antipertensivi impiegati in passato, dal costo dei vari farmaci e dal profilo di rischio del paziente, ovvero dalla presenza o meno di danno d’organo e di patologie cardiovascolari, renali o di diabete clinicamente manifeste.
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Ipertensione: chi è più a rischio

Gli stati ipertensivi che si manifestano in gravidanza rappresentano una delle principali cause di morbilità e mortalità materna, fetale e neonatale non solo nei Paesi in via di sviluppo ma anche nei Paesi industrializzati. 
In condizioni fisiologiche, la pressione arteriosa di solito si riduce nel secondo trimestre di gravidanza raggiungendo valori in media di 15 mmHg inferiori rispetto a quelli rilevati prima della gravidanza. 
Nel terzo trimestre si assiste invece a un incremento che riporta la pressione ai valori riscontrati prima della gravidanza. Queste oscillazioni pressorie si possono riscontrare in donne normotese, in donne affette da ipertensione prima della gravidanza, e nelle
donne che svilupperanno nel corso della gravidanza uno stato ipertensivo.
La definizione di ipertensione in gravidanza non è univoca, in quanto essa include stati ipertensivi preesistenti alla gravidanza, che complicano l’1-5% di tutte le gravidanze; l’ipertensione gravidica, che si sviluppa dopo 20 settimane di gestazione e nella maggior parte dei casi ritorna alla
normalità entro 42 giorni dal parto, ed infine il cosiddetto stato ipertensivo prenatale non classificabile, ipertensione
con presenza o assenza di manifestazioni cliniche sistemiche, che potrebbe appartenere ad entrambe le precendenti categorie.
Le forme ipertensive in gravidanza, specie l’ipertensione gravidica, possono indurre alterazioni della funzione renale, epatica e del profilo ematologico, che a loro volta possono influenzare negativamente la prognosi e la salute materna e del feto.
L’impiego di farmaci antipertensivi in gravidanza ha generato un dibattito tuttora in corso tra gli specialisti. A tutte le donne gravide, comunque, vengono consigliati integratori di calcio, che garantisce una modesta riduzione (di poco meno di un terzo) della pressione sanguigna. 
Se le donne in gravidanza rappresentano una categoria particolarmente esposta ai danni dell’ipertensione, le persone anziane sono sicuramente l’altra fascia debole. Questo dipende principalmente da due fattori: il fisiologico incremento della pressione sanguigna con l’avanzare dell’età, associato alla perdita di elasticità dei vasi sanguigni, e la maggior frequenza di effetti collaterali delle terapie farmacologiche. Inoltre, il paziente iperteso anziano presenta caratteristiche decisamente diverse dall’iperteso giovane: da una parte il rischio di malattie cardiovascolari è più ridotto, dall’altra è più difficile indurre il paziente alle corrette modificazioni dello stile di vita. Ma non bisogna demordere: anche per l’anziano è fondamentale ridurre l’apporto di sale e il consumo di alcol, controllare il peso e muoversi il più possibile. 
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Curare l’ipertensione senza farmaci

Curare l’ipertensione non è solo questione di farmaci. Esistono moltissimi metodi alternativi che possono essere messi in atto per il controllo dei valori pressori, a cominciare dai rimedi naturali.
In fitoterapia, una delle piante più utilizzate per la cura dell’ipertensione è l’olivo. Le sue foglie hanno un’azione vasodilatatrice in grado di abbassare rapidamente la pressione del sangue, soprattutto se utilizzate sotto forma di decotto (bollire 20 grammi di foglie di olivo in 300 di acqua, da bere tutti i giorni per almeno due settimane).
Una valida alternativa è la tintura madre di foglie di olivo (30-50 gocce 3 volte al giorno), da abbinare ad altre piante ad azione ipotensiva quali biancospino, vischio, aglio, peperoncino.
Sempre in fatto di terapie alternative, un aiuto prezioso per tenere sotto controllo la pressione può essere dato dall’agopuntura, dalla cromoterapia, dalla musicoterapia (da provare: Beethoven, quartetto per archi op.18 n.3; oppure Mozart, concerto K 477 e concerto K 271) e dall’aromaterapia (limone, maggiorana, acacia, rosa, camomilla, fiori d’arancio). 

Queste tecniche agiscono principalmente sul controllo dello stress e della tensione, che, insieme alla scorretta alimentazione, sono tra i fattori più predisponesti per l’ipertensione.
Per lo stesso motivo, anche l’attività fisica è fortemente consigliata per gli ipotesi (e non solo!), perché, oltre ad abbassare naturalmente la pressione grazie all’ossigenazione del sangue, libera ormoni positivi come la serotonina, in grado di favorire il buonumore.
A questo punto è ormai chiaro che anche la psiche gioca un ruolo fondamentale nell’insorgenza di questa patologia.

La maggior parte degli studi psichiatrici sottolinea il fatto che l’inibizione di tendenze ostili ha una parte importante in questo fenomeno; fatto che concorda con l’osservazione empirica che la paura e la collera innalzano repentinamente la pressione del sangue.
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Ictus e ipertensione, un legame da non sottovalutare

Nei Paesi occidentali, l’ictus è una delle prime cause di morte e la prima di disabilità permanente in soggetti adulti. Solo in Italia, ogni anno, circa 150.000 ultrasessantacinquenni sono colpiti da ictus ed oltre 700.000 anziani hanno avuto almeno un episodio.
L’ictus cerebrale ischemico colpisce in modo apparentemente inaspettato, ma in realtà non è così.
Una delle cause scatenanti, spesso sottovalutata e non adeguatamente trattata, è l’ipertensione.

È quanto emerge da uno studio, pubblicato sul Journal of Neurological Sciences, che ha coinvolto 22 ospedali in 7 paesi europei: Italia, Francia, Germania, Inghilterra, Ungheria, Spagna e Portogallo. La parte italiana della ricerca è stata coordinata da Antonio Di Carlo dell’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche (In-Cnr) e da Domenico Inzitari e Maria Lamassa dell’Università di Firenze, insieme a Charles Wolfe del King’s College di Londra.

L’ipertensione arteriosa e la fibrillazione atriale sono risultati i fattori di rischio più rilevanti per lo sviluppo delle forme più gravi di ictus cerebrale ischemico.
Lo studio mette dunque in risalto l’importanza di questi due fattori di rischio e le necessità di una più efficace prevenzione.
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Glossario per Ipertensione arteriosa essenziale – Enciclopedia medica Sanihelp.it


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 – BIVIS*28CPR RIV 40MG+5MG

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 – CARAVEL*28CPR 6,25MG

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 – CARDURA*20CPR DIV 4MG

 – CARDURA*20CPR DIV 4MG

 – CARDURA*20CPR DIV 4MG

 – CARDURA*30CPR DIV 2MG

 – CARDURA*30CPR DIV 2MG

Tag cloud – Riepilogo dei sintomi frequenti

acufene
affanno
affaticabilità
fame di aria
asfissia
astenia
batticuore
accelerazione del battito
riduzione del campo visivo
capogiro
cardiopalmo
presenza nel campo visivo di zone di cecità
cefalea
aumento del ritmo del cuore
male di cuore
debolezza
dispnea
ematemesi
emicrania
epigastralgia
mancanza di equilibrio
perdita dell’equilibrio
esauribilità
mancanza del fiato
mancanza delle forze
aumento della frequenza cardiaca
visione di macchie scure
mancamento
visione di mosche volanti
visione di nebbia
fischio nelle orecchie
ronzio nelle orecchie
palpitazioni
dolore al petto
irregolarità del polso
dolore al precordio
pulsazioni veloci
aumento delle pulsazioni
difficoltà della respirazione
difficoltà di respiro
mancanza del respiro
aumento del ritmo
sbandamento
senso di soffocamento
spossatezza
stanchezza
dolore allo sterno
tachicardia
giramento di testa
male di testa
toracalgia
dolore al torace
vertigini
disturbi della vista
sangue nel vomito

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