ipertensione polmonare

COLLEGAMENTI

Ipertensione polmonare

La malattia è anche conosciuta come:
ipertensione arteriosa polmonare, ipertensione arteriosa polmonare idiopatica


Donna, 40-50 anni, con stanchezza esagerata, vertigini e difficoltà respiratorie e una diagnosi di ansia. Si tratta di ipertensione arteriosa polmonare. Una malattia che può avere effetti devastanti sulla vita lavorativa e privata.
Categoria: Malattie respiratorie
Sigla: IP

Che cos’è – Ipertensione polmonare

Identikit dell’ipertensione arteriosa polmonare

Un aumento della pressione sanguigna nei polmoni: in parole semplici, è questo che avviene in chi soffre di ipertensione arteriosa polmonare. Per ragioni, però, che a tutt’oggi sono ancora in parte sconosciute. È certo che esiste una familiarità nel 6-15% dei casi e che per l’80% di questi gioca un ruolo l’anomalia di due geni scoperti di recente, il Bmpr2 e l’Alk1.

L’ipertensione arteriosa polmonare colpisce complessivamente tra le 25 e le 50 persone per milione di abitanti, di cui l’80% sono donne. Si tratta però di numeri approssimativi, dal momento che è ancora oggi una malattia sottostimata.
La ragione di questa maggiore incidenza tra le donne non è stata ancora identificata con certezza, ma i ricercatori hanno supposto un’influenza negativa da parte degli ormoni femminili sulla circolazione polmonare. Secondo le ipotesi degli esperti, questi ormoni agirebbero da start in chi ha già la predisposizione ad ammalarsi, innescando tutti quei meccanismi che portano alla manifestazione dei sintomi. Ma queste ipotesi sono ancora tutte da verificare e dimostrare.

Maggiori sono invece le conoscenze nell’ambito dei meccanismi che portano allo scatenamento dei sintomi. Ampi studi hanno infatti messo in luce il ruolo dell’endotelina, una proteina che, quando è presente a un livello troppo elevato nel sangue, provoca una vasocostrizione localizzata alle cellule muscolari lisce dei vasi sanguigni del tessuto polmonare e, quindi, come conseguenza, a un aumento della pressione causata della carenza di ossigeno.

A peggiorare l’azione dannosa dell’endotelina sono alcuni specifici recettori, chiamati di tipo A, che amplificano l’azione dannosa della proteina e lo stato di infiammazione al tessuto polmonare.
Gli studi sull’endotelina e i recettori hanno portato i laboratori di ricerca a formulare nuove molecole che spengono questo dannoso ingranaggio che si mette in moto per cause ignote e che è in grado di scatenare i sintomi della malattia.
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Malattie rare: il farmaco c’è, ma è orfano

I farmaci orfani (Orphan Drug Status) sono prodotti medicinali destinati alla diagnosi, alla prevenzione o alla cura di malattie rare, che mettono in pericolo la vita di una persona o che sono comunque molto gravi. Sono detti orfani perché l’industria farmaceutica, in condizioni normali di mercato, è poco interessata a produrre e a commercializzare prodotti destinati a un ristretto numero di individui. Per le aziende farmaceutiche introdurre nel mercato un medicinale per una malattia molto rara avrebbe un costo presumibilmente superiore al guadagno derivato dalla vendita del prodotto. Malattie curabili dunque, ma non curate. 

Le ragioni di questa mancanza non sono solo di ordine economico. Spesso è la sperimentazione per lo sviluppo di farmaci destinati alla cura delle malattie rare a porre diversi problemi: i pazienti arruolabili negli studi clinici sono pochi, le malattie hanno un’ ampia dispersione territoriale, sono poco conosciute e afferenti a diversi gruppi nosologici, cosicché risulta difficile costituire gruppi sperimentali omogenei. Per reclutare il maggior numero possibile di soggetti per i trial clinici si ricorre a volte a una casistica multicentrica che però può diminuire la qualità dello studio, se i criteri di reclutamento e trattamento sono disomogenei.

Secondo la normativa europea un farmaco è orfano quando:
• è destinato alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di un’affezione che comporta una minaccia per la vita o la debilitazione cronica e che colpisce non più di cinque individui su 10.000 nella comunità
• è destinato alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di una affezione che comporta una minaccia per la vita, di un’affezione seriamente debilitante, o di un’affezione grave e cronica, ed è poco probabile che, in mancanza di incentivi, la commercializzazione di tale medicinale all’interno della comunità sia tanto redditizia da giustificarne l’investimento necessario. 

Ma quando una malattia si può definire rara? Quando colpisce un numero limitato di persone su un’intera popolazione (meno di 1 caso su 2000). Mentre questo numero sembra piccolo, esso si traduce in approssimativamente 200.000 individui quando consideriamo l’Unione Europea nell’attuale dimensione di 15 Stati Membri, e 230.000 quando la Comunità si espande per includere 27 Stati Membri. È stato stimato che oggi esistono tra 5.000 e 8.000 malattie rare che colpiscono tra il 6% e l’8% della popolazione in totale, in altre parole, tra 24 e 36 milioni di persone nella Comunità Europea. 

Di fronte a questi dati Il 16 dicembre 1999 il Parlamento Europeo e il Consiglio hanno adottato un regolamento con l’obiettivo di incitare le industrie farmaceutiche e biotecnologiche a sviluppare e a commercializzare i farmaci orfani.
Ma la strada è ancora lunga, soprattutto dal punto di vista del riconoscimento di questi malati invisibili: ancora oggi oltre 5.000 patologie rare sono totalmente disconosciute dal SSN italiano e non presenti nei Lea (livelli essenziali di assistenza).
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Il russamento e le apnee ostruttive del sonno

Il russamento notturno è un disturbo molto frequente che interessa circa il 30% della popolazione adulta con una prevalenza nel sesso maschile doppia rispetto a quello femminile, questa percentuale cresce a circa il 60% oltre i 60 anni di età.

Il russamento non è solo un fenomeno fastidioso per il compagno di letto, ma spesso si accompagna a delle periodiche interruzioni o diminuzioni del respiro che determinano una sindrome definita: sindrome delle apnee ostruttive del sonno od OSAS. Questa patologia che interessa una percentuale notevole della popolazione adulta che varia secondo i diversi studi dal 15% al 35% negli uomini e dal 5% al 20% nelle donne è correlata all'età, al sesso ed al peso corporeo.

Le interruzioni e le diminuzioni del respiro definite rispettivamente apnee e ipopnee che avvengono durante il sonno, devono avere delle caratteristiche particolari per essere considerate una patologia: durata di almeno 10 secondi e verificarsi con una frequenza di almeno 10 durante ogni ora di sonno, nel caso sussistano queste condizioni possiamo parlare di OSAS, la conseguenza di questi fenomeni respiratori è la diminuzione della percentuale di ossigeno nel sangue che determina le cosiddette patologie correlate all'OSAS.

È ormai ampiamente dimostrato che i pazienti con OSAS manifestano con una percentuale più elevata rispetto alla popolazione sana malattie come: ipertensione, infarto miocardico, ictus cerebrale ed ipertensione polmonare con una significativa diminuzione della durata della vita.

È importante inoltre sottolineare che le persone colpite da OSAS non godono di un sonno ristoratore, questo determina tutta una serie di sintomi diurni che vanno dalla sonnolenza alla difficoltà di concentrazione sul lavoro con notevole diminuzione delle performances intellettuali, inoltre è stato dimostrato come la percentuale di incidenti stradali anche mortali determinati da colpi di sonno e disattenzione sia sette volte maggiore nei soggetti con OSAS rispetto alla popolazione normale, questi dati dimostrano come la sindrome delle apnee ostruttive del sonno sia una malattia di elevatissimo peso sociale.

A partire dall'anno 2000 è stato attivato presso la Clinica Otorinolaringoiatrica dell'Ospedale S.Paolo di Milano, dapprima in forma sperimentale, e successivamente con l'acquisizione di una sofisticata apparecchiatura diagnostica in forma ufficiale un programma di diagnosi e terapia della sindrome delle apnee ostruttive del sonno. La fase diagnostica comprende: esami clinico-strumentali di routine, compilazione di questionari che abbiamo appositamente approntato per valutare i sintomi diurni legati all'OSAS e l'esame polisonnografico.
Proprio quest'ultimo esame costituisce il passo fondamentale per una corretta e precisa diagnosi di OSAS, il polisonnigrafo è uno strumento che avvalendosi di sensori che vengono applicati al paziente permette di misurare numerevoli parametri durante il sonno tra i quali: il flusso respiratorio nasale ed orale, i movimenti della cassa toracica e dell'addome, il battito cardiaco, la percentuale di ossigeno nel sangue, la posizione del corpo e l'intensità del russamento. È possibile registrare in base al tipo di macchina utilizzata numerosi altri parametri; in campo neurologico normalmente viene effettuata una registrazione anche dell'elettroencefalogramma così da ottenere una correlazione tra le apnee o le ipopnee e le varie fasi del sonno.

L'esame viene registrato durante la notte senza alcun disagio per il paziente, richiede una notte di ricovero ed il giorno dopo la registrazione viene scaricata su di un computer che contiene un software dedicato che permette di analizzare i parametri e determinare la presenza o meno OSAS e la gravità della stessa, il referto viene comunicato ai pazienti alcuni giorni dopo l'esecuzione dell'esame.

In base al risultato dell'esame si distinguono pazienti russatori semplici e con OSAS di grado lieve medio e grave, il protocollo terapeutico viene concordato con il paziente e prevede diverse soluzioni che vanno dalla semplice terapia dietetica ad interventi chirugici che mirano a ripristinare il normale passaggio di aria dalle prime vie aeree: naso, palato e faringe. Esiste inoltre la possibilità da parte del paziente di utilizzare ventilatori notturni denominati CPAP che con l'ausilio di una mascherina aiutano il paziente nei momenti di apnea immettendo attivamente aria nelle prime vie aeree, questi mezzi in alcuni casi non vengono ben tollerati dal paziente.

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Una proteina sotto accusa

Nella genesi dell’ipertensione polmonare gioca un ruolo importante una piccola proteina, chiamata endotelina. Scoperta nel 1988, fin da subito ha destato grande interesse nei ricercatori, come dimostrano gli oltre 20 mila studi scientifici che sono stati condotti nell’arco di vent’anni su questo argomento.

Che ruolo ha l’endotelina nella genesi dell’ipertensione polmonare arteriosa? «L’endotelina esercita un’azione vasocostrittrice normalmente controbilanciata da altre sostanze, che vengono fisiologicamente prodotte dall’organismo e svolgono un’azione vasodilatatrice – spiega la professoressa Ariela Benigni, Capo Dipartimento di Medicina Molecolare, Istituto Mario Negri di Bergamo – Nell’ipertensione polmonare l’endotelina riduce il calibro dei vasi sanguigni e fa aumentare la pressione, agisce sulle cellule muscolari lisce dei vasi sanguigni, in questo caso quelle del polmone. I vasi si contraggono, al polmone arriva meno ossigeno, da qui la comparsa dei sintomi della malattia».

Si sanno le ragioni che determinano questa alterazione? «No, non del tutto. Come per tutte le malattie rare, è difficile avere abbastanza pazienti con le stesse caratteristiche per poterli studiare. Si è cercato di capire se ci fosse una predisposizione genetica, ma i dati non sono univoci e serviranno altri studi. In altre malattie si è visto, per esempio, che alcuni pazienti sono più suscettibili all’azione negativa dell’endotelina se sono presenti nel gene determinati polimorfismi, cioè delle piccole variazioni a carico del DNA, associati a una causa scatenante. Il problema è anche individuare la ragione che agisce da start, che al momento è ignota. Gli studi condotti finora hanno solo dimostrato che l’endotelina in eccesso può indurre una serie di azioni negative».

Sono azioni che hanno un ruolo nell’ipertensione arteriosa polmonare? «Sì. L’endotelina richiama cellule infiammatorie nel sito di danno che amplificano il danno al tessuto polmonare e questo aggrava la malattia. L’endotelina in eccesso può anche indurre morte cellulare. Quando questo succede a carico degli alveoli polmonari la malattia diventa progressiva ed è ancora più difficile da curare. È chiaro che l’endotelina, quando è generata in quantità eccessive, ha diverse azioni negative oltre la vasocostrizione, come l’induzione dell’accumulo di proteine della matrice che alla lunga soffocano le cellule del polmone».
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Sintomi – Ipertensione polmonare


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Ipertensione polmonare o cos’altro?

L’ipertensione arteriosa polmonare si manifesta con una minore ossigenazione del sangue che dà segno di sé con difficoltà respiratorie, senso di affanno anche nel corso di sforzi lievi, ritenzione di liquidi con gonfiori alle caviglie e senso di pesantezza all’addome.

Sintomi, questi, che però possono far parte anche del corredo di disturbi di altre malattie come lo scompenso cardiaco e la bronchite cronica. Per questo è necessario sottoporre il malato a una serie di esami che escludano la presenza di patologie cardiache o respiratorie. Gli specialisti hanno messo a punto una sequenza di controlli che andrebbero effettuati di routine in caso di sospetto come: l’elettrocardiogramma, la radiografia del torace e l’ecocardiogramma con Doppler, che valuta la pressione del sangue in arteria polmonare.

L’ostacolo più grande nella formulazione della terapia è dato infatti proprio dal ritardo diagnostico, che varia tra i sei e i dodici mesi. Per questo, «quando ha di fronte un paziente che lamenta affanno, dispnea, ridotta tolleranza allo sforzo, il medico di famiglia non deve fermarsi a una prima e sommaria diagnosi, ma esplorare le varie ragioni possibili ed escludere man mano tutte quelle malattie che possono essere determinate dagli stessi sintomi: in primis, quelle cardiache e polmonari – sottolinea il professor Nazzareno Galiè, Responsabile del Centro Ipertensione Polmonare dell’Istituto di Cardiologia dell’Università di Bologna – Ogni esame è come il tassello di un puzzle. Il quadro dell’ipertensione polmonare si delinea sempre di più man mano che si esclude il sospetto di altre malattie polmonari o cardiache.
Se emerge il sospetto di ipertensione polmonare, il paziente deve essere inviato immediatamente a un Centro specializzato dove verrà sottoposto a ulteriori esami per confermare la diagnosi di ipertensione. Tra questi, ha un posto di rilievo il cateterismo cardiaco destro, che è indispensabile per valutare la circolazione polmonare».

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Ipertensione e connettivopatie: quale legame?

L’ipertensione arteriosa polmonare può manifestarsi come complicanza a lungo termine di una connettivopatia, cioè una malattia autoimmune come l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso o la sclerosi sistemica (sclerodermia). Quest’ultima è, tra le tre, la patologia con il rischio più elevato di ipertensione polmonare: dati recenti dicono che ambedue le condizioni sono presenti in circa il 12% dei pazienti.

Qual è il meccanismo che porta i malati di sclerodermia a soffrire di ipertensione polmonare? «Le ragioni possono essere due -afferma il professor Marco Matucci-Cerinic, Responsabile della Sezione Reumatologica del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università degli Studi di Firenze – La prima è di origine endovascolare. La sclerosi sistemica provoca il restringimento dei vasi polmonari del microcircolo e quindi un aumento della pressione in questa zona. Si verifica così uno stato di sofferenza a carico del cuore che non riesce più a svolgere i suoi compiti. Di conseguenza, si riduce l’apporto di sangue ai polmoni e quindi di ossigeno, che scatena i sintomi dell’ipertensione polmonare.
L’altra ragione invece è extravascolare, cioè meccanica. La sclerodermia infatti provoca un indurimento e un ispessimento della cute in zone più o meno ampie della superficie corporea e di frequente, negli anni, anche degli organi interni tra cui i polmoni. Il tessuto polmonare diventa quindi fibrotico, cioè si indurisce, e man mano comprime i piccoli vasi arteriosi riducendone il diametro».

Quale delle due forme è più frequente? «Sicuramente quella di origine fibrotica, che riguarda circa i 2/3 dei malati di sclerosi sistemica. Negli altri casi, invece, spesso è una forma mista, cioè sia endo- sia extra-vascolare. In caso di sospetto è indispensabile sottoporre il paziente a una serie di esami (ecocolordoppler cardiaco seguito da cateterismo polmonare)».

In questi casi gli inibitori dell’endotelina vengono utilizzati? «Questi principi attivi hanno rappresentato la svolta nella terapia dell’ipertensione polmonare come complicanza della sclerosi sistemica. Un ulteriore progresso è stata la formulazione della categoria di inibitori selettivi dell’endotelina. Gli studi che sono stati effettuati dimostrano un’aumentata sopravvivenza del paziente, un recupero della qualità di vita e una capacità di cammino superiore».

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Dalla cute al cuore, ecco i sintomi della Sclerosi Sistemica

In genere il primo segnale di allarme della Sclerosi Sistemica è rappresentato dall’insorgenza del fenomeno di Raynaud, che in alcuni soggetti può precedere anche di anni i primi segni di sclerosi cutanea.

Nella maggior parte dei casi l’esordio della malattia è estremamente insidioso, la sclerosi cutanea è limitata alle dita delle mani o alle porzioni distali degli arti, l’interessamento viscerale si sviluppa lentamente nel giro di anni.
Nel 10-15% dei casi invece l’esordio è improvviso, l’interessamento cutaneo è diffuso e rapidamente progressivo. In questi pazienti l’interessamento viscerale, che rappresenta il principale fattore di morbilità e di mortalità, si instaura precocemente ed evolve rapidamente verso il deficit funzionale.

Nella fase iniziale della malattia le lesioni cutanee sono generalmente localizzate alle mani, che appaiono gonfie e dolenti. Con il progredire della malattia, nelle zone interessate la cute perde elasticità, diventa indurita, ispessita, rigida, translucida. Vi è l’atrofia dei polpastrelli con perdita delle impronte digitali, irrigidimento della bocca con formazione di numerose striature poste a raggiera intorno alle labbra, che perdono la normale conformazione.
Soprattutto al volto, appaiono numerosissime neoformazioni vascolari, come capillari dilatati. Si possono formare ammassi di calcio nei tessuti molli, causa di infiammazione e ulcere molto dolorose. In alcuni casi i depositi di calcio possono essere massivi e, quando si verificano in corrispondenza dei capi articolari, possono portare a un blocco articolare con impotenza funzionale.

L’interessamento dell’esofago è presente nel 90% circa dei pazienti. I sintomi più precoci sono le eruttazioni acide e i bruciori retrosternali. L’infiammazione della mucosa esofagea può dare vere e proprie ulcere e cicatrici che possono provocare un restringimento dell’esofago e ostacolarne così lo svuotamento. A lungo andare tutto questo provoca delle alterazioni molto evidenti radiologicamente: esofago dilatato, sfiancato, pieno di materiale alimentare e con la mucosa ingrossata e ulcerata per l’infiammazione. Gonfiore addominale, stipsi e vere e proprie coliche da subocclusione, nonché episodi ricorrenti di diarrea, sono i disturbi avvertiti quando la fibrosi colpisce l’intestino.

Fiato corto, soprattutto in occasione di sforzi fisici, maggiore affaticamento muscolare e tosse stizzosa sono i sintomi che segnalano che il polmone non è più in grado di svolgere adeguatamente il suo compito, quello di ossigenare il sangue prima che torni nel circolo sistemico.
In alcuni individui affetti da SSc l’alterazione principale interessa i vasi con sviluppo di ipertensione polmonare, che ha sul cuore effetti devastanti provocando uno scompenso cardiaco grave, che ancora oggi rappresenta una delle principali cause di morte dei pazienti con sclerodermia. Bisogna pertanto giocare sulla prevenzione, spiando con costanza i primi segni di insorgenza dell’ipertensione polmonare, e controllarla poi con le opportune terapie.

Il paziente con Sclerosi Sistemica presenta non raramente un interessamento primitivo anche del cuore e del pericardio. La fibrosi cardiaca può provocare disturbi del ritmo e alterazioni della funzione di pompa del cuore.

Infine, può esserci, ma è piuttosto rara, anche una localizzazione renale della malattia, con improvvisa comparsa di crisi ipertensive e l’instaurarsi di un’ipertensione arteriosa grave particolarmente resistente alla terapia, accompagnata da insufficienza renale che evolve rapidamente verso la dialisi.
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Cura e Terapia – Ipertensione polmonare


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Una malattia inguaribile, ma arrestabile

Dall’ipertensione polmonare arteriosa si può guarire? «Ancora no purtroppo, a causa delle scarse conoscenze sulle origini della malattia – risponde il professor Nazzareno Galiè, Responsabile del Centro Ipertensione Polmonare dell’Istituto di Cardiologia dell’Università di Bologna – Ma sono stati fatti passi avanti per quanto riguarda i meccanismi che portano allo scatenamento dei sintomi. Queste scoperte hanno permesso di formulare prima una classe di farmaci chiamati antagonisti dei recettori dell’endotelina e ora una nuova generazione di principi attivi inibitori selettivi dei recettori A dell’entotelina-1. È una cura che mira in modo ancora più selettivo ad arrestare, o perlomeno a rallentare, i processi della malattia».

Chi segue il paziente dopo la prescrizione della cura? «Lo specialista, che instaura con il paziente un rapporto molto stretto che comprende non solo le visite di routine, ma anche dei colloqui basilari per rendere meno pesante la convivenza con la malattia – spiega il professor Galiè – Queste chiacchierate servono anche per avere un’idea di massima sulle reazioni dell’organismo alla cura che è stata prescritta.
Sono tutte informazioni in più che completano quanto emerge dagli esami che vengono ripetuti man mano nel tempo e da uno in particolare, il Six minute walk test. In pratica, il paziente viene monitorato per sei minuti mentre cammina, per verificare quale distanza riesce a coprire in assenza di sintomi. È un metodo non invasivo e il risultato, paragonato a quello emerso dello stesso test effettuato prima di iniziare la cura, fornisce delle indicazioni preziose per quanto riguarda la capacità di risposta dell’organismo al principio attivo prescritto».
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Il nuovo farmaco mira al bersaglio

Nelle origini dell’ipertensione polmonare arteriosa è ormai certo il ruolo dell’endotelina-1. Oggi la certezza che questa proteina agisca attraverso recettori è stato sfruttata dai ricercatori per sintetizzare una nuova classe di farmaci che inibiscono le sue azioni negative.

«I recettori sono come la serratura di una porta: ciascuna si apre solo con la sua chiave – spiega la professoressa Ariela Benigni, Capo Dipartimento di Medicina Molecolare, Istituto Mario Negri di Bergamo – Gli antagonisti dei recettori dell’endotelina occupano le serrature (i recettori attivati da troppa endotelina). Così la chiave, in questo caso l’endotelina, non apre più. Non c’è più vasocostrizione, non c’è più danno.

Le azioni dell’endotelina sono mediate dai recettori di tipo A e di tipo B – continua la professoressa – I primi amplificano gli effetti dannosi della proteina e in particolare lo stato di infiammazione. I recettori di tipo B invece mediano gli effetti vasodilatatori dell’endotelina: in sostanza, catturano la proteina quando è troppa e la portano alla degradazione. Sitaxentan, il nuovo farmaco che dal dicembre 2007 è disponibile nel nostro Paese, blocca solamente i recettori A, cioè quelli che inducono la vasocostrizione, e risparmia invece quelli di tipo B, chiamati recettori di clearance per il loro lavoro di pulizia, che così possono svolgere il loro ruolo di spazzini senza interferenze».

A dimostrare la validità di questi principi attivi sono gli studi multicentrici STRIDE: il 25% dei pazienti è migliorato e gli effetti si sono mantenuti; il peggioramento della classe funzionale si è verificato solamente nel 2% dei pazienti in terapia con Sitaxentan alla dose di 100 mg, contro il 13% di chi assumeva il placebo.

La maggiore selettività d’azione di Sitaxentan porta con sé anche un dato positivo per quanto riguarda gli eventuali effetti collaterali a livello epatico, la complicanza più temibile per i pazienti in cura con questa classe di farmaci. L’aumento dei valori delle transaminasi, indice di un’alterazione epatica, è stato rilevato nel 3% di chi ha seguito la cura con Sitaxentan 100 mg, nel 6% di chi ricevuto il placebo e nell’11% dei pazienti che erano in cura con un inibitore dell’endotelina di prima generazione. L’analisi su tre studi controllati verso placebo ha evidenziato che l’aumento delle transaminasi si è verificato solo nel 2% dei pazienti trattati con Sitaxentan, contro il 5% di chi rientrava nel gruppo trattato con placebo.

Sitaxentan arricchisce inoltre il bagaglio terapeutico anche degli specialisti che hanno in cura pazienti affetti anche da connettivopatie. I pazienti godono di un miglioramento nella capacità di svolgere qualsiasi tipo di attività fisica, compreso il semplice camminare, a vantaggio della qualità di vita. Lo studio STRIDE 2, effettuato su pazienti affette da sclerodermia e con una diagnosi di ipertensione polmonare, ha dimostrato che la sopravvivenza stimata è pari al 96%: un miglioramento rispetto al farmaco tradizionale (81-87%).

Per ora la terapia è indicata solo a uno stato avanzato della malattia. I pazienti infatti devono rientrare nelle classi funzionali III e IV secondo la classificazione NYHA/OMS (che qualifica la malattia con sintomi di una certa gravità). L’obiettivo però è ottenere dagli Enti competenti la possibilità di prescrivere questi farmaci anche in fasi iniziali dell’ipertensione polmonare, in modo da arginare il più possibile l’avanzare dei disturbi.

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Due spicchi di aglio al giorno allontanano problemi cardiaci

Mangiare due spicchi d’aglio al giorno terrà lontano il dottore e non per l’alito pesante.
Una ricerca americana ha dimostrato previene l’insorgenza di problemi dovuti all’alta pressione nei vasi sanguigni polmonari, la cosiddetta ipertensione polmonare primaria, una delle maggiori cause di morte per malattia cardiaca che costringe le persone che ne soffrono a respiri affannosi e veloci e a dolori al torace.

Il team diretto dal professor David D. Ku dell’università dell’Alabama ha scoperto che l’allicina, uno dei componenti dell’aglio, ha la capacità di prevenire l’ipertensione polmonare nei topi da laboratorio. Inizialmente si è agito su una forma dolce di ipertensione, l’ultimo studio ha osservato il comportamento dell’allicina su una forma acuta di ipertensione polmonare.

Lo studio, che è stato presentato alla rassegna Experimental Biology 2005 tenuta a San Diego, ha confermato le prime ipotesi sull’azione benefica dell’aglio per il mantenimento ottimale della funzione dei vasi sanguigni nei polmoni.

C’è bisogno di conferme ottenute da studi sull’uomo, in ogni caso due spicchi di aglio al giorno non fanno sicuramente male.

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Sclerosi Sistemica: la terapia per le complicanze

ULCERE INFETTATE
È indispensabile effettuare una terapia antibiotica per via sistemica dopo aver isolato il germe e averne testato la sensibilità agli antibiotici. Nei casi più resistenti è utile il ricorso alla terapia iperbarica.

CALCINOSI
Nei tessuti dove si depositano, le calcinosi possono provocare un’infiammazione molto dolorosa e un’ulcerazione della cute infiammata con fuoriuscita di materiale calcareo. La somministrazione di diltiazem, un farmaco del gruppo dei calciantagonisti, sembrerebbe non solo in grado di prevenire ma anche di far regredire le calcinosi gia esistenti. Ma le segnalazioni sono ancora sporadiche e i soggetti trattati ancora pochi.

ALTERAZIONI GASTROINTESTINALI
Allo sclerodermico vanno sempre prescritti farmaci in grado di ridurre o addirittura bloccare l’acidità della secrezione gastrica e ostacolare il reflusso gastroesofageo dopo i pasti. Sono poi utili quei farmaci in grado di aumentare la motilità gastrointestinale in ogni suo distretto, da assumere prima dei pasti principali. Servono anche misure di carattere generale finalizzate a evitare il ristagno di cibo in esofago: assumere pasti piccoli e frequenti, evitare una posizione completamente supina dopo i pasti e dormire con un paio di cuscini; aumentare il contenuto di acqua nelle feci; usare con regolarità i farmaci prescritti senza aspettare l’insorgenza dei sintomi. Quando è presente diarrea è necessario ricorrere a un’adeguata terapia antibiotica (in genere
con amoxicillina) e alla somministrazione di fermenti lattici. I più utili sono quelli che superano indenni la barriera del succo gastrico e che hanno un altissima concentrazione di batteri buoni.

FIBROSI POLMONARE
Lo scopo in questi casi è cercare di rallentare il più possibile l’evoluzione della fibrosi verso l’insufficienza respiratoria vera e propria. Le armi a nostra disposizione sono la ciclofosfamide o lo
steroide ad alta dose. Questi farmaci vanno però impiegati soprattutto quando vi è un’alveolite fibrosante. La fisioterapia respiratoria può aiutare a conservare il più a lungo possibile una
adeguata funzionalità respiratoria.

IPERTENSIONE POLMONARE
La vera svolta nella terapia di questa complicanza è rappresentato dal bosentan, farmaco che ha il vantaggio di poter essere assunto per via orale: blocca una molecola chiave nella patogenesi della malattia, soprattutto nella quota che riguarda il danno vascolare ed è efficace in molti dei soggetti ai quali viene somministrato. Per il momento è riservato ai malati con ipertensione polmonare grave.

CARDIOPATIA
I farmaci che vengono comunemente usati sono quelli normalmente usati nello scompenso e nelle aritmie. Alcuni di questi farmaci come la digitale e gli antiaritmici devono essere impiegati con estrema cautela perché potenzialmente pericolosi nel soggetto sclerodermico.

INTERESSAMENTO RENALE
Farmaci comunemente impiegati per curare l’ipertensione e lo scompenso cardiaco, gli ace-inibitori, hanno non solo ridotto la mortalità acuta ma anche migliorato la prognosi a lungo termine del danno renale. È possibile oggi, se l’intervento farmacologico e la dialisi sono tempestivi e corretti, che una parte dei malati recuperi un grado tale di funzione renale da poter uscire dalla dialisi.
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Malattie rare: presto nel Registro anche quelle polmonari

Presto il Registro nazionale delle malattie rare si arricchirà di un nuovo capitolo dedicato alle patologie dell’apparato resporatorio.
La conquista si deve al lavoro svolto dall’AIMAR (Associazione Scientifica Interdisciplinare per lo Studio delle Malattie Respiratorie), che ne ha dato notizia al termine del seminario romano dal titolo Verso un Registro Nazionale delle Malattie Polmonari Rare

Le prime ad essere inserite nel Registro, fiore all’occhiello dell’innovativa Rete nazionale delle malattie rare, saranno le malattie interstiziali polmonari primitive, la sindrome da ipoventilazione alveolare centrale congenita (sindrome di Ondine), la emosiderosi polmonare idiopatica e l’ipertensione polmonare idiopatica. 

L’AIMAR punta però a far includere successivamente anche sarcoidosi, proteinosi alveolare polmonare, bronchiectasie congenite
e fibrosi cistica.
Tra i criteri di valutazione delle malattie rare ci sono l’incidenza (si definisce rara una malattia che colpisce meno di 5 cittadini su 10.000), la cronicità, la gravità. Inoltre la malattia in questione dev’essere invalidante, e il trattamento e le cure necessari dispendiosi.

Entro il prossimo marzo tutte le Regioni dovranno istituire i registri per la raccolta dei dati regionali che dovranno affluire al Registro nazionale. Come ricordato da Claudio Donner, presidente dell’AIMAR, fino ad oggi i registri riguardanti le malattie polmonari rare erano gestiti su base volontaristica, come nel caso del RIPID, Registro Italiano Pneumopatie Interstiziali Diffuse.

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Aspetti psicologici – Ipertensione polmonare


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L’ipertensione polmonare si cura in coppia

L’esperienza clinica in diversi settori ha dimostrato che l’adesione alla terapia e la risposta alla cura da parte dei pazienti sono decisamente più elevate quando il carico della malattia viene condiviso con un’altra persona, il partner, un famigliare o un amico, che diventa un vero e proprio personal trainer.

Ecco perché i Centri specializzati nella cura dell’ipertensione polmonare sono deputati alla consegna, insieme alla prescrizione di Sitaxentan, di una serie di spiegazioni pratiche per il paziente e di una carta informativa indirizzata a chi gli vive accanto. L’insieme di informazioni che vengono consegnate al paziente e a chi lo affianca fanno parte di un programma più ampio, destinato questa volta ai medici, che è stato denominato Piano di gestione del rischio: comprende una dettagliata scheda informativa per il medico e un riassunto delle caratteristiche di Sitaxentan.

«Il paziente non deve sentirsi abbandonato a se stesso – sottolinea il professor Nazzareno Galiè, Responsabile del Centro Ipertensione Polmonare dell’Istituto di Cardiologia dell’Università di Bologna – Per questo è necessaria la partecipazione di un familiare, o di una persona amica, così come è prezioso il ruolo delle Associazioni affinché il paziente possa confrontarsi con altri malati che vivono la stessa esperienza».

A questo proposito, ecco gli indirizzi delle Associazioni di malati:

• AIPI, Associazione Ipertensione Polmonare Italiana: www.aipiitalia.org
• AMIP, Associazione Malati di Ipertensione Polmonare: www.assoamip.it
• AILS, Associazione Italiana Lotta alla Sclerodermia: www.ails.it
• GILS, Gruppo Italiano Lotta alla Sclerodermia: www.sclerodermia.net
• ANMAR, Associazione Nazionale Malati Reumatici: www.anmar-italia.it
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Glossario per Ipertensione polmonare – Enciclopedia medica Sanihelp.it


Farmaci


 – EPOPROSTENOLO PH&T*FL0,5MG+1FL

 – EPOPROSTENOLO PH&T*FL1,5MG+2FL

 – FLOLAN*EV FL 0,5MG+FL 50ML SOL

 – FLOLAN*EV FL 1,5MG+2FL 50ML

 – INALOSSIN*10L 400PPM MOL/MOL

 – INALOSSIN*10L 800PPM MOL/MOL

 – INALOSSIN*20L 400PPM MOL/MOL

 – INALOSSIN*20L 800PPM MOL/MOL

 – INALOSSIN*5L 400PPM MOL/MOL

 – INALOSSIN*5L 800PPM MOL/MOL

 – INOMAX*BOMB 10L 400PPM MOL/MOL

 – INOMAX*BOMB 10L 800PPM MOL/MOL

 – INOMAX*BOMB 2L 400PPM MOL/MOL

 – INOMAX*BOMB 2L 800PPM MOL/MOL

 – NEOPHYR*10L 1000PPM MOL/MOL150

 – NEOPHYR*10L 225PPM MOL/MOL 150

 – NEOPHYR*10L 450PPM MOL/MOL 150

 – REVATIO*90CPR RIV 20MG

 – REVATIO*EV 1FL 20ML 0,8MG/ML

 – REVATIO*OS POLVxSOSP 10MG/ML

 – VENTAVIS*NEB 100F 2ML 10MCG/ML

 – VENTAVIS*NEB 30F 2ML 10MCG/ML

 – VENTAVIS*NEB 3X30F 2ML10MCG/ML

 – VOLIBRIS*30CPR RIV 10MG

 – VOLIBRIS*30CPR RIV 5MG

Tag cloud – Riepilogo dei sintomi frequenti

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