psicosi

COLLEGAMENTI

Psicosi

La malattia è anche conosciuta come:
disturbo psichiatrico, disturbo psichico, disturbo psicotico


Distacco dalla realtà, difficoltà nelle azioni quotidiane, isolamento sociale e affettivo: potrebbero essere dei campanelli d’allarme. Prima si individuano, meglio è. Per guarire dalla psicosi non basta un farmaco, serve il recupero di tutta la persona.
Categoria: Malattie psichiatriche

Che cos’è – Psicosi

Cos’è un disturbo psicotico?

Quando una persona sperimenta un forte distacco dalla realtà e dall’ambiente circostante, trovando gravi difficoltà a iniziare o portare a termine un’attività e a provare sentimenti autentici nei confronti degli altri, può soffrire di un disturbo psicotico. Le psicosi sono l’espressione di una grave alterazione dell’equilibrio psichico dell’individuo, con compromissione del cosiddetto esame di realtà.

Un esempio di psicosi è il disturbo bipolare, che comprende una serie di sindromi (insieme di segni e sintomi) la cui caratteristica principale è rappresentata da cambiamenti del tono dell’umore in senso patologico, e cioè in modo imprevedibile, incontrollabile, prolungato, estremo e accompagnato da altri cambiamenti che sconvolgono il modo di vivere.

In ogni parte del mondo, una persona su cento soffre o ha sofferto di un episodio psicotico. E più del 5% dei pazienti afferenti ai servizi pubblici di salute mentale soffre di disturbo bipolare, con un rischio di suicidio 30 volte superiore rispetto alla popolazione generale.
In Italia si calcola che, su un totale di circa 60.000.000 individui, circa il 3-4% della popolazione adulta soffra di disturbo bipolare. Le psicosi hanno un’incidenza annua di 0,5-5,0 ogni 10.000 abitanti e sono la sesta più elevata causa di disabilità nel mondo. Negli USA i pazienti con schizofrenia occupano circa un quarto di tutti i posti letto ospedalieri e sono responsabili di circa il 20% dei giorni di invalidità a carico della sicurezza sociale. In pratica, queste patologie hanno una prevalenza più alta dello stesso morbo di Alzheimer.

Le psicosi possono colpire a tutte le età, anche se raramente si riscontra un’insorgenza della malattia dopo i 40 anni. Il picco di insorgenza è tra i 18 e i 25 anni nell’uomo e tra i 26 e i 45 nella donna (che è poi il sesso leggermente più colpito).

Non esiste una sola causa, un solo percorso che conduce alla formazione dei sintomi e alla produzione di comportamenti patologici perché gli eventi della vita, le relazioni e il contesto sociale incidono in maniera diversa su ciascuno di noi. L’origine del disturbo psicopatologico è complesso e il risultato finale è il risultato di diversi fattori e dell’interazione fra di loro.
L’esordio della malattia e il suo decorso dipendono dall’interazione tra questa vulnerabilità e i fattori stressanti ambientali. 
Vi sono molti fattori che possono innescare un episodio psicotico o la recidiva dei sintomi in una persona vulnerabile. Questi possono essere fattori di rischio genetici, psico-sociali, ambientali, di genere e medico-biologici: per esempio la fine di una relazione sentimentale importante, il servizio militare (quando era obbligatorio), la perdita del lavoro (che a volte è la causa e a volte può essere invece una conseguenza della malattia); oppure fattori stressanti di tipo farmacologico, come l’abuso di sostanze stupefacenti o di alcol.

Alcune statistiche mostrano una prevalenza del disturbo nelle periferie delle aree urbane, nei ceti meno abbienti, o in situazioni in cui predominano disoccupazione, povertà, solitudine, immigrazione e discriminazione razziale. La mancanza di famiglie coese o di contesti strutturati sono altrettanti fattori di rischio. 

Altro possibile fattore di rischio è costituito dalle gravidanze in tarda età. Secondo una ricerca pubblicata sul Lancet, le gravidanze in tempi biologicamente adeguati sono un buon elemento di equilibrio per la società. La mamma over-40 è una donna in fase biologica a rischio, e altrettanto a rischio è l’equilibrio psicologico del futuro bebè, che si ritrova in una famiglia con caratteristiche stravolte, con una mamma più vicina a un’età da nonna.
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Quando la malattia diventa arte

Ancora oggi le malattie mentali sono le più stigmatizzanti. La società ha paura dei malati mentali, associati a qualcosa di diverso, estremo, imprevedibile e quindi pericoloso per la salute sociale. La psicosi crea tuttora disagio e inquietudine in buona parte dell’opinione pubblica, ma ciò che per la società è difficile capire è il fatto che la mente di colui che ne è affetto vive qualcosa di non comune, un’esperienza straordinaria che si pone in contrasto con il normale svolgimento della quotidianità.
Anche per questo ai soggetti colpiti devono essere garantiti tutti i diritti di tutela e di cura come ogni malato, combattendo la cultura del pregiudizio e del luogo comune.

Come dimostrano molti esempi di personaggi famosi che hanno offerto un contributo importante alla storia dell’umanità, anche le persone psicotiche possono essere dotate di capacità non comuni ed esprimersi a un elevato livello artistico.
Sono, ad esempio, numerosi i grandi della scienza, della cultura e dell’arte che soffrivano di una patologia psicotica. La scrittrice Virginia Woolf, il poeti Dino Campana, Friedrich Holderling e Sylvia Plath, il matematico premio Nobel John Nash, il musicista jazz Bud Powell e il pianista classico David Helfgott, e numerosi pittori e scultori quali Michelangelo Buonarroti e altri più vicini alla storia recente quali Louis Wain, Edvard Munch, Vincent Van Gogh e l’italiano Antonio Ligabue.

In particolare nella pittura, forma espressiva per eccellenza del sé e del dono creativo, sono numerosi i grandi sofferenti di psicosi che hanno lasciato un segno tangibile e di grande valore artistico e umano, rappresentando emozioni e condizioni sociali, economiche, culturali della nostra storia, come conferma Paolo Fabbri, professore di Semiotica delle Arti presso il Dipartimento di Arti e Design IUAV di Venezia: «La pittura è espressione profonda della personalità. Il modo di dipingere riflette non soltanto gli stati d’animo del momento, ma anche la condizione globale in cui si trova l’artista.
C’è un intento del pittore e una intenzione dell’opera, la quale si traduce nel riferimento alla tradizione pittorica e nelle diverse contingenze formali, materiali e tecniche del suo farsi. Per questo le opere realizzate in momenti differenti della vita appaiono tanto diverse. Vi sono poi esempi di pittori straordinari che hanno saputo esprimere la propria arte pur soffrendo a volte anche drammaticamente. La loro sofferenza si è in qualche modo espressa e tradotta in arte, anche se la loro produzione risulta fortemente segnata».

Ma la malattia, come dimostra la vita stessa di questi personaggi, può rappresentare un importante ostacolo sia all’espressione del sé nella sfera individuale e in quella sociale, che alle proprie capacità, creative e non.
In mancanza di una cura adeguata e con il progredire della patologia, anche l’espressione del sé diventa sempre più difficile. Ecco perché è necessario poter disporre di una terapia a 360°, che non inibisca l’espressione della persona, della creatività e del talento, favorendo il recupero fisico-mentale, emotivo e sociale.
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Prevenzione – Psicosi


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Psicosi: riconoscere i campanelli d’allarme

Non è raro che la psicosi si manifesti nella prima adolescenza, un momento chiave per il riconoscimento tempestivo di disturbi che altrimenti rischiano di rimanere senza cura per anni. L’adolescenza è un periodo problematico: si costruisce la propria identità, si sviluppano le relazioni, si definisce un progetto di vita. È un momento di estrema vulnerabilità.

Circa due terzi di quanti svilupperanno in seguito una psicosi presentano negli anni precedenti l’esordio dei sintomi precursori: umore depresso, ritiro sociale, alterazioni comportamentali, allucinazioni Se in questa fase pre-psicotica non intervengono fattori di protezione e di cura, i rischi sono altissimi: aggravamento e cronicità, isolamento, abuso di sostanze, comportamenti violenti, persino possibilità di suicidio.
È dunque opportuno instaurare al più presto un trattamento mirato, atto sia a prevenire la progressione della psicosi nelle persona a rischio sia a ridurre la durata della malattia non trattata in soggetti già ammalati.

Ma ancora più importante è la prevenzione: in questo frangente programmi di informazione ed educazione, a più livelli, che coinvolgano attori diversi quali la scuola, i medici e le famiglie, possono aiutare a riconoscere i soggetti a rischio, quelli più vulnerabili e propensi allo sviluppo di disturbi psicotici. Tali programmi dovrebbero aiutare a:
1. individuare i fattori di rischio
2. riconoscere gli avamposti di questi disturbi, cioè eventuali campanelli d’allarme, prima di tutto in famiglia: calo del rendimento scolastico, isolamento sociale, inversione dei ritmi sonno-veglia, riduzione delle uscite e delle amicizie; sono segnali comportamentali che possono precedere l’instaurarsi di sintomi veri e propri
3. fare una valutazione nel tempo di queste situazioni di rischio.
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Sintomi – Psicosi


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Come si manifesta un disturbo psicotico

Inquadrare le psicosi non è facile, perché in ogni individuo i sintomi e i comportamenti patologici si manifestano in maniera completamente differente. In altre parole, alle psicosi non corrisponde un quadro clinico unico e definito, come invece avviene con il diabete o l’infarto, che hanno quadri clinici il più delle volte chiari, sintomi che si ritrovano costantemente anche in diverse persone e in contesti differenti.

Vi sono comunque alcuni sintomi tipici per inquadrare questi disturbi:

Sintomi positivi, caratterizzati da un eccesso o un’alterazione delle funzioni normali:
deliri e allucinazioni (sintomi psicotici per eccellenza)
• disturbi del pensiero
• comportamento bizzarro, agitazione e inadeguatezza dell’aspetto o dell’igiene personale, ecc.

Sintomi negativi, nei quali le funzioni normali sono diminuite o assenti:
• alterazione delle funzioni comunicative
• assenza di emozioni
• difficoltà o impossibilità a concentrarsi
• mancanza di interesse nelle relazioni umane
• perdita generale di motivazione
• diminuzione del senso degli scopi e degli obiettivi.

Non occorre che siano tutti presenti per porre diagnosi di disturbo psicotico. Nella schizofrenia, per esempio, i sintomi persistono per oltre sei mesi con una gravità tale da limitare le normali attività della persona.

Diverse malattie si manifestano con sintomi psicotici, per esempio:
• disturbo delirante (deliri non bizzarri, alterazioni dell’umore, allucinazioni tattili o olfattive)
• disturbo dell’umore con manifestazioni psicotiche (depressioni maggiori, episodi maniacali, episodi misti)
• sindrome bipolare
• disturbo schizoaffettivo e, naturalmente, schizofrenia.
I sintomi possono anche essere indotti dall’abuso di sostanze, per esempio l’alcol o alcune droghe.

La persona affetta da psicosi, disturbo bipolare o schizofrenia manifesta una netta rottura col mondo circostante e la costruzione di un universo proprio, fittizio, totalmente separato dalla realtà. I malati riferiscono la sensazione di essere costantemente osservati e spiati da un’entità superiore che li giudica e li condanna in ogni momento, una sorta di Grande Fratello oppressore e onnipresente, si sentono al centro di un mondo persecutorio e avverso. Ogni cosa o persona o circostanza, anche banale, diventa occasione per suscitare incertezze e domande.

In particolare, il disturbo bipolare è caratterizzato da due momenti: la fase maniacale, in cui l’umore è persistentemente elevato, espansivo o irritabile ed è chiaramente diverso dall’umore abituale anche se allegro; la fase depressiva, in cui l’umore è persistentemente depresso e dove sono presenti alcuni tra questi sintomi: forte diminuzione di interesse o di piacere per le attività abituali, significativa perdita o aumento di peso, diminuzione o aumento dell’appetito, insonnia o ipersonnia, agitazione, affaticabilità, sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati (anche deliranti), indecisione, pensieri ricorrenti di morte, ideazione e/o tentativo di suicidio.
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Psicosi: riconoscere i sintomi precoci

Le psicosi hanno generalmente un esordio insidioso, non sono eventi improvvisi e privi di segnali: già due o tre anni prima della comparsa vera e propria si possono osservare in buona parte dei futuri sintomi psicotici, come ansia, depressione o perdita dell’attenzione, cui si accompagnano atteggiamenti come il ritiro sociale e il deterioramento del ruolo, soprattutto in ambito lavorativo. Altri elementi sono la perdita di sonno e di appetito o i disturbi della sfera sessuale.
Vi sono poi molte persone che hanno sofferto di un primo episodio psicotico, che però è sfuggito alla diagnosi.

Un momento importante è quindi rappresentato dal riconoscere i sintomi prodromici (precoci) di un disturbo che può rischiare di rimanere senza cura per anni.
Il tempo che intercorre mediamente tra la prima insorgenza di un sintomo psicotico, come il delirio o un’allucinazione, e la visita di uno specialista è di circa un anno, preceduto a volte da prodromi di anni. Una finestra diagnostica dalle conseguenze talmente rilevanti da aver spinto gli psichiatri a coniare un termine specifico (DUP duration of untreated psychosis: periodo di psicosi non trattato). Infatti è stato osservato che tanto prima viene diagnosticata la malattia tanto maggiore è la risposta alle cure. Da alcuni anni sono state infatti effettuate delle ricerche per verificare l’effetto negativo della lunga durata della psicosi non trattata a livello farmacologico.

I sintomi prodromici delle psicosi si dividono in:

• Deficit dinamici con sintomi negativi diretti: aumentata esauribilità, diminuzione del tono, energia, costanza, e pazienza, diminuzione della spinta e dell’iniziativa, diminuzione della necessità di rapporti, disturbo della capacità di rapportarsi e di mostrarsi, diminuzione della capacità di sopportare determinati fattori di stress, ecc.

• Deficit dinamici con sintomi negativi indiretti: diminuita capacità di sopportare determinati fattori di stress, perché questi determinano eccitazione interna e inquietudine, disturbi del sonno, rimuginare coatto, cenestesie, disturbi vegetativi centrali, disturbi della concentrazione, aumentata impressionabilità e eccitabilità, ecc.

• Disturbi cognitivi del pensiero, della percezione e dell’azione: interferenza dei pensieri, perseverazioni simil-coatte, affollamento dei pensieri, blocco del percorso del pensiero, autocentrismo, concettismo, ecc.

La comparsa di tali segnali è in genere preceduta da alcuni giorni di tensioni e nervosismo.

Un intervento tempestivo è il solo che possa prevenire o ritardare il passaggio alla psicosi vera e propria, oppure attenuare le manifestazioni e preservare il funzionamento sociale del paziente, che è l’aspetto più vulnerabile, ma forse più importante per mantenere vivo un progetto esistenziale per la persona.
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Cura e Terapia – Psicosi


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I tre pilastri della terapia della psicosi

Per trattare i disturbi psicotici, la moderna psichiatria clinica si basa un approccio multidisciplinare, che parte dal presupposto che non può esserci salute dell’organismo se non c’è salute mentale, un aspetto fondamentale del benessere generale di una persona.
Tale approccio si basa su:
1. farmaci antipsicotici per alleviare i sintomi e prevenire le ricadute
2. interventi educativi e psicosociali per aiutare i pazienti e le famiglie a risolvere i problemi, confrontarsi con gli stress, rapportarsi con la malattia e le sue complicanze e aiutare a prevenire le ricadute
3. riabilitazione sociale per aiutare i pazienti a reintegrarsi nella comunità e riguadagnare le capacità educative e occupazionali.

I farmaci antipsicotici si dividono in due categorie:
-Tipici. Sono gli antipsicotici di vecchia generazione, i quali presentano alcuni limiti di tollerabilità e di efficacia nella sola fase maniacale, effetti collaterali neuromotori, definiti effetti extrapiramidali. A breve termine è possibile riscontro di acatisina (incapacità di sedersi o rimanere seduti, a causa di movimenti involontari e irrequietezza, rigidità, tremori simili a quelli della malattia di Parkinson).
-Atipici. Sono farmaci nuovi, tra i quali si annoverano Clozapina, Quetiapina, Risperidone, Olanzapina, Aripiprazolo. Tutti gli antipsicotici atipici sono rapidamente efficaci per il trattamento della mania nel disturbo bipolare. Per alcuni di essi, stanno emergendo evidenze di una simile rapidità di azione/efficacia nella fase depressiva. Gli antipsicotici più recenti possono aiutare a controllare i sintomi della malattia e ridurre contemporaneamente gli effetti collaterali stigmatizzanti.

Ma scrivere una ricetta non basta. Bisogna anche saper ascoltare la sofferenza, tenere conto delle persone in cura nella loro complessità e interezza. I disturbi psicotici sono patologie a più dimensioni, che interferiscono con tutte le componenti della persona. Per questa ragione, è indispensabile che la cura agisca su tre livelli:
1. fisico-mentale: per riuscire a controllare il proprio comportamento
2. emotivo: per sentirsi più calmi e per gestire la propria affettività
3. sociale: per tornare a essere in grado di esprimere se stessi e le proprie capacità intellettuali e creative, evitando comportamenti stigmatizzanti così come il disagio degli effetti collaterali che possono causare distanza dagli altri.

I nuovi farmaci antipsicotici atipici, che consentono il recupero dell’intera persona, offrono un intervento che agisce su tutte e tre queste dimensioni. In una parola, farmaci che permettano alle persone affette da questi disturbi di poter recuperare la propria interezza, esprimere le proprie capacità ed essere nuovamente capaci di relazioni umane e sociali appaganti, grazie alla specifica efficacia anche nel diminuire il rischio di ricadute e a un minore impatto di effetti indesiderati.

La qualità della vita delle persone in cura è determinante perché esse tornino a essere in grado di lottare efficacemente contro una patologia così grave e drammatica, e di prevenire le ricadute, che si verificano spesso, anche a distanza di anni. 
E la qualità della vita, per i pazienti con sintomi psicotici, è fortemente condizionata dalle caratteristiche dei farmaci assunti. Quando gli effetti indesiderati delle terapie interferiscono troppo con la qualità della vita, prima o poi gli ammalati (per esempio oltre la metà dei pazienti con disturbo bipolare) interrompono la terapia, esponendosi ad alto rischio di ricaduta o addirittura di suicidio. Dunque, una terapia efficace e ben tollerata è fondamentale per la salute e della persona e il trattamento della patologia.
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Scheda tecnica del farmaco Quetiapina

Che cos’è Quetiapina? Quetiapina appartiene alla classe di farmaci chiamata antipsicotici atipici. Gli antipsicotici sono usati nel trattamento delle malattie mentali come la mania bipolare e la schizofrenia. Gli antipsicotici atipici sono stati sviluppati per avere un più ampio spettro di attività e minori effetti collaterali rispetto ai vecchi antipsicotici tipici.

Quali sono le indicazioni di Quetiapina? Quetiapina è stato approvata nel trattamento della mania acuta associata al disturbo bipolare. Può essere usato sia in monoterapia che in combinazione con altri farmaci (litio o valproato). Quetiapina ha anche indicazione per il trattamento delle psicosi acute e croniche, inclusa la schizofrenia.

Come può Quetiapina aiutare i malati di disturbi psicotici? Quetiapina tratta una patologia multidimensionale con un approccio a più dimensioni. A livello fisico-mentale, Quetiapina agisce rapidamente, con un miglioramento già al quarto giorno dall’inizio del trattamento e rappresenta un aiuto per controllare il proprio comportamento. È efficace per numerosi sintomi: psicosi (delirio, allucinazione e pensiero disorganizzato), agitazione e aggressività. A livello emotivo, Quetiapina migliora significativamente i sintomi di ostilità, impulsività, eccitazione, mancanza di cooperazione e permette un maggior controllo dell’umore e conseguentemente un miglioramento nell’arco dei tre mesi. Anche nel trattamento della schizofrenia, i pazienti migliorano in modo significativo in ben 14 dei 18 parametri della scala BPRS (Brief Psychiatric Rating Scale) per la valutazione dei sintomi positivi. A livello sociale Quetiapina è risultata ben tollerata grazie a una bassa incidenza di eventi avversi gravi, che possono essere stigmatizzanti per il paziente.

Quali effetti collaterali ha? A differenza di altri antipsicotici, l’incidenza di effetti extrapiramidali (tremori, movimenti anormali del viso e del corpo, movimenti ritmici e involontari della lingua, della bocca, del viso e continua sensazione di stanchezza) è significativamente minore rispetto ad altri antipsicotici (12,7% contro 21,8%). Come conseguenza, migliora le capacità dei pazienti di svolgere le normali attività quotidiane. Molti antipsicotici aumentano i livelli di prolattina nel sangue. Questo può causare molti problemi: effetti sul seno (crescita del seno negli uomini, lattazione e cancro), sull’apparato riproduttivo (minore fertilità, cambiamenti dei periodi mestruali) e sul sesso (diminuzione della libido). Negli studi clinici, si è visto che Quetiapina non ha aumentato i livelli di prolattina più del placebo. Infine, Quetiapina tratta disturbi come la mania bipolare con efficacia senza indurre depressione, come invece succede per altri farmaci usati per questi disturbi.

Quanto è diffuso? Quetiapina è l’antipsicotico atipico più prescritto negli USA. Il suo profilo di efficacia e tollerabilità è stato definito attraverso il trattamento di più di 19 milioni di pazienti che hanno ricevuto quetiapina, a partire dal suo lancio avvenuto nel 1997.
La molecola si è dimostrata in grado di trattare efficacemente sia gli episodi di depressione maggiore che quelli maniacali associati al disturbo bipolare in oltre il 50% dei pazienti.

È disponibile in Italia? In Italia Quetiapina è autorizzata nell’indicazione: per il trattamento delle psicosi acute e croniche, inclusa la schizofrenia e gli episodi di mania associati a disturbo bipolare.
Si segnala che in Italia Quetiapina non ha ancora ottenuto l’autorizzazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco per il trattamento della depressione bipolare, del mantenimento nel disturbo bipolare e della depressione maggiore.
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Psicoterapia per disturbi bipolari

Nell’ultimo decennio del secolo scorso è cresciuto l’interesse nei confronti dei cosiddetti disturbi bipolari, in cui cioè convivono episodi di elevazione dell’umore (iperattività, esaltazione di sé, energia inesauribile, scarso bisogno di sonno) e momenti di calo umorale e depressione.  
 
Recentemente si è convalidata l’idea di supportare la terapia farmacologica, elemento ineliminabile (e che dura tutta la vita) del trattamento, con interventi psicosociali di impostazione cognitivo-comportamentale.  
 
Questo importante passo avanti nella cura dei disturbi bipolari è stato ufficializzato durante un importante convegno tenutosi a Milano ai primi di maggio: si tratta del XIII Congresso Nazionale AIAMC (Associazione Italiana di Analisi e Modificazione del Comportamento e Terapia Comportamentale e Cognitiva) e del IX Congresso Latini Dies.  

Ma come si è arrivati a questa convinzione? Diversi motivi spingono a cercare metodi aggiuntivi d’intervento rispetto ai farmaci:  
 

  • intolleranza ai farmaci: costituisce una delle cause più frequenti di ospedalizzazione e di suicidio
  • conseguenze psico-sociali: difficoltà di trovare lavoro dopo l’ospedalizzazione, discriminazione e marchio indelebile da parte di familiari, amici e colleghi
  • rischio suicidario: è la conseguenza di sintomi residui, ricadute, difficoltà a mantenere il lavoro e i rapporti sociali (il suicidio, dopo le malattie cardiovascolari, è la causa di morte più frequente nei pazienti con disturbi bipolari).

Davide Dettore, associato di Psicologia Clinica dell’Università degli Studi di Firenze e Presidente della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale dell’Istituto Miller di Genova, spiega quali sono le peculiarità della terapia cognitivo-comportamentale:  

«Questa terapia è innovativa perché:  
 

  • coinvolge i pazienti e i loro familiari come partecipanti attivi alla terapia
  • riconosce e cerca di ridurre i fattori di ricaduta (sonno inadeguato, uso di farmaci come anabolizzanti, antidepressivi o allucinogeni, disturbi organici, conflitti familiari, stress ecc.)
  • promuove la tollerabilità alla farmacoterapia
  • offre un’adeguata relazione terapeutica (counselling da parte del medico, psicoterapia di gruppo ecc.)
  • favorisce l’adattamento sociale e lavorativo
  • riduce il rischio di suicidio.

L’efficacia di questa terapia è stata valutata in 14 studi cha vanno dal 1984 al 2005: nella maggioranza dei casi si è avuto un significativo cambiamento in meglio».
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Una cura concreta per depressione, disturbi del sonno e …

La psicologia si è sempre occupata dei problemi emotivi, con risultati non sempre entusiasmanti. Un nuovo, efficace approccio arriva negli anni Sessanta, con il modello cognitivo-comportamentale, che postula come molti dei nostri problemi siano influenzati da ciò che facciamo e pensiamo nel presente. Questo vuol dire che agendo attivamente ed energicamente sui nostri pensieri e sui nostri comportamenti attuali, possiamo liberarci da molti problemi.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale (PCC) sta assumendo oggi il ruolo di trattamento psicologico d’elezione per la stragrande maggioranza dei problemi emotivi e comportamentali. Si tratta di una disciplina scientificamente fondata, la cui validità è suffragata da centinaia di studi, per la diagnosi e la cura di diversi disturbi, tra cui: depressione, disturbo bipolare, ansia, fobie, attacchi di panico, ipocondria, disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia); disfunzioni sessuali, dipendenze da sostanze, disturbi della personalità, difficoltà di relazione, disturbi del sonno ecc.

Come suggerisce il termine, la PCC combina due psicoterapie: comportamentale, che aiuta a modificare la relazione fra le situazioni che creano difficoltà e le abituali reazioni emotive e comportamentali che la persona ha in tali circostanze, mediante l’apprendimento di nuove modalità di reazione, e cognitiva, che aiuta a individuare certi pensieri ricorrenti, schemi di ragionamento e di interpretazione della realtà, che sono concomitanti alle forti e persistenti emozioni negative che vengono percepite come sintomi e ne sono la causa, a correggerli, ad arricchirli, a integrarli con altri pensieri più funzionali al benessere della persona.

I vantaggi della PCC sono diversi: 
1. Si prefigge di risolvere problemi psicologici concreti: riduzione dei sintomi depressivi, eliminazione degli attacchi di panico e della eventuale concomitante agorafobia, riduzione o eliminazione dei rituali compulsivi o delle malsane abitudini alimentari, promozione delle relazioni con gli altri, diminuzione dell'isolamento sociale, e cosi via.

2. È centrata sul qui e ora: è centrata sul presente e sul futuro e mira a ottenere dei cambiamenti positivi, ad aiutare il paziente a uscire dalla trappola piuttosto che a spiegargli come ci è entrato.

3. È a breve termine: la durata della terapia varia di solito dai tre ai dodici mesi, a seconda del caso, con cadenza il più delle volte settimanale.

4. È attiva e collaborativa: sia il paziente che il terapeuta giocano un ruolo attivo nella terapia. Il terapeuta cerca di insegnare al paziente ciò che si conosce dei suoi problemi e delle possibili soluzioni. Il paziente, a sua volta, lavora al di fuori della seduta terapeutica per mettere in pratica le strategie apprese in terapia, svolgendo dei compiti che gli vengono assegnati volta volta.
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Glossario per Psicosi – Enciclopedia medica Sanihelp.it


Farmaci


 – ADEPRIL*30CPR RIV 10MG

 – ADEPRIL*30CPR RIV 25MG

 – ALOPERIDOLO G.S.*IM 10F 2MG 1M

 – ALOPERIDOLO G.S.*IM 1F 2MG 1ML

 – ALOPERIDOLO SALF*IM 50F 2MG 1M

 – ALOPERIDOLO SALF*IM 5F 2MG 1ML

 – CARBAMAZEPINA TEVA*50CPR 200MG

 – CARBOLITHIUM*50CPS 150MG

 – CARBOLITHIUM*50CPS 300MG

 – CHAMPIONYL*15CPR 200MG

 – CHAMPIONYL*30CPS 50MG

 – CHAMPIONYL*IM 5F 100MG 2ML

 – CLOPIXOL*20CPR RIV 25MG

 – CLOPIXOL*30CPR RIV 10MG

 – CLOPIXOL*IM 1F 50MG 1ML

 – CLOPIXOL*OS GTT 10ML 20MG/ML

 – CLORPROMAZINA CLOR SA*50F 25MG

 – CLORPROMAZINA CLOR SA*5F 25MG

 – CLOZAPINA HEX*28CPR 100MG

 – CLOZAPINA HEX*28CPR 25MG

 – DOBREN*20CPR 200MG

 – DOBREN*24CPR 100MG

 – DOBREN*30CPR 50MG

 – ENTUMIN*30CPR 40MG

 – ENTUMIN*IM EV 10F 40MG 4ML

 – ENTUMIN*OS GTT 10ML 100MG/ML

 – EQUILID*20CPR 200MG

 – HALDOL DECANOAS*IM 3F 50MG 1ML

 – HALDOL DECANOAS*IM F 150MG 3ML

 – HALDOL*30CPR 1MG

Tag cloud – Riepilogo dei sintomi frequenti

irrequietezza
insonnia
eccitabilità
depressione
delirio
allucinazioni
accelerazione del battito

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