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Procreazione assistita: conta anche la comunicazione

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Sanihelp.itIl 15% delle coppie si trova a fare i conti con un problema di infertilità, condizione per cui non si riesce a concepire un figlio neppure dopo 12-24 mesi di rapporti regolari e non protetti. Le cause sono diverse e molto spesso superabili con una diagnosi tempestiva e cure specifiche. Ma quando non basta o nei casi di vera e propria sterilità (quando è presente una precisa patologia irreversibile o l’infertilità permane anche dopo un iter diagnostico e terapeutico esauriente e svolto in un tempo ragionevole) si può optare per tecniche di procreazione medicalmente assistita.
 
Un settore ricco di progressi tecnologici, ma nel quale incide, forse anche più di altri ambiti della medicina, anche il rapporto tra il medico e i pazienti.  «In questo ambito, una buona comunicazione tra il medico e le coppie infertili può davvero fare la differenza: quando il rapporto funziona, infatti, si stabilisce una vera e propria alleanza terapeutica tra chi cura e chi chiede aiuto. Alleanza che può incidere positivamente anche sugli esiti finali del trattamento» spiega Elena Vegni, professore associato di Psicologia clinica all'Università degli Studi di Milano.Non bisogna dimenticare, del resto, che nella procreazione assistita ai successi si affiancano anche possibili fallimenti (soprattutto nei primi tentativi) ed è quindi importante anche la corretta gestione emotiva dei pazienti: «Solo una buona capacità di dialogo e di ascolto è infatti in grado di assicurare una buona compliance, cioè l'aderenza al percorso terapeutico, e scongiurare il sempre più frequente fenomeno del dropout, per cui una coppia infertile che non si sente adeguatamente compresa interrompe il rapporto con il Centro di riferimento e magari varca i confini per recarsi in strutture all'estero» sottolinea  Egidio Moja, professore ordinario di Psicologia clinica e direttore del Centro C.U.R.A. (Centro Universitario di Ricerca sugli Aspetti comunicativo relazionali in medicina) dell'Università di Milano.
 
Proprio il centro C.U.R.A. coordinerà  quindi uno studio sulla buona comunicazione medico-paziente proprio nell’ambito della procreazione medicalmente assistita,  ancora poco esplorata da questo punto di vista. Lo studio partirà a febbraio 2014, coinvolgendo  circa venti pazienti (o coppie di pazienti infertili) in ciascuno dei dieci centri di procreazione medicalmente assistita che aderiscono all'indagine (dal nord al sud, in tutta Italia), per un totale di circa 200 visite. Per la prima volta verranno ripresi, e successivamente analizzati,  gli incontri di ambulatorio tra medico e pazienti.
 
L'obiettivo è quello di individuare le principali aree critiche del rapporto medico-paziente e identificare gli elementi che, al contrario, favoriscono la partecipazione e il coinvolgimento della paziente e della coppia: «In base ai risultati ottenuti e con i dati raccolti sarà poi possibile realizzare specifici percorsi formativi destinati ai medici che operano nell'ambito della procreazione medicalmente assistita. Un paziente coinvolto è un paziente migliore. E anche un medico soddisfatto, in grado di prendersi carico del problema di una coppia, è un medico migliore» conclude Moja.


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