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La realtà virtuale migliora l’autostima

Sanihelp.it – L’accettazione di sé potrebbe essere appresa impersonando un avatar nella realtà virtuale.


Questa la scoperta di un gruppo di psicologi ed informatici provenienti dalle Università di Londra, di Derby e di Barcellona, che hanno scoperto come la realtà virtuale permetta ai soggetti più autocritici e severi con sé stessi di beneficiare non solo di una maggiore auto-compassione, ma anche di una più frequente soddisfazione di sé.

Lo studio, pubblicato su Plos One, ha coinvolto quarantatre donne particolarmente dure con sé stesse, le quali hanno avuto la possibilità di sperimentare una nuova prospettiva della loro persona attraverso gli occhi di un avatar: nel corso dell’esperienza virtuale, le donne hanno incontrato un bambino in difficoltà, personaggio verso cui hanno espresso una sincera compassione.

Successivamente, ventidue delle partecipanti hanno potuto ri-osservare il loro comportamento dagli occhi del bambino virtuale, mentre le altre ventuno hanno assistito alla loro reazione compassionevole dalla prospettiva di una terza persona.  

Le interviste che hanno coinvolto le donne a seguito dell’esperienza, hanno poi dimostrato come tutte le donne (ed in particolare coloro che hanno sperimentato la prospettiva dagli occhi del bambino) abbiano aumentato la stima di sé, diminuendo nel contempo i livelli di autocritica.

«Siamo entusiasti dei benefici immediati riscontrati nelle donne coinvolte in questa sessione sperimentale – afferma il professor Brewin dalla University College of London – Attualmente stiamo compilando uno studio clinico più approfondito e finalizzato alla misurazione degli effetti positivi del nostro metodo sulla longevità di entrambi i sessi. Siamo ansiosi di scoprire se i benefici per le donne siano riscontrabili anche negli uomini, e soprattutto se questo metodo possa ottenere degli effetti benefici anche su coloro che soffrono di depressione. Se i risultati saranno positivi, speriamo che la terapia basata sulla realtà virtuale diventi un trattamento efficace, a basso costo e facilmente utilizzabile a casa propria».

«In tutto il mondo, la ricerca sta dimostrando che la compassione può avere importanti effetti su tutta una serie di processi psicologici e neurofisiologici – commenta il professor Gilbert, co-autore della ricerca, dalla Unversity of Derby – La grande sfida è come aiutare le persone a provare compassione, una sfida che grazie alla ricerca del professor Brewin e del suo team sembra meno invincibile, dal momento che prospetta la possibilità di sviluppare ulteriormente l'efficacia terapeutica della compassione».

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