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Dolore articolare: ne soffriva anche Sant’Ambrogio

Sanihelp.it – Volge al termine l’Anno europeo contro i dolori articolari, promosso dalla Federazione europea per il trattamento del dolore, con l’intento di sensibilizzare su un problema spesso sottovalutato ma che riguarda, secondo EFIC, oltre il 50% della popolazione sopra i 50 anni ed è in costante crescita.


Responsabili sono patologie molto comuni di natura degenerativa, come l’artrosi, o infiammatoria, come le varie forme di artrite (per esempio spondiloartriti, artrite reumatoide e gotta). Più colpite le donne, nelle quali la prevalenza di artrite/artrosi è pari al 22%, contro il 12% negli uomini. 

L’artrosi sintomatica colpisce circa il 15% della popolazione adulta ma, oltre i 60 anni, si comincia a superare il 25-30%. Le sedi più colpite sono le ginocchia, l’anca e le mani. Nonostante sia sottostimata, l’artrosi è anche la causa più frequente di ospedalizzazione nei reparti di ortopedia per interventi di artroprotesi. Le diverse forme di artriti interessano in Italia circa il 3% dei soggetti sopra i 18 anni; tra queste, la gotta, provocata dalla presenza di cristalli di acido urico nelle articolazioni, rappresenta la più comune malattia infiammatoria articolare, con una prevalenza dell’1-2%.

Altra causa frequente di dolore muscolo-scheletrico è la lombalgia: nel corso della vita, il mal di schiena colpisce fino all’84% dell’intera popolazione e nel 23% dei casi diventa cronico, con pesanti ripercussioni sulla qualità di vita. Può avere un’origine meccanico-strutturale oppure essere dovuto a una forma infiammatoria, come accadde a un malato illustre, cui sono affezionati i milanesi: Sant’Ambrogio. Aveva una lombalgia dovuta a una forma di spondiloartrite, probabilmente una spondilite anchilosante, benché non sia facile differenziare le due patologie articolari dall’esame delle ossa.

Fra forme infiammatorie e non, la lombalgia occupa il primo posto nella classifica che valuta gli anni globali vissuti con disabilità, all’interno del più importante studio epidemiologico condotto negli ultimi anni, il Global burden of diseases. Se non trattato, il dolore può evolvere verso una forma cronica e, da sintomo, divenire malattia.

Controllare il dolore è dunque essenziale per impedire, o ridurre, il rischio di cronicizzazione; ciò avviene con i farmaci in grado di bloccare la trasmissione degli impulsi dolorosi: a livello periferico con gli antinfiammatori non steroidei (FANS), se c’è un’infiammazione, e a livello centrale con il paracetamolo, gli oppioidi e gli adiuvanti.

Per quanto riguarda l’artrosi, non c’è cura che possa arrestarne la progressione e quindi si ricorre ai farmaci sintomatici. Il primo analgesico di riferimento per efficacia e tollerabilità, in base anche alle indicazioni fornite dalle Linee Guida EULAR, è il paracetamolo. Se il malato non risponde a questa terapia, si passa ai FANS che però non sempre si possono prescrivere. Bisogna tener conto, infatti, che il 15% degli anziani assume anticoagulanti. Somministrare un antinfiammatorio a questi soggetti fragili significherebbe aumentare il rischio di sanguinamento, per cui è preferibile passare agli oppioidi deboli, come la codeina, che possono essere utilizzati in associazione al paracetamolo a dosi più basse.

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