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La fibromialgia mette a dura prova il sesso

Salute

Sanihelp.it – La fibromialgia è una sindrome caratterizzata da un intenso, diffuso e invalidante dolore cronico muscolare, spesso associato a sonno non ristoratore, stanchezza cronica,oltre che ansia e depressione.  Non è difficile comprendere, quindi, quanto possa interferire con la sessualità e la vita di coppia.


Innanzitutto, la sindrome può essere associata a vulvodinia (all’ipersensibilità del vestibolo vulvare (l’ingresso della vagina) che si manifesta con dolore e forte senso di tensione che si diffonde a tutto il pavimento pelvico, indipendentemente dal contatto sessuale col partner)  e/o dispareunia (dolore durante il rapporto sessuale e che rende la penetrazione dolorosa o addirittura impossibile). «Le donne che soffrono di fibromialgia in moltissimi casi lamentano queste due problematiche singolarmente o associate, le quali riducono inesorabilmente il desiderio e l’appagamento dell’atto sessuale» conferma Paolo Valli, fisioterapista-osteopata e coach del dolore.

In secondo luogo, la presenza di dolore di grado elevato diffuso in tutto il corpo porta la persona fibromialgica ad un’importante limitazione nei movimenti che un atto sessuale comporta.  «Il solo fatto che in molti soggetti la semplice pressione sul corpo provochi dolore (allodinia), può far risultare spiacevole persino l’esperienza di un abbraccio» continua Valli. «Infine, è bene ricordare come la condizione emotiva della persona, i livelli di stress, il disagio psicologico, gli stati depressivi conseguenti o che si accompagnano alla malattia, siano un rilevante motivo di compromissione dell’attività sessuale. Il senso d’incertezza e la sofferenza che ogni paziente prova, mettono a dura prova anche solo l’idea di provare o voler ricercare il piacere attraverso l’atto sessuale».

La fibromialgia si affronta soprattutto combattendo i sintomi per lo più con antidolorifici e antidepressivi, eventualmente  associati a psicoterapie. Per risollevare le sorti della vita sessuale, «ad essi possono aggiungersi trattamenti specifici come anestetici locali (come la lidocaina) ed estrogeni in crema, così come si possono consigliare una terapia riabilitativa della muscolatura del pavimento pelvico, infiltrazioni sottomucose di steroidi associati ad anestetici locali, elettroterapia analgesica, o, ancora, l’utilizzo di dilatatori vaginali» spiega Valli. Può essere raccomandabile anche una psicoterapia sessuologica e, in rari casi, la chirurgia. «Tra tutte le tecniche chirurgiche, la vestibulectomia si è dimostrata essere la più efficace. La selezione delle pazienti è molto importante e determina il successo della procedura. A queste va aggiunta un’adeguata profilassi e cura di eventuali infezioni vaginali (candida o altro) che possono essere un fattore contribuente nella persistenza del problema» conclude l’esperto.

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