Sanihelp.it – La maggiore esposizione ai raggi UV e le alte temperature rischiano di trasformare la bella stagione in un periodo critico per chi soffre di alcune patologie condizionate dai fattori ambientali tipici dell’estate, come il lupus eritematoso sistemico.
Il lupus è una malattia autoimmune, dall’origine ancora incerta. Può interessare numerosi organi e apparati (articolazioni, reni, cuore, polmoni, vasi sanguigni, ecc.), ma quando la zona più colpita è la pelle, l’esposizione ai raggi del sole o all’abbronzatura artificiale può contribuire a scatenare la malattia non ancora conclamata, oppure a peggiorarne i sintomi.
Essere affetti dal lupus non significa dover vivere un’estate al buio. Conoscere gli accorgimenti basilari può aiutare a gestire serenamente la malattia, soprattutto nei mesi più luminosi e vitali dell’anno. Ecco quindi i consigli da seguire durante l’estate:
• ridurre l’esposizione ai raggi UV, evitando le ore più calde della giornata;
• coprirsi con abbigliamento e accessori a protezione delle zone foto-esposte (cappelli, occhiali, camicie a maniche lunghe, pantaloni lunghi);
• utilizzare sempre filtri solari a schermo totale;
• seguire le indicazioni terapeutiche del medico.
Queste regole valgono anche per le forme moderate di malattia e per quelle correlate (definite anche lupus-like o connettiviti). Sebbene la terapia farmacologica non subisca variazioni d’estate, accanto alle misure di protezione vengono utilizzati sempre di più i farmaci antimalarici, in particolar modo la idrossiclorochina.
Questa molecola ha un’azione fotoprotettrice che è utile durante i mesi in cui maggiore è l’esposizione ai raggi UV. Il suo uso tuttavia non è limitato ai mesi estivi in quanto la molecola ha effetti sull’attivazione del sistema immune e svolge un’azione protettiva sugli eventi cardiovascolari, per questi motivi è diventata una componente della terapia sempre più utilizzata.
La prevalenza del lupus eritematoso sistemico varia a seconda del Paese, dell'etnia e del genere. In Italia l’incidenza è stimata fra 2,4 e 4,6 per 100.000 abitanti ed è più elevata negli individui di etnia non caucasica (afro-americani, asiatici). È soprattutto una malattia delle donne: la prevalenza è valutata da 28 a 50 ogni 100.000 abitanti, ma con un rapporto femmine/maschi di 9 a 1. La malattia compare prevalentemente tra la seconda e la quarta decade di vita.
Sebbene non esista a oggi una cura definitiva, attraverso i farmaci e uno stile di vita attento è in genere possibile raggiungere e mantenere una soddisfacente qualità di vita. Accanto ai tradizionali farmaci immunosoppressori sono oggi disponibili nuovi trattamenti. Iniziare precocemente il trattamento e modularlo nelle varie fasi della malattia consente di ridurre il danno permanente a livello dei tessuti e di diminuire la frequenza delle riacutizzazioni.