Sanihelp.it – La deglutizione è un atto fisiologico e costituisce una funzione essenziale molto complessa; è un’azione che mediamente eseguiamo oltre 1.000 volte ogni giorno per mangiare, bere e ingoiare la saliva.
Ed è proprio la difficoltà a deglutire, la disfagia, una delle complicanze che può manifestarsi dopo essere stati colpiti da ictus. È stato calcolato che una percentuale compresa tra il 45 e il 67% degli individui colpiti da ictus soffra di questa disfunzione entro i primi 3 giorni dall’evento e questa si può manifestare con vari livelli di gravità.
La disfagia non solo può comportare seri problemi di disidratazione e malnutrizione, ma anche un rischio ben più grave, la polmonite da aspirazione (ab ingestis), di cui soffre – entro i primi 5 giorni dopo l’ictus – una percentuale di persone che va dal 19,5% al 42%.
La disfagia viene quindi associata a una maggiore incidenza di complicanze mediche, un minor recupero riabilitativo e un allungamento dei tempi di ricovero e ospedalizzazione. Risulta fondamentale la diagnosi tempestiva del disturbo e il controllo dovrebbe essere iniziato non appena il malato torni a essere vigile e consapevole in seguito all’ictus.
Alle persone disfagiche si suggerisce di seguire una dieta che escluda cibi difficili da masticare o a doppia consistenza (come una minestra o uno yogurt con pezzettini di frutta); generalmente la difficoltà principale è la deglutizione dei liquidi che scivolano in gola a causa dell’incapacità di innescare la corretta deglutizione che normalmente avviene in modo automatico.
Qui di seguito alcuni importanti accorgimenti per evitare che il cibo vada di traverso. Mangiare sempre seduti comodamente, con il capo piegato verso il petto favorendo così la discesa del cibo nello stomaco. Non introdurre in bocca un boccone di cibo o un sorso di bevanda fino a quando non si è completamente deglutito il precedente. Non parlare mentre si mangia, cercando di tossire volontariamente ogni 2-3 bocconi. Bere le bevande liquide lontano dai pasti; durante i pasti è più sicuro bere acqua addensata fino a raggiungere la consistenza di una crema o di un budino. La consistenza ideale del cibo è quello degli alimenti semisolidi (purè, frullati e omogeneizzati).
Nei casi gravi si verifica un’impossibilità totale all’alimentazione: in queste situazioni si ricorre, temporaneamente o definitivamente, all’alimentazione artificiale, attraverso una piccola sonda posizionata nel naso (sondino naso gastrico) o sull’addome (PEG) per somministrare la nutrizione e l’acqua direttamente nello stomaco. Fortunatamente le forme gravi colpiscono soltanto il 10 – 20% dei malati e in parte migliorano dopo 1-2 mesi attraverso la riabilitazione logopedica.