Sanihelp.it – Calo di nascite da record: è quanto rileva l'Istat nel suo bilancio demografico 2017. La popolazione residente al 1 gennaio 2018 scende a 60 milioni 494mila, segnando una diminuzione di 100mila persone (-1,6 per mille) rispetto all'anno precedente. È un nuovo minimo storico per le nascite, che hanno toccato il picco del -2% rispetto al 2016 con solo 464mila nuovi nati. Sempre più spesso, però l’assenza di gravidanze non è una scelta, ma una conseguenza.
Alla base ci sono soprattutto problemi sociali, come la carriera o il bisogno di indipendenza, o magari economici, e quindi la donna tende a ritardare la data del primo concepimento. Si tratta di un problema gravissimo, perché sappiamo che già a 30 anni il patrimonio follicolare di una donna è ridotto di oltre il 50%; a 35 anni rimane solo il 20%; a 40 si riduce al 5%.
In fatto di infertilità, non esiste un genere più colpito rispetto all’altro. Le cause più frequenti sono divise al 50% tra il maschio e la femmina. Per quanto riguarda il primo, nella maggior parte delle volte la scarsa fertilità è una cosa congenita. Si nasce quindi con un’alterazione che porta a una minore produzione di spermatozoi. Il 10% dell’infertilità maschile è causato da testicolo ritenuto, vale a dire quando questo non scende dopo la nascita e rimane nell’addome. Poi ci sono una serie di concause, come stress, inquinamento e fumo, che possono essere cause dirette o secondarie.
Nelle donne la maggior parte dei problemi è legata all’età. Nell’80% dei casi osservati di infertilità, è l’età a rendere complicata la fertilità. Generalmente dopo i 38 anni il rischio aumenta. Ultime ricerche hanno stabilito che la data della prima gravidanza si è spostata, dal 1970 a oggi, dai 22 ai 36 anni. Una correlazione, quella con l’età, che è molto meno forte, invece, nell’uomo.
Questo ha anche conseguenze sul tasso di rimpiazzo delle generazioni. Nel 2050 avremo l’86% di popolazione oltre 80enne e quindi non attiva da un punto di vista lavorativo. Con conseguenze pericolose anche sul nostro welfare. L’ingresso degli immigrati non cambia molto la situazione: all’inizio vengono con un tasso di gravidanza più alto, ma dopo due anni si adeguano ai nostri tassi perché riscontrano le stesse difficoltà, se non maggiori.