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Dimmi come giochi e ti dirò chi sei, dice uno studio

Sanihelp.it – Dimmi come giochi e ti dirò chi sei e, soprattutto, come stai con gli altri. Il gioco è infatti una cartina di tornasole fondamentale per comprendere la qualità delle relazioni che legano gli individui fra loro. A svelare i risvolti sociali dei comportamenti ludici arriva una nuova ricerca di un team di etologi delle Università di Pisa e Torino appena pubblicata sulla rivista PlosOne.


Gli autori hanno studiato come giocano scimpanzé e gorilla, due specie che condividono con noi il 98-99% del DNA e che rappresentano un ottimo modello per capire qualcosa di più anche sull’evoluzione del nostro comportamento. La fase sperimentale del lavoro si è svolta in Francia, nello ZooParc de Beauval a St. Aignan sur Cher, dove i ricercatori per tre mesi hanno osservato le colonie di 15 scimpanzé e 11 gorilla e stilando dei report giornalieri.

Hanno messo in relazione il gioco con la propensione a costruire rapporti attraverso comportamenti di affiliazione e supporto: quello che è emerso è che gorilla e scimpanzé sono profondamente diversi per l’organizzazione sociale e il modo di creare amicizie e alleanze. Da un lato c’è quindi la società degli scimpanzé, unita e coesa, dove i soggetti hanno molti contatti affiliativi come la pulizia reciproca (il cosiddetto grooming).

Questo si rispecchia in sessioni di gioco allargate che coinvolgono molti membri del gruppo, giovani e adulti, e sebbene ci possano essere momenti concitati il gioco raramente sfocia in situazioni di vero scontro. La società dei gorilla invece è organizzata ad harem: le femmine stanno vicine al maschio, ma senza mostrare particolari interazioni sociali. In questo caso a giocare sono soltanto i giovani gorilla, mentre gli adulti non lo fanno mai. Nonostante le sessioni ludiche nei gorilla siano molto caute ed equilibrate, è molto più probabile che il gioco di lotta si trasformi in un conflitto aperto.

Il gioco è un comportamento attraverso cui si costruiscono legami sociali che possono durare nel tempo non saper giocare di fatto ostacola la formazione di relazioni positive e la capacità di mantenerle, sottolineano i ricercatori. Nell’uomo, unendo l’approccio etologico-naturalistico a quello psicologico, sarebbe interessante capire se chi è più competente nel gioco da bambino o ha solo avuto più opportunità di giocare è anche un adulto socialmente più competente ed integrato.

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