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L’attività fisica produce nuovi neuroni

Buone notizie per chi soffre di Alzheimer

Sanihelp.it – Un team di ricercatori del Massachusetts General Hospital ha recentemente effettuato una scoperta, pubblicata su Science, che potrebbe rivelarsi fondamentale per chi soffre di Alzheimer: utilizzando come modello sperimentale alcuni topi da laboratorio, è emerso che l'esercizio fisico non solo induce la formazione di neuroni, ma pone anche le condizioni ideali per la loro crescita, 'ripulendo' l'ambiente infiammatorio instaurato nel cervello da questa terribile malattia.


La neurogenesi nell'adulto, ossia il processo di formazione di nuove cellule nervose che permane in alcune aree del cervello anche dopo la fase di sviluppo embrionale e neonatale, avviene nell'ippocampo e in un'altra formazione di sostanza grigia chiamata striato. Questo processo di rinnovamento, anche se parziale, è cruciale per la memoria; è per questo che i ricercatori americani hanno cercato di capire se e come sia disturbato nella malattia di Alzheimer, e se lo si possa in qualche modo ripristinare. Si è scoperto così che, nei topi, il processo di neurogenesi può venire indotto dall'attività fisica, mediante l'uso di farmaci o con una terapia genica che stimoli la produzione di cellule progenitrici dei neuroni. Tuttavia, si è notato che mentre farmaci e terapia genica producono effetti modesti, nei topi tenuti in movimento non solo vi sono sostanziali miglioramenti cognitivi, ma anche una riduzione delle placche beta-amiloidi tipiche della malattia; al contrario, i nuovi neuroni nati grazie a farmaci o terapia genica non erano in grado di sopravvivere in aree cerebrali già interessate dalla neuroinfiammazione dovuta all'Alzheimer.

L'attività fisica, dunque, non solo promuove la formazione di neuroni, ma crea anche un ambiente ideale alla loro crescita e sopravvivenza: in particolare favorendo il rilascio di una sostanza – il fattore neurotrofico cerebrale o BDNF – che nutre e sostiene le cellule nervose. Si è ancora molto lontani dal poter innescare questi processi nell'uomo; ma si tratta comunque di una possibile strada di ricerca in un settore che si trova al momento un po' fermo, quantomeno sul piano farmacologico.

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FonteScience

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