Sanihelp.it – La World Ovarian Cancer Coalition, un’organizzazione non profit fondata nel 2016 che fa riferimento a 135 associazioni pazienti in 37 Paesi, ha promosso lo studio Every Woman che è stato presentato durante il congresso dell’European Society of Medical Oncology (ESMO).
Lo studio ha coinvolto 1531 pazienti di 44 Paesi e ha scoperto che il 69,1% delle pazienti intervistate non aveva mai sentito parlare della malattia prima della diagnosi e 9 donne su 10, pur avendo sperimentato i molteplici sintomi della malattia ma non conoscendoli, hanno atteso più di 6 mesi prima di rivolgersi ad un medico.
Questo basso livello di conoscenza delle donne unito a una certa mancanza di consapevolezza da parte dei medici di famiglia o dei ginecologi spiega la tardività delle diagnosi e quindi delle cure.
Rispetto alla media mondiale l’Italia rivela una dato di conoscenza pari al 56,5% e quindi migliore. Migliori anche i tempi di diagnosi : il 62,3% delle pazienti italiane hanno ricevuto una diagnosi a un mese dalla prima visita contro una media mondiale pari al 43,2%.
Solo il 54,7% delle intervistate è stata state sottoposta al test genetico BRCA.
Migliore la situazione italiana dove il 65,2% delle pazienti ha dichiarato di essere stata sottoposta al test genetico o prima o dopo la diagnosi e il 58,7% ha segnalato il rilevamento di una mutazione genetica.
Le pazienti italiane, inoltre, hanno riferito un numero di mutazioni BRCA1 tre volte più alto rispetto al dato mondiale ( 23% vs. 6,4%) e la più alta percentuale di altri geni mutati (31,8%).
La proporzione di donne che riceve il livello di assistenza specialistica richiesto da questa grave neoplasia varia ampiamente nel mondo così come variano da Paese a Paese i ritardi nell’accesso ai risultati dei test, alla sala operatoria, ai farmaci.
Il 91,5% delle pazienti ha dichiarato di essere stata trattata con dignità e rispetto.
Il 94,2% è stata sottoposta a trattamento chirurgico , il 9,6% ha affrontato una secondo intervento legato a recidiva e il 9,8% è stata sottoposta a chemioterapia intraperitoneale (in Italia solo il 4,5%).
Il 30,9% delle pazienti che hanno pagato per i trattamenti ne hanno rilevato l’importante impatto finanziario.
6 donne su 10 hanno dichiarato di essere state scioccate dalla diagnosi e il 46,9% di non aver ricevuto insieme alla diagnosi le informazioni che si aspettavano.
Molto migliore il risultato italiano dove le pazienti nel 62,2% dei casi hanno dichiarato di aver ricevuto alla diagnosi tutte le informazioni necessarie.
Il 34,7% delle pazienti italiane ha dichiarato di essere riuscita a trovare tutte le informazioni di cui aveva bisogno rispetto alla media mondiale del 19,7%.
Circa 1/3 delle pazienti ha trovato le informazioni su Internet.
Tra le priorità indicate dalle pazienti italiane vi sono lo sviluppo di un test di diagnosi precoce, la riduzione dei tempi di diagnosi e la prevenzione.
Importante la segnalazione dei clinici italiani relativa alla necessità di uniformare la rimborsabilità dei test genetici in tutte le Regioni.