Sanihelp.it – Bianca o rossa, tradizionale o gourmet, artigianale o surgelata, purché sia pizza. I numeri testimoniano un trend in continua asces: nell’ultimo anno, gli Italiani ne hanno mangiato oltre un chilo e mezzo a testa, privilegiando la Margherita (tra più di 45 tipologie) e i consumi di pizze surgelate rappresentano oggi il 20% circa del mercato complessivo. È la fotografia scattata dall'Istituto Italiano Alimenti Surgelati.
Tra rotonde e alla pala, farcite e semplici, extralarge e al trancio, biologiche e integrali, gluten free e senza lattosio, la pizza è un piatto che mette tutti d’accordo. Nel 2017 i consumi hanno toccato quota 91.500 tonnellate, con una crescita del +2,1% e un exploit di consumo delle pizze grandi, che hanno guadagnato oltre il +7% (consumate nel canale retail circa 50.000 tonnellate di pizze surgelate e oltre 14.500 tonnellate nel catering). In 11 anni il valore di mercato è quasi raddoppiato: da 130 a 254 milioni di euro.
Oggi le mangiano più di 6 famiglie su 10 e la loro crescita traina quella dell’intero settore dei surgelati, al punto che le pizze hanno guadagnato negli anni una fetta sempre più significativa dei consumi complessivi dei surgelati nel nostro Paese: lo scorso anno è arrivata a superare il 12% del totale. La Margherita si conferma la più amata, soprattutto dalle donne per la semplicità, il gusto piacevole, la leggerezza e la facilità nella digestione. Gli uomini optano più spesso per la pizza farcita.
Alla base del successo italiano della pizza surgelata c’è stata una rivoluzione produttiva risalente agli inizi degli anni ‘90. Si passò dal sistema di preparazione tipico dei panificatori (che prevedeva una temperatura del forno tra i 250 e i 280° C e un tempo di cottura di 20-25 minuti) a quello dei pizzaioli (temperatura a 400° C e 2-4 minuti di cottura). Un passaggio epocale dal cosiddetto metodo LTLT (Low Temperature, Long Time) alla tecnica HTST (High Temperature, Short Time).