Sanihelp.it – Dalla disabilità alle patologie, la pet therapy dà grandi benefici anche nella terza età. Termine che letteralmente significa terapia dell’animale da affezione, coniato dallo psichiatra americano Boris Levinson all’inizio degli anni Sessanta, è una pratica che supporta le altre terapie tradizionali attraverso l’uso di un animale a contatto con l’uomo. La vicinanza con gli animali conferisce alle persone anziane un grande aiuto, specialmente nel caso in cui la persona viva da sola o nel caso di disabilità fisica.
Anche la scelta del tipo di cane è importante: un cane di taglia medio-grande, serve a dare all’anziano, che si trova ad avere difficoltà motorie, grande sicurezza, facendo sentire la persona sicura o anche nel caso di persone disabili, quali ciechi o ipovedenti. E non solo: l’animale favorisce il rilassamento, nei soggetti affetti da morbo di Parkison, ad esempio. Il contatto fisico con il pet ne favorisce il rilassamento, riducendo il tremore e la rigidità, tipici sintomi della malattia, migliorando anche la coordinazione.
Da non trascurare poi l’aspetto psicologico della pet therapy, che apporta grandi benefici ai soggetti che hanno un animale in casa. Questo perché in genere i cani fanno da catalizzatori sociali, grazie al fatto che danno all’anziano la possibilità di uscire a fare una passeggiata per accompagnarli. Ciò permette alla persona di uscire e socializzare con gli altri, spostandosi in parchi o giardini, che rappresentano dei tipici luoghi d’incontro, favorendone l’inserimento sociale.
E ancora: la pet therapy sviluppa una nuova autostima negli anziani che acquisiscono una considerazione di sé positiva, cominciando a prendersi cura della propria persona proprio perché si rendono conto che il cane ha bisogno di loro, di essere accudito.