Sanihelp.it – Il test di Cooper, che prende il nome dal medico che lo inventò, Kenneth H. Cooper, permette di misurare la resistenza fisica e il funzionamento degli apparati respiratorio e cardiocircolatorio. Il test consiste nel percorrere in 12 minuti la distanza più lunga possibile; dai metri percorsi in questo lasso di tempo si può stabilire per ognuno qual è il consumo di ossigeno necessario per un determinato esercizio.
Il test venne divulgato nel 1968, ma è ancora oggi in voga tra gli atleti in pista e viene usato anche dagli insegnanti di educazione fisica per valutare le capacità dei ragazzi.
Di solito il test si svolge all’aperto, su percorsi già conosciuti, che non siano accidentati, e in condizioni ambientali favorevoli.
Dopo un riscaldamento di circa 10 minuti di corsa lenta, si deve correre per 12 minuti, mantenendo una velocità costante, cercando di respirare con un ritmo sempre uguale, inspirando con il naso ed espirando con la bocca e il naso, per sostenere lo sforzo con maggiore facilità.
Trascorsi i 12 minuti, verranno calcolati i metri percorsi, che saranno valutati in base alla tabella che classifica le prestazioni in base al sesso e all’età.
Secondo alcuni il test di Cooper è ormai superato anche perché, per esempio, una partenza troppo veloce o troppo lenta potrebbe influenzare negativamente il risultato del test, rispetto alla potenzialità effettiva in fase atletica. Inoltre viene preso in considerazione un solo parametro, trascurando la visione globale della preparazione atletica, che si basa su diversi fattori. Non si deve effettuare il test se si soffre di patologie dell’apparato respiratorio, di infezioni o infiammazioni, oppure di lesioni organiche.