Sanihelp.it – Il 3% degli italiani è affetto da psoriasi, a qualunque età, ma ci sono due picchi di inizio di malattia: uno intorno ai 20-30 anni, l'altro intorno ai 40-50. I malati che superano il 10% della superficie cutanea si considerano moderati o gravi: hanno maggiore associazione con diabete, ipertensione, aumento del colesterolo, obesità.
Un soggetto mediamente grave produce sostanze chimiche che possono predisporre o peggiorare la sua tendenza a ulteriori malattie infiammatorie. Quindi l'obesità potrebbe contribuire alla comparsa di psoriasi e quest'ultima potrebbe far scattare ulteriori patologie.
La tendenza si trasmette geneticamente: se l'ereditarietà semplice, quindi immediata, coinvolge il 50% dei figli del malato, in altri casi si tratta di ereditarietà complessa, ossia sono più geni che messi insieme possono predisporre alla malattia.
Il soggetto con uno o entrambi i genitori affetti da psoriasi ha una probabilità maggiore di averla. Si parla di un 15-20% di probabilità, ma riconoscere questi casi è più semplice perché spesso la malattia arriva prima dei 20 anni.
La causa non è stress o depressione, ma episodi traumatici o stressanti potrebbero determinarla, come un lutto o un incidente, essendo la malattia condizionata anche dalla risposta del sistema immunitario.
Accanto ai farmaci tradizionali, il dermatologo può oggi attingere a quelli nuovi biotecnologici. In entrambi i casi la percentuale di risposta positiva alla cura è superiore al 95%. I biologici vengono usati in seconda istanza anche perché possono avere costi elevati, sino a 12mila euro l'anno, quando presi in maniera continuativa.
I vantaggi che se ne ottengono sulla qualità di vita e sul reinserimento in una vita sociale e lavorativa normale sono considerevoli. Non possono però essere prescritti in alcuni soggetti, come coloro che hanno avuto tumori, epatiti gravi o malattie cardiache.
Una persona obesa che soffre di psoriarsi deve non soltanto intervenire sulla malattia, ma anche perdere almeno 5-6 chili, perché la diminuzione del peso ha effetti positivi sull'eventuale rischio cardiovascolare futuro, più frequente negli psoriasici moderati gravi.
Gli specialisti confermano l'apporto positivo delle terme, che migliorano la qualità di vita dei malati. Fondamentale, però, l'apporto delle lampade ultraviolette B e della fotobalneoterapia. Anche i soggetti gravi possono trarvi giovamento, se questi bagni devono essere accompagnati da altri trattamenti.
La terapia termale utilizza bagni e fanghi con diverse acque, essenzialmente bicarbonato-calciche, sulfuree o salsobromoiodiche. Fondamentale però porre una corretta diagnosi per distinguere le manifestazioni cutanee di origine dermatologica dalle componenti cutanee di altre patologie, per le quali la crenoterapia potrebbe essere inefficace o controindicata. Costituiscono controindicazioni certe le forme acute, essudative ed eritrodermiche.
La terapia termale genera effetti positivi locali sulla lesione psoriasica cui si accompagnano benefici generali anche di tipo psichico.
Citochine espresse ad alti livelli dai cheratinociti della cute psoriasica, come IL-6 e IL-8, inducono proliferazione dei cheratinociti stessi e reclutamento di T linfociti, elementi tipici della lesione psoriasica. L’idrogeno solforato riduce la secrezione di IL-8 sia direttamente sia sopprimendo la produzione di IL-17 e IL-22 tramite l’inibizione di un enzima chiave dell’attivazione cellulare, la extracellular-signal-regulated kinase (ERK).