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Sclerosi multipla: la spasticità rende la vita impossibile

Sanihelp.it – Neurologi e malati hanno ora un’arma in più per combattere la spasticità, uno dei sintomi più comuni associati alla sclerosi multipla e una delle principali cause di disabilità legate a questa malattia. A partire da luglio 2013, è disponibile su prescrizione dei neurologi il primo trattamento specifico per la spasticità da moderata a grave in malati di sclerosi multipla che non hanno risposto al trattamento con altri farmaci anti-spastici.


Il nuovo farmaco è un modulatore del sistema endocannabinoide composto da due principi attivi, THC (delta-9-tetraidrocannabinolo) e CBD (cannabidiolo), che vengono estratti dalla pianta C. Sativa coltivata in serra, in luogo protetto e in condizioni di crescita strettamente controllate. Rimborsato in Classe H (ospedaliera), è disponibile presso le farmacie in seguito alla prescrizione da parte dei Neurologi dei Centri di Sclerosi Multipla. Con l’obiettivo di monitorare correttezza e appropriatezza terapeutica, è stato istituito un Registro nazionale a cui verranno iscritti i pazienti in cura con il farmaco.

Il farmaco è somministrato come spray oromucosale che permette un dosaggio flessibile, in funzione della risposta individuale e dei sintomi specifici di ciascun paziente e può essere facilmente assunto da pazienti che hanno difficoltà a deglutire. Il farmaco è generalmente ben tollerato, privo degli effetti collaterali tipici che derivano dal consumo di cannabis non a fini terapeutici e non crea dipendenza.

Nel nostro Paese si stima che il 75% dei pazienti con sclerosi multipla soffra di spasticità, un sintomo che impatta pesantemente sulla qualità di vita e su quella delle persone conviventi. La spasticità non solo limita la possibilità di camminare, ma spesso comporta anche disturbi del sonno, crampi e spasmi dolorosi, rendendo difficile lo svolgimento delle normali attività quotidiane.

Evidenze scientifiche hanno dimostrato che il nuovo farmaco determina un miglioramento della qualità di vita e una maggiore indipendenza dei pazienti dall’aiuto di familiari o accompagnatori.

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