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Aborto: il coraggio di parlarne

Sanihelp.it – La legge italiana consente l’interruzione volontaria di gravidanza e detta le regole e le restrizioni per ricorrere a questa pratica. Ma poi, all’atto concreto, come si deve comportare una donna che decide di abortire? 
Rispondere a questa domanda non vuol dire promuovere l’aborto, ma semmai tendere una mano a una donna in un momento di difficoltà, di dolore, di paura. Soprattutto alle più giovani, soprattutto oggi che a ricorrere all’IVG sono spesso donne straniere che poco o nulla sanno dei propri diritti.  
La legge 194 della Repubblica Italiana prevede che, per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna si rivolga ad un consultorio pubblico o a una struttura socio-sanitaria abilitata dalla Regione, oppure a un medico di sua fiducia.
Il medico a questo punto compie gli accertamenti sanitari necessari, valuta con la donna stessa (e con il padre, se lei lo consente) le circostanze che la determinano a chiedere l’interruzione della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso. Può essere proposto un colloquio personale e non obbligatorio con assistenti sociali o psicologi, 


Se il medico dovesse riscontrare l’esistenza di condizioni tali da rendere urgente l’intervento, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l’urgenza, con cui è possibile presentarsi ad una delle sedi autorizzate a praticare l’interruzione della gravidanza.
Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine dell’incontro il medico rilascia alla donna una copia di un documento, firmato anche da lei, attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta, e per legge la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni (fa fede la data riportata sul documento rilasciato dal medico), la donna può presentarsi in ospedale, o in un centro di cura autorizzato, e richiedere l’interruzione della gravidanza. 

La maggior parte degli ospedali accettano direttamente le richieste di aborto da donne provenienti da qualunque zona, altri accettano solo le pazienti passate dal consultorio, altri ancora accettano solo pazienti del proprio territorio. 

Quanto ai costi, l’accertamento, l’intervento, la cura e l’eventuale ricovero a seguito di Ivg rientrano fra le prestazioni ospedaliere trasferite alle regioni dalla legge 17 agosto 1974, n. 386. Sono a carico della regione tutte le spese per eventuali accertamenti, cure o degenze necessarie per il compimento della gravidanza nonché per il parto, anche per le donne che non hanno diritto all’assistenza mutualistica. 

Un capitolo a parte riguarda le minorenni. In questo caso, secondo la legge 194, per l’interruzione della gravidanza è richiesto l’assenso di chi esercita sulla donna la potestà o la tutela. Tuttavia, nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e le procedure previste dalla legge e rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui opera. Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, può autorizzare l’interruzione della gravidanza.

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