Sanihelp.it – Negli Ultimi anni, in USA, sono state avviate moltissime campagne per far sì che si limitasse la promiscuità e, quindi, il sesso prematrimoniale. Il fine primario era quello di stroncare, attraverso l’astinenza, il contagio da HIV, ma come spesso accade il significato primo di questo genere di campagne viene spesso disatteso e i risultati, nel tempo, diventano imprevedibili.
Nello specifico, uno studio condotto dalla Divisione del National Center for HIV/AIDS di Atlanta, in Georgia, ha evidenziato come le campagne abbiano sì ottenuto un successo di tipo culturale, restituendo dignità al valore della verginità, ma abbiano anche generato delle vere e proprie aberrazioni culturali. Per difendere la verginità, infatti, uomini e donne si espongono a pratiche sessuali ancora più rischiose. Un terzo delle ragazze intervistate (il campione era di oltre 12 e 500 persone) affermava di avere praticato sesso anale. I tre quarti degli uomini erano stati oggetto di fellatio. E il tutto, ovviamente, senza protezione del preservativo. Mentre basta un minimo di informazione per sapere che, specialmente nel caso del sesso anale, si tratta di pratiche più pericolose, in quanto a rischi di contagio, rispetto all’amplesso tradizionale.
Le ragazze intervistate spiegano che questo modo di approcciarsi alla sessualità permette loro di definirsi vergini, dato che non c’è stata lacerazione dell’imene. E quindi, senza questa esperienza, si ritengono protette da qualsiasi rischio di contagio per le malattie sessualmente trasmesse.