Sanihelp.it – Quando si parla di rito del tè, in Occidente la mente corre subito al celebre tè delle cinque anglosassone.
Si narra che questa tradizione nacque in Inghilerra il giorno dell’incoronazione della regina Vittoria. Da allora, e soprattutto dal 1830 in poi, il tè pomeridiano servito con una goccia di latte e accompagnato da plumcackes, scones alla panna e sandwiches al cetriolo e prosciutto affumicato è diventato un rito immancabile in Inghilterra e non solo.
E sempre a proposito di Regno Unito, si deve a un’inglese, il commerciante di tè Thomas Sullivan, anche l’invenzione delle bustine di tè monodose. Nate come campioncini in seta da inviare ai clienti, oggi rappresentano il modo più comodo e diffuso per bere tè in Occidente.
Ma i veri riti del tè, in realtà, sono ben altri, e provengono dai luoghi lontani in cui la bevanda venne scoperta.
La cerimonia del tè giapponese (Il Cha No Yu di origine zen), per esempio, è molto complessa, ma richiede accorgimenti basilari come l’utilizzo di tazze svasate e dotate di coperchio, di tieiere piccole in terracotta, di acqua di sorgente o minerale (mai del rubinetto).
Temperature e tempi di infusione sono molto rigidi, e richiederebbero l’utilizzo di termometri e cronometri; in linea generale, l’acqua non dovrebbe superare i 60 gradi per i tè molto pregiati, 70 per quelli di buona qualità e 80 per quelli di livello medio-basso. Più il tè è nobile, maggiore è il tempo di infusione, che varia comunque dai 50 ai 150 secondi.
In Oriente, dunque, quella del tè è una vera e propria arte, una filosofia che non è certo possibile riassumere in poche righe. Ogni famiglia cinese, ad esempio, segue una propria tradizione per preparare il tè, ed esistono fior di trattati che insegnano i segreti per scegliere l’acqua migliore per preparare il tè, i movimenti per servirlo in modo impeccabile, le operazioni per effettuare infusioni ripetute.
Tutto, insomma, fuorchè una semplice tazza di tè.