Sanihelp.it – Udito e cervello, sordità e demenza. È un connubio che fa paura quello messo in evidenza dal Consensus Paper Sentire bene per allenare la mente, promosso da Amplifon: oltre 7 milioni di italiani e 590 milioni di persone nel mondo convivono con un deficit dell’udito e vanno incontro a un rischio maggiore di sviluppare forme di demenza. Il pericolo di decadimento cognitivo è direttamente proporzionale al livello di ipoacusia: può aumentare fino a 5 volte nei casi più gravi di sordità e per ogni peggioramento dell’udito di 10 decibel si registra una crescita del rischio di demenza di circa 3 volte.
Si stima che in 1 caso su 3 la demenza – che oggi colpisce 36 milioni di persone nel mondo – possa essere causata da ipoacusia, ma anche il decadimento cognitivo può essere responsabile di una progressiva perdita uditiva.
Nei prossimi 30 anni la percentuale di anziani raddoppierà e nel 2050 gli ultrasessantenni saranno quasi 2 miliardi di persone (il 21% della popolazione mondiale). Nello stesso periodo, anche le persone affette da sordità raddoppieranno e supereranno il miliardo, mentre gli individui con una forma di demenza triplicheranno e saranno ben più di 100 milioni.
La ragione del legame tra ipoacusia e demenza resta sconosciuta, ma gli studiosi hanno avanzato alcune ipotesi. La più affascinante ritiene che gli stessi meccanismi patogenetici neurodegenerativi riconosciuti in alcune forme di demenza, quali la malattia di Alzheimer, possano essere alla base di alterazioni centrali del sistema uditivo.
Un’altra ipotesi sostiene che l’ipoacusia comporti un maggiore sfruttamento delle risorse cognitive per decodificare i suoni in informazioni utili, rendendo la persona più vulnerabile alla demenza. Infine, altri studiosi si soffermano sul rischio di isolamento sociale, che rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio per l’insorgere della demenza ed è strettamente associato all’ipoacusia, in quanto il deficit uditivo comporta una diminuzione del desiderio di uscire e di farsi coinvolgere in conversazioni.
I risultati del Consensus Paper suggeriscono che è possibile ritardare l’invecchiamento cognitivo tramite l’adozione di semplici rimedi, come l’uso di apparecchi acustici e una maggiore attenzione verso la prevenzione e l’identificazione precoce della sordità. La riabilitazione acustica non interviene solo sulla funzione uditiva, ma è utile per ridurre, contrastare e rallentare la progressione di disordini cognitivi di vario tipo e grado.
Eppure, gli apparecchi acustici sono fortemente sotto-utilizzati nel nostro Paese: si stima che l’età media degli italiani portatori di apparecchi acustici sia di 74 anni contro una media europea di 60,5 anni. Inoltre è stato appurato che su oltre 7 milioni di italiani ipoacusici solo 700.000 portano gli apparecchi acustici.