Sanihelp.it – In Italia le malattie infiammatorie croniche intestinali colpiscono circa 150-200mila persone, soprattutto tra i 15 e i 40 anni. Incidendo sulla sfera privata, lavorativa e sociale, generano un impatto significativo anche sulla spesa pubblica socio-sanitaria.
La colite ulcerosa e la malattia di Crohn sono le più comuni. Sono caratterizzate da un processo infiammatorio cronico, ma si differenziano per quanto riguarda sia la localizzazione che la natura dell’infiammazione della mucosa intestinale.
Queste patologie, che colpiscono uomini e donne in piena attività produttiva, rappresentano vere e proprie malattie sociali, poiché a causa dei frequenti monitoraggi clinico-strumentali e dei trattamenti terapeutici richiesti (fino all'intervento chirurgico), la vita di chi ne soffre e dei loro familiari è profondamente condizionata in tutti i suoi ambiti: da quello sociale e affettivo alla gestione dell’attività lavorativa.
Non solo: determinano costi sanitari rilevanti, che possono aumentare nei casi, non rari, di ritardo diagnostico o fallimento terapeutico. Fino a circa 15 anni fa i trattamenti disponibili erano solo steroidi e immunosoppressori, non sempre soddisfacenti in termini di efficacia e sicurezza.
La disponibilità dei farmaci biotecnologici ha rivoluzionato la terapia: sono in grado di promuovere e mantenere la remissione dei sintomi in un’ampia proporzione di individui affetti da forme gravi, non responsive ai trattamenti convenzionali. Tuttavia, ancora molti non rispondono o smettono di rispondere a queste terapie.
A differenza di altre malattie, quali l'artrite reumatoide o la psoriasi, nelle patologie infiammatorie croniche intestinali disponiamo al momento di una sola classe di farmaci biotech, detti anti TNF, che lasciano aperte alcune problematiche cliniche, quali la refrattarietà al trattamento per alcuni malati, la risposta positiva solo parziale per altri e la possibilità di reazioni avverse anche molto gravi.
Questi limiti hanno stimolato la ricerca di nuovi farmaci biotecnologici: uno dei filoni di ricerca più promettenti è quella dei farmaci detti anti-integrine, fattori molecolari che hanno dimostrato di svolgere un ruolo nel mediare l'attività infiammatoria delle cellule immunitarie nella colite ulcerosa e nella malattia di Crohn. A breve sarà disponibile per l'impiego clinico anche in Italia una nuova molecola, già approvata negli Stati Uniti e in Europa.
Una nuova prospettiva terapeutica, caratterizzata da un nuovo meccanismo d’azione, selettivo per l’intestino, potrà migliorare la qualità della vita dei malati, permettendo loro di ritrovare l’abilità lavorativa e potrà condurre a una riduzione dei costi diretti e indiretti che queste patologie generano sul Sistema sanitario nazionale.