Sanihelp.it – Dici diossina, e subito la mente corre a quel lontano 1976, anno in cui l’esplosione dello stabilimento Icmesa di Meda liberò una nuvola bianca con due chilogrammi di veleno.
Fu il primo shock ambientale che diede il nome alla direttiva europea destinata a prevenire i grandi rischi industriali.
Ma bisognerà arrivare al 1999 per scoprire che è possibile ingerire diossina attraverso il latte. Il Belgio era allora in piena campagna elettorale e lo scandalo travolse la coalizione uscente guidata dal democristiano Jean-Luc Dehaene portando invece i verdi alla ribalta politica.
Fu allora che l’Unione Europea si dotò di un’altra direttiva con dei limiti ben precisi sulla presenza della diossina negli alimenti. Limiti che variano da prodotto a prodotto. E poiché la diossina si concentra e tende a restare nelle parti grasse degli animali, il limite viene definito in miliardesimi di grammo per ogni grammo di grasso. Nel caso della mozzarella di bufala, il limite stabilito è di tre miliardesimi di grammo (picogrammi) per grammo di latte; la quantità riscontrata nei campioni positivi è invece pari a 3,2-3,3 picogrammi.
In Belgio, la diossina veniva dagli inceneritori più vetusti, mentre gli inceneritori di ultima generazione, che in Campania continuano a rifiutare, non emettono più diossina.
Ma c’e’ anche il caso del mar Baltico, con una concentrazione particolare che ha spinto le autorità a chiedere, solo per il consumo interno, una deroga sulla presenza di diossina nel pesce, deroga che l’UE ha concesso ma solo a condizione di informare adeguatamente i consumatori sui rischi. I limiti sono così saliti a 15 miliardesimi di grammo.