Sanihelp.it – Anche su un aspetto cruciale come le volontà negli ultimi momenti della vita possono bastare pochi mesi per cambiare idea o per dimenticarsi cosa si è scelto, tanto che per il testamento biologico servirebbe un tagliando periodico per verificare se le convinzioni personali sono cambiate.
Lo ha rivelato uno studio dell’Università della California-Irvine (Uci), pubblicato dalla rivista Health Psicology, secondo cui dopo un anno un terzo dei soggetti studiati cambia idea riguardo alle ultime volontà, spesso però senza rendersene conto.
Negli Stati Uniti una legge federale prevede la possibilità, per chi ne fa richiesta, di stilare un documento in cui dettare le proprie volontà in materia di trattamenti medici in caso non si sia più in condizioni di esprimerle. Secondo lo studio, però, la pratica dovrebbe essere rivista per tener conto della possibilità di cambiare idea.
«Il testamento biologico è una nobile idea e può essere molto utile nelle decisioni che devono essere prese vicino alla fine della vita – afferma Peter Ditto, psicologo e coordinatore dello studio – ma la nozione che basti compilare un documento per risolvere tutti i problemi è spesso sbagliata».
I ricercatori, guidati dallo psicologo, hanno chiesto ad un campione di 401 persone sopra i 65 anni di esprimere due volte le loro volontà nel caso di malattie gravi, a distanza di circa un anno, chiedendo loro poi di cercare di ricordare se il nuovo testamento biologico fosse uguale al primo. La stessa richiesta è stata fatta anche ai familiari indicati dai soggetti come gli incaricati di decidere in caso di impedimento. Su un’altra serie di soggetti, inoltre, lo stesso esperimento è stato fatto ma a una distanza di quattro mesi.
Nel primo esperimento, circa un terzo dei testamenti espressi a distanza di un anno era cambiato in materia di rianimazione e di alimentazione forzata, ma il 75% di quelli che avevano cambiato idea era in realtà convinto che le proprie volontà fossero uguali a quelle di un anno prima.
Una memoria ancora peggiore l’hanno mostrata i congiunti di quelli che avevano cambiato idea, che non si sono accorti del cambiamento nell’86% dei casi. Anche in periodi più brevi i risultati rimangono circa gli stessi: nel caso di testamenti ripetuti dopo quattro mesi, la percentuale di quelli che non si ricordavano delle differenze tra il testamento originale e quello nuovo era del 69%.
Secondo gli autori, questo studio ha implicazioni sia di salute pubblica sia per quanto riguarda i rapporti personali: «Da un punto di vista pubblico, i risultati suggeriscono che i testamenti dovrebbero avere una data di scadenza – conclude Ditto – non si può cioè lasciare alle persone la facoltà di cambiarli solo quando vogliono, perché spesso non si accorgono di aver cambiato idea».