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Avvelenamenti: il pronto soccorso è l’unica soluzione

Sanihelp.it – Sanihelp.it ha incontrato la dottoressa Francesca Assisi, medico tossicologo del Centro antiveleni dell’ospedale Niguarda di Milano, che ci fornisce una serie di chiarimenti e consigli utili.


Quali sono le possibili fonti di avvelenamento in questo periodo?

«Sono riconducibili essenzialmente alle vipere che sono ancora presenti nei boschi e nei prati, e ai funghi velenosi.
Dobbiamo sapere che le vipere ricorrono all’arma del morso solo come meccanismo di difesa. Le precauzioni principali sono quelle di evitare tutti i motivi che possono creare loro disturbi: non mettere le mani nei rovi o in cumuli di sassi e pietre dove normalmente possono trovare rifugio, utilizzare un bastone per fare rumore e farle allontanare, evitare di far camminare i bambini nell’erba alta (è meglio portarli in braccio) e utilizzare calzettoni pesanti e scarponcini alti».

Cosa conviene fare se si viene morsi da un rettile?

«Anche qui è bene chiarire meglio che cosa accade. Il veleno è utilizzato dal rettile per la digestione, questo sta a significare che non sempre nei denti veleneriferi c’è una quantità di veleno sufficiente a determinare intossicazione.
Ovviamente le persone anziane e soprattutto i bambini corrono maggior rischio di intossicazione.
Il morso si riconosce perché solitamente si possono osservare due puntini distanziati fra loro di circa sei-otto millimetri, ma questa non è una regola fissa: ci sono stati casi di distanze maggiori e anche casi di un solo puntino, quando per esempio si è morsi su un dito.
In ogni caso nel dubbio di un morso da sospetta vipera è bene rimanere sotto osservazione ospedaliera per almeno 24 ore, perché nell’arco di questo tempo il quadro appare definitivamente conclamato e quindi permette un adeguato trattamento».

Quali sono i principali sintomi provocati dal morso di una vipera?

«Nel caso in cui il veleno inoculato sia in quantità sufficiente, i sintomi compaiono abbastanza in fretta, anche nel giro di mezz’ora: si tratta soprattutto di sintomi allergici che provocano in principio un abbassamento della pressione e un incremento della sudorazione fino allo shock, ma il tutto può essere accompagnato, a seconda dei casi, anche da vomito e dolori addominali.
Entro le 2-3 ore successive al morso, poi, nella sede dell’inoculo del veleno compaiono arrossamenti ed edema che in seguito possono progredire e raggiungere anche la radice dell’arto interessato. In alcuni casi si può anche avere linfangite, ossia infiammazione dei vasi linfatici.

Un altro effetto del veleno della vipera si osserva a carico del sangue, con una riduzione anche grave della coagulazione e un aumento dei globuli bianchi».

Come possiamo soccorrere una persona che viene morsa da una vipera senza peggiorare le cose?
«Tutto quello che si deve fare al di fuori dell’ospedale è tranquillizzare il paziente e recarsi al pronto soccorso più vicino, dove il ferito sarà seguito nell’evoluzione dell’eventuale manifestazione clinica. Solo in casi particolari, quando veramente necessario, sarà iniettato un siero antivipera per via endovenosa; altrimenti verrà prescritta la terapia classica costituita da cortisone, antibiotici e antidolorifici. Il gonfiore locale potrebbe diventare e mantenersi bluastro per alcuni giorni, ma in generale in quindici giorni di terapia tutto ritorna alla normalità. I casi che meritano più attenzione sono quelli che coinvolgono anziani e bambini”.

Insomma, quando qualcuno viene morso da una vipera l’unica cosa che bisogna fare è trasportare la persona al più vicino Pronto Soccorso?


«Certamente, e tutte le leggende di eroici salvatori che succhiano il veleno subito dopo il morso sono false. Anche praticare un taglio sulla sede del morso o bloccare l’arto con un laccio sono manovre inutili e rischiose: si rischia di arrestare la circolazione provocando danni maggiori».

L’utilizzo poi dei vari presidi come le pompette aspiranti e l’elettrostimolatore non mette a riparo dalla pericolosità del veleno, perché non lo neutralizza.

La cosa migliore da fare, dopo il morso di una vipera, è mantenere la calma; si può eventualmente immobilizzare l’arto con una benda elastica (tipo quelle che vengono utilizzate per le vene varicose) o steccarlo. Evitate l’eccessiva mobilizzazione e l’agitazione, che farebbero aumentare la circolazione sanguigna e quindi l’immissione più rapida del veleno in circolo».

Parlando invece di funghi, sono proprio così pericolosi?

«Se non c’è conoscenza micologica si, perché ci sono specie anche mortali. La prima cosa che mi sento di dire è di non consumare funghi senza averli prima fatti controllare da un micologo, e di non fidarsi del classico amico che va a funghi da 20 anni: le specie velenose, sosia dei funghi commestibili, sono molte e facilmente scambiate per commestibili. Il fungo va raccolto ruotandolo su se stesso e non usando il coltello, perché per una corretta identificazione della specie occorre tutto il fungo. Il riconoscimento da parte di un micologo può essere effettuato gratuitamente presso l’Asl di zona.

Per il trasporto dei funghi raccolti vanno usati cesti di vimini, e non il sacchetto di plastica che potrebbe deteriorare anche il fungo buono.

Va detto che i funghi vanno comunque mangiati con moderazione, perché sono per natura poco digeribili. Per quanto riguarda quelli velenosi, sono molto pericolosi e potenzialmente mortali quelli i cui effetti si manifestano dopo sei-dodici ore, anche perché in un arco di tempo così lungo, pensandoli commestibili, se ne possono assumere ancora e quindi aumenta la quantità di tossina ingerita, il che condiziona ovviamente l’esito dell’intossicazione».

Oltre al controllo da parte di un micologo possiamo dare altre indicazioni utili?

«Non mangiare mai i funghi di cui non si conosce la provenienza, non farli mangiare ai bambini, per le stesse ragioni per cui non bisogna abusarne da adulti, e controllare lo stato di maturazione anche di quelli che si comprano al supermercato».

Nel caso di ingestione di un fungo velenoso come conviene comportarsi?

«Se dopo l’ingestione di funghi non controllati compaiono disturbi come vomito, dolori addominali e diarrea bisogna recarsi al Pronto Soccorso; sarebbe di grosso aiuto portare con sé anche i residui fungini, cotti o crudi che siano. Anche gli scarti di pulizia possono essere molto utili. Questo serve all’identificazione delle specie responsabili dell’intossicazione e quindi consente al medico di praticare la cura più mirata possibile.
In generale, avere a disposizione esemplari dei funghi ingeriti permette di avere un quadro più preciso della situazione, soprattutto perché è molto frequente mangiare insieme specie diverse di funghi le quali, provocando sintomi differenti e di diversa durata, possono trarre facilmente in inganno».

Come vengono curati gli avvelenamenti da funghi?

«Prima di tutto si fa una lavanda gastrica per eliminare i residui e ridurre contrazioni e vomito; poi si somministra del carbone vegetale attivato in polvere, che ha funzione assorbente nei confronti delle tossine. Può essere utilizzato un purgante salino per accelerare l’eliminazione delle tossine fungine attraverso le feci, ed è necessario idratare il paziente attraverso delle flebo per compensare la perdita di liquidi e di sali che si è verificata per il vomito e la diarrea.
È fondamentale attuare questa terapia in modo tempestivo, per scongiurare alterazioni a carico del fegato e dei reni, organi interessati da due funghi mortali quali l’Amanita phalloides per quanto riguarda il fegato e il Cortinarius orellanus per quanto riguarda i reni.
Ovviamente il trattamento è gravoso sia per il paziente che per il personale sanitario: vale tenere a mente sempre la regola che prevenire è meglio che curare».

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