Sanihelp.it – Gli effetti metabolici del caffè sulla pressione del sangue sono stati analizzati sia a breve che a lungo termine.
Gli studi epidemiologici hanno dimostrato che, sul breve termine, cioè per quanto riguarda la somministrazione acuta di caffeina, si registra un innalzamento pressorio che rientra nel giro di uno-due giorni, mentre sul lungo termine non si riscontra alcuna variazione della pressione.
Questo risultato è dovuto al breve tempo che occorre all’organismo per adattarsi al consumo di caffeina, cioè alla cosiddetta tolleranza, che nello stesso breve tempo si perde.
Sia negli studi condotti su soggetti sani che in quelli effettuati sugli ipertesi, si è rilevato che si sviluppa sempre una tolleranza, che si perde entro breve tempo con la sospensione del consumo di caffè.
Ciò spiega perché nei consumatori abituali di caffè la pressione sanguigna è generalmente più bassa rispetto ai non consumatori.
Oltre agli effetti della caffeina, ci sono anche gli effetti diuretici della bevanda caffè e il contenuto in potassio.
Un aspetto molto interessante circa il rapporto tra caffeina e pressione arteriosa si osserva negli anziani, che subiscono generalmente una diminuzione della pressione sistolica dopo il consumo di un pasto.
Il calo, che inizia immediatamente dopo l’ingestione degli alimenti e si protrae durante la digestione, può provocare anche seri disturbi.
Gli anziani che sono soliti bere caffè dopo aver mangiato mostrano un abbassamento della pressione molto più limitato o non lo mostrano affatto rispetto a coloro che non lo bevono. Ciò è appunto dovuto all’effetto acuto della caffeina sulla pressione sanguigna.
Tale effetto svanisce entro poche ore (il tempo di vita della caffeina), lasciando che la pressione si stabilizzi ai valori abituali.
In ogni caso per i soggetti anziani ipertesi è bene che sia il medico a indicare loro il modo e la quantità di caffè da consumare.