L’Italia paese all’avanguardia in Europa in fatto di chirurgia robotica. A pari merito con la Francia, e davanti a Germania e Gran Bretagna, l’Italia è leader europea per numero di apparecchi in funzione, mentre l’Europa, che ad oggi conta 742 robot in piena attività, è al secondo posto al mondo dopo gli Stati Uniti, dove ce ne sono 2.860.
Nel 2017 sono stati 18 mila gli interventi chirurgici effettuati nel nostro paese con l’ausilio di questo sistema mini invasivo utilizzato soprattutto in urologia (quasi il 60% del totale degli interventi effettuati), chirurgia generale (16%) e ginecologia (10%), ma che viene sempre più spesso impiegato anche in chirurgia cardiaca, toracica, ortopedica e dei trapianti.
Per quanto riguarda gli interventi chirurgici robotici in ortopedia, l’Italia è punto di riferimento a livello internazionale: nel 2011 proprio nel nostro Paese, più precisamente a Verona, alla Clinica San Francesco, il robot Mako è stato utilizzato per la prima volta in Europa per effettuare interventi protesici mini-invasivi su anca e ginocchio. Oggi il Centro di Ortopedia Robotica Europeo (CORE) della struttura veneta richiama giovani chirurghi da tutto il mondo per imparare questa moderna tecnica operatoria, che consente di risolvere le principali patologie di anca e ginocchio aumentando la precisione durante l’intervento e diminuendo i tempi di recupero del paziente.
La Clinica San Francesco e il suo chirurgo ortopedico Piergiuseppe Perazzini, detengono il primato nazionale di implantologia di protesi d’anca e ginocchio con tecnica robotica che quest’anno, 2018, festeggia i suoi primi 3 mila interventi. Nel corso dell’anno, fino al 31 agosto, sono stati 5mila gli interventi totali realizzati in Italia e di questi 2164 dal dottor Perazzini nella Clinica San Francesco di Verona. Un primato che il veronese Perazzini detiene ormai dal 2011 quando fu lui stesso a effettuare il primo intervento di impianto protesico di ginocchio fuori dagli Stati Uniti.
Il sistema Mako permette al chirurgo di intervenire manovrando il »braccio» della macchina assistito da un sistema computerizzato posto nella sala operatoria rendendo possibile una precisione dell’attività chirurgica non raggiungibile con altre tecniche, offrendo altresì la possibilità del monitoraggio micrometrico continuo sia del posizionamento dei componenti della protesi sia, nel caso del ginocchio, della tensione dei ligamenti, che può essere dosata in misura ottimale. Il tutto a vantaggio della funzionalità della protesi e della celerità della ripresa postoperatoria.
Così come in campo ortopedico, anche in urologia si è registrato il grande successo della robotica, dovuto alla precisione del robot nell’accedere ad anatomie complesse, minore perdita di sangue e minori traumi che si traducono per il paziente in una degenza post operatoria relativamente breve e un minore rischio di subire gli effetti collaterali che questo tipo di intervento comporta come incontinenza e disfunzione erettile. Oltre al tumore alla prostata, 36 mila nuovi casi ogni anno in Italia e 700 decessi, di recente anche la chirurgia del rene si è avvalsa dei robot.
Unica perplessità, sollevata dagli stessi addetti ai lavori, riguarda l’eventualità che, operando con questo sistema, i chirurghi possano progressivamente perdere la capacità di intervenire senza l’ausilio del robot. «Non credo, anzi la capacità viene amplificata – sostiene Piergiuseppe Perazzini, responsabile di ortopedia e traumatologia della Clinica San Francesco – ovvero, riesce a dare al chirurgo possibilità maggiori per realizzare quello che vuole. Il robot non è altro che un esecutore materiale di quello che il chirurgo ha progettato e deciso di realizzare».