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Morire d’insonnia: un’emergenza estiva

Sanihelp.it – L’estate è il periodo in cui con più frequenza si evidenziano disturbi del sonno. Le cause sono associate al rialzo termico presente nelle case, che impedisce il fisiologico abbassamento della temperatura corporea che si accompagna all’addormentamento, ma anche a fattori ambientali e stili di vita che in questo periodo dell’anno sono spesso associati una riduzione complessiva del numero di ore di sonno.


Spesso l’alterazione del ritmo sonno-veglia finisce poi con lo stabilizzarsi, aprendo le porte all’insonnia cronica. Si deve inoltre considerare che l’insonnia è spesso un sintomo premonitore di patologie psichiatriche, dai disturbi d’ansia alla depressione.

«L’attenzione al riposo appare sottovalutata – ammette Gianmarco Giobbio, psichiatra del Centro Sanitatem Mentis che il Fatebenefratelli ha aperto recentemente a Cernusco sul Naviglio (Milano) – Gli studi epidemiologici dimostrano che l’insonnia è associata a un significativo incremento di mortalità a causa di malattie cardiovascolari, diabete, ipertensione, disturbi respiratori, obesità».

Studi metanalitici indicano come chi dorme un numero di ore inferiore a 5 ha un rischio di morte maggiore del 33% a parità delle altre condizioni, rispetto ai soggetti che dormono un numero di ore compreso tra 7 e 8. Ma anche chi dorme troppo (più di 9 ore) presenta un rischio di mortalità aumentato di oltre il 12%.

Si calcola che circa il 10% della popolazione ne soffre in modo cronico. Che il problema sia sottovalutato lo dimostrano i dati che indicano come il 60% degli insonni cronici non ne ha mai parlato con il medico. Le categorie a più alto rischio sono gli anziani, le donne, in presenza di concomitanti fattori sociali stressanti (divorzi, separazioni, vedovanza, perdita del lavoro, difficoltà economiche). «L’insonnia è patologica – spiega Giobbio  – se è caratterizzata da una riduzione del numero di ore di sonno rispetto alle abitudini del soggetto ed è associata a sintomi diurni quali stanchezza, ridotta energia, irritabilità, disturbi dell’umore, sonnolenza.

Vi è poi una tipologia di insonnia atipica, caratterizzata da un sonno non ristoratore, per cui il soggetto, pur dormendo un numero di ore complessivamente adeguate, mantiene la sensazione diurna di stanchezza e sonnolenza. Si fa diagnosi di insonnia se il disturbo è frequente (almeno 3 notti la settimana) e si prolunga per almeno un mese».

«Il primo intervento consigliato – aggiunge lo specialista – riguarda la messa in atto di stili comportamentali che favoriscano la comparsa di un sonno fisiologico quali evitare attività troppo energiche nelle ore serali, ridurre l’uso di schermi o telefonini, ridurre la luminosità nelle stanze ove si soggiorna, preferendo tonalità calde, esporsi a luce intesa al risveglio la mattina per almeno 20-30 minuti.

Il trattamento farmacologico deve essere limitato ai casi di insonnia acuta sporadica o ai casi più complessi in associazione ad altre patologie, soprattutto psichiatriche. Nel primo caso è utile l’uso della melatonina o di ipnotici non benzodiazepinici. Se l’insonnia non si risolve in tempi rapidi o il trattamento si rivela inefficace, occorre rivedere la terapia». 

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