Sanihelp.it – A uccidere oltre 50 milioni di persone in tutto il mondo durante il periodo della Grande influenza negli anni 1918 e 1919 fu in realtà una superinfezione, cioè una malattia respiratoria causata da batteri in grado di attaccare tutta una serie di pazienti già debilitati pesantemente dal virus influenzale. E il batterio indiziato numero uno è lo Streptococcus pneumoniae.
È questa la dirompente conclusione scientifica del professor Keith Klugman della Emory University e del suo team su quale fu la vera causa della più grave forma di pandemia che la storia dell’umanità abbia mai registrato.
«Nel 1918 non erano disponibili né vaccini né trattamenti farmacologici efficaci – spiega Klugman – mentre oggi gran parte della popolazione è coperta da vaccini contro lo pneumococco, che causa polmoniti e/o meningiti. In un’era di antibiotici e di vaccini probabilmente la stessa pandemia farebbe molti meno morti».
La rivoluzionaria teoria, contenuta in uno studio pubblicato sulla rivista specializzata Emerging Infectious Diseases, è anche riportata sul sito del CDC (Center of Disease Control and Prevention) e sostiene che a causare gli alti tassi di mortalità dell’epoca non fu tanto l’influenza in sé stessa, quanto una complicanza che sorse in conseguenza della malattia, appunto un’aggressiva infezione dovuta allo Streptococcus Pneumoniae.
Vicenda che in qualche modo si ricollega con quello che sta succedendo in questi giorni. «Quest’anno i pericoli per la nostra salute si moltiplicano – spiega il professor Fabrizio Pregliasco, Infettivologo dell’Università di Milano – agli abituali 4-5 milioni di casi di influenza stagionale, si stanno sommando quelli dell’influenza suina, raddoppiando o addirittura triplicando il numero delle persone costrette a letto».
Ma c’è un altro nemico, a volte persino letale, in agguato: la polmonite. «Questa patologia insorge molto spesso proprio come complicanza dell’influenza. Si calcola che tra tutti i casi di polmonite, ben il 70% sia frutto di una superinfezione, provocata da un agente patogeno molto aggressivo, lo pneumococco», dichiara Paolo Bonanni dell’Università di Firenze intervenuto al Summit. Insomma potremmo assistere a quello che poco meno di un secolo fa accadde per la spagnola.
Tuttavia esiste una via d’uscita: la si percorre vaccinandosi sia contro l’influenza che contro lo pneumococco. Esistono 3 vaccini contro lo pneumococco, 2 già disponibili e uno in arrivo, ma soltanto uno fra i due a oggi presenti sul mercato è in grado di prevenire la polmonite indicazione per le polmoniti, il 7valente.
«E proprio sulla base dell’esperienza clinica del 7valente, di cui in dieci anni sono state impiegate oltre 200 milioni di dosi- conclude Bonanni – si attende per i primi mesi del 2010 un nuovo vaccino antipneumococcico coniugato 13-valente, perfezionamento del 7valente. In particolare questo nuovo vaccino potrà essere utilizzato, non più solo per i bambini, ma anche per gli anziani, con l’aspettativa che i significativi risultati ottenuti nella prima fascia di età si possano replicare anche a vantaggio di chi ha una certa età ed è vittima preferenziale della polmonite».