Sanihelp.it – Amanti di pasta e olio d’oliva tremate: da oggi la dieta mediterranea, candidata a diventare patrimonio culturale dell’Unesco, ha un nuovo concorrente: la dieta padana.
La proposta arriva nientemeno che dal sottosegretario al ministero del Welfare, Francesca Martini, veronese doc che punta a salvaguardare la tradizione, culinaria e non, della sua terra.
E così suggerisce una dieta a base di riso, legumi, formaggi, insaccati e soprattutto di polenta e cassoeula, tipico secondo settentrionale a base di carne di maiale e verze (maglio se gelate dall’inverno).
Immediata la polemica scoppiata sul caso, in sapore – è proprio il caso di dirlo – di federalismo gastronomico.
Gli amanti della dieta padana gioiscono, gli esperti di nutrizione un po’ meno, e accolgono la proposta con un nì: dieta nordica sì, ma rivisitata e corretta.
In altre parole, se il consumo di cereali integrali come il riso o il grano saraceno della polenta taragna è indicato in una dieta completa e nutrizionalmente bilanciata, quello di salumi e formaggi grassi andrebbe preso con le pinze. Per non parlare poi dell’utilizzo abbondante di burro al posto del mediterraneo olio d’oliva.
Eppure, alla faccia del colesterolo, gli appassionati del genere sembrano essere in continua crescita: basti pensare che il Taleggio, formaggio DOP proveniente dall’omonima valle bergamasca, ha raggiunto nel 2007 la produzione di 4 milioni e 400 mila forme da 2 chilogrammi l’una. Alla faccia della linea.
La guerra tra dieta del Nord e dieta del Sud, insomma, è cominciata.