Sanihelp.it – Nel 1900, il farmacista Emile Coué era famoso a Troyes (Aube) per le sue parole incoraggianti: questo le farà bene, la sua salute migliorerà… Di conseguenza, i suoi clienti erano convinti che i farmaci funzionassero meglio quando li dispensava lui. Il farmacista elaborò quindi una teoria sul potere curativo dell'autosuggestione, seguita da una terapia: la ripetizione, per venti volte di seguito, mattina e sera, del mantra ogni giorno, da ogni punto di vista, sto sempre meglio.
L'efficacia del metodo Coué nel farci sentire meglio quotidianamente rimane ampiamente dibattuta. Ma il principio dell'autosuggestione ha dato origine a numerose pratiche di sviluppo personale, tra cui la legge dell'attrazione, secondo la quale è possibile ottenere tutto ciò che si desidera purché lo si desideri con forza. Tutte queste pratiche hanno una cosa in comune: l'idea che il pensiero sia un'energia che tende a materializzarsi nella realtà, spigano gli psicologi. Il che è vero… e falso!
I limiti del metodo Coué
Nessuno studio scientifico rigoroso è riuscito a dimostrare i benefici del metodo Coué.Peggio ancora: ripetere la formula potrebbe contribuire a una spirale negativa del nostro umore. È quanto hanno dimostrato i ricercatori dell'Università di Waterloo (Canada): per 4 minuti è stato chiesto a una sessantina di volontari di scrivere le proprie emozioni. Alla metà di loro è stato anche chiesto di ripetere a se stessi Sono una persona gentile ogni 15 secondi. Sorprendentemente, alla fine dell'esperimento, i partecipanti del gruppo delle frasi positive con bassa autostima, aveva l'umore a terra. Ma non c'è da sorprendersi, questo è ciò che in psicologia gli esperti chiamano dissonanza cognitiva.
Ripetersi frasi motivazionali che non sentiamo autentiche – come sono una persona meravigliosa – può avere l’effetto opposto a quello desiderato. Invece di rinforzare la nostra autostima, il cervello riconosce che c’è uno scarto tra ciò che diciamo e ciò che sentiamo davvero. Questo contrasto può attivare meccanismi autoironici o cinici, cioè una sorta di voce interna che commenta con sarcasmo o distacco ('sì, certo, come no'), rendendo inefficace, se non dannosa, l’affermazione positiva.
Allo stesso modo, affermare ogni giorno sto sempre meglio quando si convive con una malattia cronica può diventare una forma di negazione della realtà. Invece di affrontare con lucidità e gentilezza la propria condizione, si rischia di costruire una narrazione forzata che esclude la possibilità di accettare il dolore, ascoltarlo e integrarlo nel proprio percorso. L’accettazione non significa rassegnazione, ma è un primo passo per prendersi cura di sé in modo realistico e profondo.
Perciò, le frasi motivazionali funzionano solo se risuonano con la nostra esperienza interiore. Altrimenti, possono generare reazioni di rigetto o distacco.
Affermazioni positive: quando possono essere davvero utili?
Le piccole frasi positive possono comunque essere utili, a determinate condizioni…
Per migliorare la concentrazione. Quando cerchiamo di ripetere frasi di autosuggestione, mobilitiamo tutta la nostra attenzione. Il messaggio non è importante. Ciò che conta è che, costringendo la mente a concentrarsi, la formula ripetuta le impedisce di ruminare e andare alla deriva. In altre parole, se ripetere ogni giorno, da ogni punto di vista, sto sempre meglio non permette di verificare i benefici di questa affermazione nella vita reale, il mantra può essere un buon supporto per una sessione di meditazione.
Sviluppare la gratitudine. Le tecniche di pensiero positivo (compreso il metodo Coué) vengono solitamente utilizzate con l'obiettivo di ottenere qualcosa, spiegano gli psicologi. Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato che le persone che esprimono regolarmente la propria gratitudine sono più felici. Da qui un'abitudine facile da adottare: ogni sera, elencare tre cose per cui si è grati.
Lavorare sull'ottimismo. Immaginiamo di aver appena sbagliato una ricetta. Il pessimista darà tutta la colpa del fallimento a se stesso: Tanto non sono bravo. L'ottimista, invece, attribuirà l'insuccesso a un evento specifico, una tantum: Oggi sono stanco. Per evitare di passare dal pessimismo alla depressione, è bene costringersi a pensare come l'ottimista: Non sono [qualificatore generico e negativo], sono [causa unica e specifica]. Ad esempio: Non sono un disastro / incapace / inutile; sono stanco / distratto / sotto pressione in questo momento.
Pensare non basta: bisogna agire!
Il pensiero è il risultato dell'attività neuronale. Sebbene abbia un impatto fisico, attraverso la cascata di ormoni che innesca, questo è limitato. In altre parole, se si vuole raggiungere un obiettivo specifico (trovare l'amore, curare una malattia, essere più apprezzati…), pensarci molto intensamente e/o molto spesso non ha alcun impatto in sé, perché solo il nostro comportamento influenza il nostro ambiente. Per progredire, bisogna agire!