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Educazione sessuale: quando parlarne con i figli

Giovani

Sanihelp.it – A che età è corretto parlare di educazione sessuale con il proprio figlio o la propria figlia? Quali parole dovrebbero essere usate? Qual è l'approccio più indicato? Posso contare sul pediatra di famiglia? Quanto conta la scuola? Ci sono differenze tra maschietti e femminucce? Se anche voi siete genitori di figli o figlie adolescenti, probabilmente vi siete posti queste e altre domande per tentare di affrontare al meglio questo delicato argomento.


Un intervento di educazione sessuale, in realtà, non consiste in una lezioncina che si fa al bambino in un determinato momento. È piuttosto una educazione che si costruisce e che coinvolge non solo la sessualità ma anche il comportamento, la costruzione del sé e l'autostima. Dunque, anche l'educazione alla sessualità comincia già dall'educazione generale che i genitori danno ai propri figli. Un bambino che viene educato al rispetto per sé e per gli altri, alla propria integrità e alla propria dignità, è un bambino che già comincia ad avere basi educative che poi saranno importanti anche nell'ambito della sessualità.

Secondo il Global Early Adolescent Study dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), intervenire più precocemente è davvero fondamentale, perché gli stereotipi sulla sessualità sono quelli che si inculcano prima nella mente dei bambini. «È bene che già dalle età più precoci fino alle più grandi vi sia una formazione continua. Si è infatti visto che quando si fanno questi progetti e quando si svolge un'educazione sessuale completa, si assiste a una diminuzione delle gravidanze precoci e delle malattie sessualmente trasmesse, a un aumento dell'uso dei contraccettivi e a un numero inferiore di relazioni insane» spiega  la dottoressa Maria Carmen Verga, pediatra segretario nazionale della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps). «I genitori sono le figure deputate a prendere per mano un bambino, un adolescente e insegnargli quale sia la strada corretta da percorrere nell'ambito della sessualità. Sono infatti loro che hanno i figli in casa, che li vedono davanti alla televisione, che possono parlare con loro di qualunque argomento. L'aiuto che i genitori devono dare ai pediatri, dunque, è davvero grande e parte tutto da loro. La famiglia, però, deve essere formata nella comprensione dell'importanza di questo tipo di educazione».

«A tal proposito la nostra Società scientifica ha realizzato il progetto Chiedi a me (https://www.sipps.it/wp/wp-content/uploads/2023/12/SIPPS_booklet_2023_HR_singole.pdf), un vero e proprio booklet di ginecologia e di educazione alla salute che contiene video della durata di un minuto, destinati non solo agli adolescenti ma anche ai genitori, proprio per sapere come e quali parole usare per rispondere alle domande dei propri figli, ma possibilmente anche per intuire tali domande. È un progetto estremamente importante, perché le tematiche sono spiegate sempre sulla base di evidenze scientifiche» aggiunge il presidente della Sipps, Giuseppe Di Mauro.

È evidente che per fare questo, il genitore deve crescere il bambino in un clima di confronto, di apertura, cercare di sollecitare la confidenza del proprio figlio, di fargli capire che non devono esistere tabù o chiusure rispetto a qualsiasi tipo di curiosità che lui o lei possano avere.

Maria Carmen Verga tiene però a ribadire che «non esiste una educazione esclusivamente sessuale. Noi, infatti, non abbiamo una persona suddivisa in compartimenti stagni. Abbiamo, invece, una persona che è un tutt'uno e tutto ciò che interviene in quella persona influisce sul resto. Per il nostro ordine mentale tendiamo a catalogare cose come sessualità, educazione, apprendimento scolastico, ma in realtà sono tutte componenti della crescita e dello sviluppo del bambino che si intersecano l'una con l'altra. Ecco perché educare un bambino anche nella semplice buona educazione è una cosa che poi si può ripercuotere in futuro anche nei suoi rapporti di coppia. Dare al bambino la soddisfazione delle proprie capacità è una cosa che gli dà autostima, una cosa che lo porterà a crescere libero. E lo stesso vale per la sessualità: se il bambino pone una domanda su questo tema e la domanda non cade nel vuoto, il bambino stesso vivrà la propria sessualità senza particolari inibizioni, sicuramente in modo molto più sereno».

A quale età è dunque corretto parlare di educazione sessuale con un bambino? «Le linee guida dell'Oms e dell'Unesco pubblicate nel 2020, quelle in base alle quali dobbiamo parlare di una educazione sessuale completa, suggeriscono a pediatri e genitori di affrontare l'argomento fin dalla primissima infanzia» chiarisce Immacolata Scotese, pediatra di famiglia a Campagna, provincia di Salerno. «Dai 3 ai 5 anni si può iniziare ad insegnare i nomi corretti dei genitali senza usare soprannomi, per esempio. L'abitudine che abbiamo a tutte le latitudini di dare un soprannome agli organi genitali maschili e femminili va abolita. Questo, ad esempio, perché i predatori sessuali hanno la tendenza ad utilizzare il nome scientifico dicendo Mi fai vedere il pisellino? Se noi indichiamo l'organo genitale con il nome corretto e non con il soprannome, a quell'età gli conferiamo già una maggiore autoconsapevolezza e uno strumento per potersi difendere. Dai 3 ai 5 anni, l'età prescolare, bisogna poi favorire il rispetto delle proprie parti, cioè avere rispetto delle zone intime del proprio corpo ma anche del proprio spazio corporeo. Nei bambini un po' più grandi, quelli tra i 6 e gli 8 anni, la cosa importante sarebbe rispondere alle domande spontanee sulla riproduzione senza anticiparle. Ma bisogna farlo in modo semplice, non fantasioso, non poetico, cercando di aumentare la consapevolezza dei propri limiti e del proprio corpo. Quando entriamo nella pre-adolescenza e nell'adolescenza, quindi a partire dai 9 anni, l'Organizzazione mondiale della sanità e l'Unesco invitano poi ad accogliere i cambiamenti della pubertà e, soprattutto, delle emozioni che l'accompagnano.

«In queste linee guida sia l'Oms che l'Unesco pongono molto l'accento sulle emozioni, sulle emotività, sul rispetto e sull'accettazione del sé. Quando poi il ragazzo, la ragazza, sono un po' più maturi, quindi verso i 12-13 anni, le linee guida individuano le modalità per parlare anche di prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse e di contraccezione. Probabilmente, però, parlare di contraccezione a 13 anni è un po' tardi, se si considera che l'età del primo rapporto sessuale si è notevolmente abbassata. L'importante è non far radicare in questi ragazzi concetti sbagliati» continua l’esperta che sottolinea come sia fondamentale per gli adolescenti, avere sempre a disposizione la doppia contraccezione.

Cosa possono fare i genitori per supportare i pediatri? «L'Oms ha stilato alcuni punti. Il primo è creare un ambiente di ascolto aperto e senza giudizio: i ragazzi si devono sentire a proprio agio, ma questo è un ambiente che si costruisce nel tempo, non si improvvisa. Il genitore dovrebbe essere una persona aperta e accogliere le differenti posizioni sul tema dell'inizio dell'attività sessuale. Un genitore non si deve solo preoccupare di queste tematiche, ma piuttosto se ne deve occupare. Lasciamo dunque che le domande che pongono i nostri figli siano accolte, mentre se siamo in difficoltà o non sappiamo rispondere non rispondiamo, potremmo dire che ne riparliamo una seconda volta, con onestà. Se i ragazzi esprimono dei dubbi, accogliamo questi dubbi e condividiamoli» prosegue Scotese. «Quello che i genitori devono fare è dare informazioni certe sull'obiettivo, che è quello di proteggere i ragazzi dalle malattie sessualmente trasmesse e anche dalle gravidanze indesiderate. In una società come quella odierna è dunque fondamentale mantenere un ascolto aperto e privo di giudizio».

Il secondo punto stilato dall'Oms si sofferma sulle modalità di parlare ai figli. «Bisogna far sì che l'argomento delle conversazioni sia affrontato brevemente ed è fondamentale approfittare del momento: ad esempio, se la televisione lancia un input su un determinato tema, io ne devo approfittare per parlarne con mio figlio, mia figlia, ma senza fare tutto un capitolo sulla contraccezione. I genitori, dunque, dovranno essere bravi a parlare con i propri figli senza ricorrere a tecnicismi, a meno che non siano gli stessi ragazzini a chiederlo» conclude Scotese.

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FonteSIPPS

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