La dermatite nodulare bovina, anche detta Lumpy Skin Disease, LSD), è una malattia esotica dalla quale finora l’Italia è rimasta indenne, ma qualche caso verificatosi in un allevamento sardo dal quale ci sono stati movimenti verso la Lombardia fa sì che si debba occuparsene. Fortunatamente non colpisce le persone, e viene trasmessa da insetti ematofagi, come alcune specie di zanzare o mosche, o dalle zecche. La trasmissione per contatto diretto è poco importante in quanto piuttosto rara, mentre è ritenuta possibile la trasmissione indiretta attraverso materiale contaminato da saliva infetta (alimento e acqua in mangiatoie e abbeveratoi comuni).
L’animale infettato presenta noduli sulla pelle, febbre, aumento della salivazione, lacrimazione, scolo nasale mucoso, cheratite e linfoadenomegalia e, nei casi più gravi, può arrivare al decesso, soprattutto se non ha mai avuto contatti precedenti con il virus, un Capripoxvirus (CaPV) appartenente alla famiglia Poxviridae geneticamente e antigenicamente correlato al Poxvirus ovino (SPV) e al Poxvirus caprino (CPV). I noduli, più o meno numerosi, sono distribuiti sulla cute di tutto il corpo in particolare sulle regioni della testa, del collo, delle mammelle e del perineo. La malattia può causare aborto nelle femmine e orchite (infiammazione dei testicoli) associata a infertilità temporanea o permanente nei maschi. Il recupero dalla malattia è molto lento e gli animali possono aver sviluppato forme respiratorie o mastiti/orchiti con conseguente calo di produzione lattea e di fertilità della mandria. Inoltre, i noduli lasciano profonde cicatrici sulle pelli causandone il deprezzamento. Il problema economico che ne deriva è rilevante, considerato anche che spesso i capi vengono abbattuti per evitare la diffusione della malattia virale. Esiste la possibilità di vaccinare per controllare l’infezione.
Il 23 giugno u.s. si è riunita al Ministero della Salute l’Unità centrale di crisi, convocata dalla Direzione generale della salute animale, che ha immediatamente disposto tutte le misure previste dalla normativa per la gestione del problema, compresa l’istituzione delle zone di protezione e sorveglianza per un totale di 50 km intorno al focolaio.