Sanihelp.it – L’Helicobacter pylori è presente comunemente nel corpo umano e generalmente non causa di alcun malessere. Tuttavia gli esperti credono che questo batterio contribuisca alla formazione di lesioni ulcerose allo stomaco, anche se l’esatta ragione per cui ciò accade e perché solo in alcuni individui, è ancora sconosciuta.
Non sono ancora ben chiarite le stesse modalità della diffusione tra le persone dell’Helicobacter pylori. Una delle ipotesi è che i batteri si trasmettano attraverso acqua o cibo contaminati da materia fecale. Un’altra possibilità è la diffusione dell’Helicobacter pylori tramite il contatto bocca a bocca, ovvero tramite il bacio, visto il ritrovamento del batterio nella saliva di alcune persone infette. Secondo gli autori del nuovo studio è inoltre provato che più della metà dei/lle consorti dei pazienti affetti da ulcera, presentano l’infezione da Helicobacter pylori.
Quando però i ricercatori, quando esaminato un gruppo di 183 pazienti, portatori dell’infezione da Helicobacter, con sospetto di ulcera, non hanno trovato prove della trasmissione del batterio ai rispettivi partner.
Il Dott. W. Luman, e i suoi colleghi del Singapore General Hospital, hanno pubblicato le loro scoperte nel recente numero di luglio dello “European Journal of Gastroenterology and Hepatology”.
I pazienti esaminati dallo studio, accusavano dolori allo stomaco e difficoltà digestive; sono stati sottoposti a una gastroduodenoscopia(EGDS) e al test per il rilievo dell’Helicobacter Pilori; la presenza dell’Helicobacter pylori è stata rilevata in 89 pazienti. Trentuno tra le consorti di questi pazienti, sono stati sottoposti/e successivamente al test per l’individuazione del batterio.
I ricercatori hanno scoperto che, sebbene il test sia risultato positivo nella metà dei partner, nessuna delle coppie presentava lo stesso ceppo del batterio.
In base a questi risultati, il gruppo di ricerca di Luman conclude che è improbabile che la trasmissione “da bocca a bocca” tra i partner sia una significativa modalità di passaggio.
Tratto da “European Journal of Gastroenterology&Hepatology” (anno 2002)