Sanihelp.it – Il miele grezzo, ovvero il miele che non è stato riscaldato, pastorizzato o trattato in alcun modo, è efficacemente utilizzato da millenni per la cura delle infezioni, un impiego la cui efficacia è stata confermata da numerose ricerche scientifiche compilate in epoca recente, che hanno dimostrato come alcune proteine presenti nel miele possano essere impiegate per trattare le infiammazioni della pelle, le ustioni e addirittura per contrastare il dilagante fenomeno dell’antibiotico-resistenza.
Ma da cosa derivano le proprietà antimicrobiche di questo nettare tanto dolce quanto prezioso?
Uno studio effettuato da un gruppo di ricercatori dell'Università di Lund, in Svezia, ha identificato un gruppo di 13 batteri lattici (così chiamati perché convertono il lattosio e altri zuccheri in acido lattico) presenti nel miele fresco, che sembrerebbero essere responsabili della produzione di una miriade di composti antimicrobici dai potenti effetti curativi.
«Nella maggior parte dei casi, gli antibiotici contengono un principio attivo efficace contro una stretta gamma di batteri. L’azione congiunta di questi 13 batteri lattici invece produce il tipo di composti antimicrobici più indicato per contrastare la minaccia presente nell’organismo – spiega Tobias Olofsson, tra i compilatori dello studio – Il miele prodotto dalle api sembra aver funzionato bene per milioni di anni nel preservare la salute umana dall’attacco di microrganismi dannosi, tuttavia spesso il miele in commercio non contiene i batteri lattici, motivo per cui, negli ultimi tempi, molte proprietà di questo speciale nettare sono andate perse».
Peraltro, l’effetto protettivo di questo prezioso prodotto è stato recentemente studiato anche nel corso di una sperimentazione promossa dal Consorzio Nazionale Apicoltori (Conapi) in collaborazione con la dottoressa Renata Alleva, che ha evidenziato come i polifenoli contenuti nel miele riducano il danno al DNA indotto dai pesticidi.
Nello specifico, la somministrazione di miele di bosco biologico su alcuni campioni della popolazione residente in Val di Non, in prossimità di aree agricole a coltivazione intensiva di mele, ha determinato in soli dieci giorni un aumento dell’attività di riparazione del DNA con conseguente riduzione del danno, un risultato che dimostra come l’alimentazione, anche in condizioni ambientali sfavorevoli, possa essere di aiuto a contrastare i danni indotti dall’ambiente.
«Siamo soddisfatti di aver sostenuto questa ricerca poiché rappresenta un'ulteriore prova dell'importanza delle api per la nostra vita e per il nostro pianeta – dichiara Diego Pagani, Presidente Conapi – Non solo perché sono responsabili di almeno 70 delle 100 principali colture agricole e quindi fondamentali per il mantenimento della biodiversità e, di conseguenza, della ricchezza alimentare, ma anche perché il loro prodotto principale, il miele, si conferma essere un elemento davvero eccellente per il nostro benessere».