Sanihelp.it – È documentato che uomini e donne hanno una diversa predisposizione, anche genetica, a sviluppare le malattie dell’apparato cardiovascolare e che l’infarto ha un’incidenza più alta negli uomini. «Questo fattori hanno portato a sottostimare la malattia cardiovascolare sia dai clinici sia dalle donne stesse, originando un problema di rilevanza clinica, sociale ed economica – spiega la dottoressa Paola Centeleghe, responsabile della struttura semplice di Cardiologia Riabilitativa dell’ASST Gaetano Pini-CTO – La prevenzione è possibile e doverosa». Ecco 10 cose da sapere.
I fattori di rischio impattano più sulle donne. È stato dimostrato che alcuni dei principali fattori di rischio cardiovascolare (familiarità, fumo, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, diabete, sovrappeso, sedentarietà) impattano in misura maggiore sul genere femminile rispetto al maschile. Per esempio le donne che fumano sono esposte 5 volte di più al rischio di infarto miocardico rispetto agli uomini fumatori.
Esistono più fattori di rischio. Sono stati identificati dei potenziali fattori aggiuntivi per le donne rispetto agli uomini, come le malattie autoimmuni, l’anemia e la sindrome metabolica.
La prima di causa di morte per le donne sono le malattie cardiovascolari. In Europa, Italia inclusa, la loro incidenza è largamente superiore a ogni altra causa di morte, incluso il tumore della mammella.
La malattia coronarica si presenta con ritardo. Le donne sviluppano la malattia coronarica con un ritardo di circa 10 anni rispetto agli uomini, in una fase della vita in cui si presentano di solito maggiori comorbidità (diabete, insufficienza renale, vasculopatia periferica) che complicano il decorso e la gestione della malattia
L’infarto per uomini e donne non si presenta allo stesso modo. Nelle donne spesso vi è assenza dei sintomi tipici (dolore al petto con irradiazione al braccio sinistro), con conseguente ritardo nell’accesso al Pronto Soccorso.
La rivascolarizzazione è più complessa. L’angina si manifesta in forma più severa, inoltre si osserva una minore prevalenza di malattia dei grossi vasi, fatto che comporta maggiori difficoltà tecniche nelle procedure di rivascolarizzazione, sia chirurgica sia percutanea.
La gravidanza può creare problemi al cuore. La gravidanza e le sue eventuali complicanze (ipertensione, diabete) aumentano il rischio di malattie cardiache nella madre e a volte anche nel feto.
La menopausa è un altro periodo a rischio. Comporta la scomparsa dell’effetto protettivo esercitato durante l’età fertile dagli estrogeni con conseguente incremento della prevalenza di alcuni fattori di rischio (oltre il 50% delle donne sviluppa ipertensione ed ipercolesterolemia, più del 60% sono in sovrappeso o francamente obese) e quindi delle malattie cardiovascolari.
Depressione, ansia e stress possono provocare crepacuore. Oltre alla depressione, ansia e stress costituiscono fattori di rischio cardiovascolare con maggior impatto sul sesso femminile. In particolare, possono essere responsabili della sindrome di Tako-Tsubo, una forma di infarto tipicamente femminile. Il fattore determinante è rappresentato da una condizione di stress psichico acuto con immissione in circolo di elevate quantità di catecolamine (lutto, panico) per cui è nota anche come sindrome del crepacuore.
Spesso le donne non vengono indirizzate alla riabilitazione. Dopo un evento acuto (infarto, angioplastica coronarica, scompenso) le donne vengono indirizzate a un programma di riabilitazione in misura inferiore (circa il 20% in meno) rispetto al genere maschile, pur essendo stato dimostrato che possono beneficiare di un programma di attività fisica ed educazione sanitaria quanto gli uomini.