Sanihelp.it – Se un tumore è benigno, non si parla di cancro. Le sue cellule sono considerate tumorali perché si moltiplicano più del dovuto, andando a formare una massa che può assumere anche dimensioni considerevoli. Queste cellule però conservano le caratteristiche del tessuto di origine e non hanno la tendenza a invadere gli organi circostanti, né a produrre metastasi in altre parti del corpo diffondendosi attraverso i vasi sanguigni o linfatici, come accade alle cellule cancerose.
La massa che si forma resta sempre ben delimitata, spesso racchiusa in una sorta di capsula. Si procede comunque in alcuni casi all’asportazione perché, pur essendo di natura benigna, la formazione potrebbe degenerare e assumere le caratteristiche di un cancro; oppure perché, solo in seguito all’asportazione, è possibile esaminarla ed escludere la presenza di cellule maligne.
La natura benigna della massa tumorale non mette al riparo dalla presenza di disturbi. Un tumore benigno che si sviluppa in una ghiandola, produce in quantità eccessiva alcune sostanze, soprattutto ormoni, che alterano l’equilibrio dell'organismo. Altre volte i sintomi dipendono dalla localizzazione del tumore, che, crescendo, può comprimere i vasi sanguigni o gli organi vicini, provocando dolore o sintomi di natura molto diversa.
Il caso più importante e particolare è quello dei tumori al cervello, ostacolati nella crescita dalla rigidità della scatola cranica. La compressione che ne deriva può portare a forti mal di testa, convulsioni, disturbi d'equilibrio, della vista e dell'udito, alterazioni dell'olfatto, difficoltà di memoria, di concentrazione o di linguaggio, nausea e vomito. Per questo i tumori benigni del cervello possono essere più gravi di quelli di altre sedi e richiedono più spesso, se possibile, un intervento.