Sanihelp.it – Le malattie cardiovascolari sono comunemente percepite come un disturbo essenzialmente maschile. In realtà si tratta di una tra le principali cause di mortalità anche per la donna. Sono in Europa il killer principale del gentil sesso (responsabile del 40% di tutte le morti – il doppio di quelle causate da tutti i tumori combinati tra loro). In Italia l’infarto del miocardio uccide 33.000 donne l’anno, il triplo dei decessi causati dal tumore della mammella.
Sia nell’uomo che nella donna, la mortalità dovuta a patologie cardiovascolari aumenta con l’avanzare dell’età e con il manifestarsi dei fattori di rischio quali: ipertensione arteriosa, diabete, ipercolesterolemia, stili di vita sbagliati (abitudine al fumo, sovrappeso/obesità), inattività fisica e caratteristiche biologiche e ormonali legate al sesso. Questi fattori di rischio sono gli stessi negli uomini e nelle donne ma hanno caratteristiche e incidenza differenti.
Durante la fase fertile della loro vita infatti, le donne presentano un profilo ormonale caratterizzato dalla presenza degli estrogeni, ormoni che influenzano in senso positivo i fattori di rischio in modo da limitare, generalmente, l’insorgenza delle malattie del cuore.
La protezione esercitata dagli ormoni dura finché questi sono prodotti dall’organismo. Quando vengono meno, come succede durante la menopausa o dopo l’intervento chirurgico di rimozione delle ovaie, il vantaggio che le donne hanno avuto nel periodo fertile scompare e l’incidenza e la gravità delle malattie cardiovascolari diventano uguali, se non addirittura superiori, a quelle degli uomini.
La donna raggiunge per così dire l’uomo solo dopo circa 20 anni dalla comparsa della menopausa stessa. Ciò spiega anche perché l’insorgenza di un infarto in una donna ancora in età fertile abbia una prognosi assai più sfavorevole del medesimo evento in un coetaneo di sesso maschile.
Ecco spiegata l’importanza di una cultura della prevenzione e della diagnosi precoce, che va perseguita fin da giovani con l’aiuto del medico, che sempre più diventa una figura a misura di donna. Sempre più spesso infatti si parla di Medicina di genere. «La Medicina di genere è nata dalla necessità di considerare le fisiologiche differenze tra uomini e donne, sia nella teoria che nella pratica clinica, e si propone di segnalare le differenze di assimilazione e di risposta dell’organismo femminile rispetto a quello maschile – spiega Maria Grazia Modena, Direttore della Cattedra di Cardiologia del Policlinico di Modena – Queste differenze vanno studiate sia per i potenziali rischi, ma anche per i benefici diversi che si possono rilevare tra i generi. L’ampliamento delle problematiche di genere a molti campi della medicina permetterà di fare molti passi avanti indispensabili per considerare il genere come parametro fondamentale negli studi clinici, così da garantire la messa a punto di una salute a misura di donna».
Ma cosa rende la salute delle donne così diversa da quelli degli uomini, tanto da meritare un’apposita medicina che se ne occupi? «Ci sono diversi fattori che incidono negativamente sulla salute della donna – risponde Francesca Merzagora, Presidente Onda, Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna – Sicuramente il doppio lavoro, svolto fuori casa ma anche all’interno delle mura domestiche, la propensione femminile a occuparsi prima dei bisogni altrui che dei propri, un’attenzione alla salute femminile concentrata essenzialmente sull’aspetto riproduttivo che non sul resto e il fatto che le donne non siano incluse negli studi clinici».