Sanihelp.it – L’ADHD è un disturbo ben validato sul piano scientifico, abbastanza frequente (secondo stime nazionali e internazionali, ne soffre circa il 5% della popolazione scolare).
I bambini affetti presentano una difficoltà nel sostenere l’attenzione, modulare il livello di attività motoria e controllare gli impulsi e le emozioni in molteplici contesti (scolastico, familiare, sportivo ecc). A differenza del bambino vivace che generalmente è un leader, tali difficoltà causano in questi bambini problemi scolastici, conflitti familiari e compromissione nelle interazioni sociali che possono associarsi a rifiuto da parte dei compagni e degli adulti, con conseguente bassa autostima del bambino («Sono stupido, nessuno mi vuole»), che può presentare altre alterazioni psicopatologiche, quali disturbi d’ansia, depressivi e della condotta.
Taluni sostengono che l’ADHD non esiste. Ritengo metodologicamente inappropriato, ai fini di confutare o validare un’ipotesi, riportare l’opinione di due o tre persone senza verificarne l’attendibilità e la correttezza scientifica, e soprattutto senza analizzare la posizione che non singole persone, ma società scientifiche (che esprimono il consenso dell’intera comunità scientifica) hanno adottato su un determinato argomento.
La validità dell’ADHD è stata ben riconosciuta dalle più importanti società scientifiche di psichiatria infantile americane (American Academy of Pediatrics, American Academy ofChild and Adolescent Psychiatry), europee (European Society for Child and Adolescent Psychiatry) e italiane (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza).
Negli Stati Uniti sono stati approvati 5 principi attivi per il trattamento dell’ADHD e altrettanti approcci psico-comportamentali ed educazionali rivolti nei confronti dei bambini e dei loro genitori e insegnanti: ora, è alquanto singolare che si approvino dei farmaci e si faccia ricerca anche nel campo della psicologia clinica per una condizione di cui non si riconosce la validità scientifica.
Il trattamento farmacologico è stato approvato da tali enti in quanto la disfunzione delle molecole su cui agiscono tali farmaci (dopamina enoradrenalina) è stata ben documentata nell’ADHD, come pubblicato su riviste di prestigio scientifico internazionale. Il trattamento farmacologico va comunque considerato nel quadro di una presa in carico globale del bambino ADHD in quanto il farmaco non risolve magicamente tutti i suoi problemi.
Inoltre il trattamento farmacologico non è sempre necessario, e comunque quasi mai da utilizzare in una fase iniziale, il cui la terapia sarà legata alla presa in carico del bambino e della sua famiglia da parte di équipe multidiplinari.
Infatti l’alterazione organica di base interagisce con la storia relazionale del bambino e perciò considerare solo la disfunzione biologica è alquanto limitante. Spesso, inoltre, è necessario (direi obbligatorio) un supporto psicoeducativo per i genitori: tutte le persone che interagiscono con bambini ADHD dovrebbero ricevere una formazione scientifica appropriata, basata cioè sui dati di fatto scientificamente validati piuttosto che sull’emotività.
Ricordiamoci che dietro a questi bambini e alle loro famiglie ci sono storie conseguenti al disturbo terrificanti di emarginazione e sofferenza, aggravate dalla enorme difficoltà di ricevere oggi in Italia una giusta diagnosi e l’opportuna terapia.