Sanihelp.it – Nelle ultime settimane il suicidio giovanile sta tornando al centro del dibattito. Michele, il giovane di Lavagna e il 22enne di Rovigo che ha scelto di morire il giorno prima della (finta) laurea, sono solo alcune delle tragiche storie che la cronaca ci restituisce e raccontano un fenomeno poco considerato.
Nel nostro Paese il suicidio è la seconda causa di morte tra i ragazzi sotto i 20 anni. In Italia sono 4000 i decessi legati a questo gesto estremo, il 12% dei quali tra giovani e giovanissimi, ossia quasi 500 ogni anno.
«Sono dati drammatici – commenta il professor Armando Piccinni, presidente della Fondazione BRF Onlus – ma tante giovani vite si potrebbero salvare se ognuno di noi svolgesse il proprio compito. Noi genitori, noi medici, noi specialisti. La depressione negli adolescenti è una realtà che per la gravità e la frequenza con cui si manifesta è sottovalutata da famiglie, educatori e addetti ai lavori.
Delusioni scolastiche, sentimentali, familiari fanno parte della storia di tutti gli adolescenti da tempo indefinito. Le cause di questo incremento dei suicidi vanno ricercate altrove. Molti fanno riferimento, come possibile causa, ai cambiamenti repentini della nostra società, alla velocità con cui viviamo, viaggiamo, comunichiamo. Altri ritengono che la condizione di stress nasca dalla crisi della famiglia, dalla disgregazione dei nuclei familiari, dalla incapacità dei genitori di svolgere il loro ruolo.
La nostra è una società dai cambiamenti rapidissimi.Le vittime dei cambiamenti velocissimi di questa società sono probabilmente quei giovani che non riescono ad adattarsi con sufficiente velocità. Sarebbe necessaria la massima attenzione da parte degli educatori, dei genitori, delle strutture sociali per aiutare quei giovani che sia perché hanno una struttura personale più vulnerabile, sia perché vivono condizioni ambientali difficili hanno più bisogno di essere compresi e sostenuti.
Per non trovarci di fronte a drammi come quello di Michele o come il giovane che ha scelto di morire durante una perquisizione della finanza, dobbiamo imparare ad ascoltare i ragazzi, cercare di percepire i campanelli d’allarme che lanciano e non sottovalutarne il disagio».