Sanihelp.it – Sono circa 300 mila i maschi italiani alle prese con una disfunzione erettile grave, ascrivibile a cause diverse (dalle malattie vascolari e dismetaboliche (come il diabete), alla chirurgia per il tumore alla prostata, ai traumi subiti nell’area genitale) e che richiede il ricorso all’impianto di una protesi al pene per riconquistare una normale vita sessuale.
Eppure, fino ad oggi, per loro non c’era alcuna fonte ufficiale di informazione sulle modalità di intervento, le tipologie di protesi, le strutture e gli specialisti dedicati a questa chirurgia presenti sul territorio, tanto che dall’inizio dell’anno sono solo 200 le operazioni di questo tipo effettuate nel nostro Paese e le liste di attesa arrivano anche a 27,5 mesi.
«È ormai condiviso e riconosciuto dalla scienza e dalla società civile il ruolo della sessualità nel raggiungimento e mantenimento di una buona qualità di vita. Si tratta di un diritto da rispettare a partire dal rendere facilmente reperibili informazioni corrette sulla patologia, per finire con l’offrire risposte adeguate al problema» osserva Giorgio Franco, Presidente della Società Italiana di Andrologia.
Per questo è nato il Registro nazionale sull’implantologia peniena, prima esperienza a livello europeo, con il duplice obiettivo di migliorare il percorso di diagnosi e trattamento, costruendo per la popolazione un canale attendibile di informazione, ed rendere più efficiente il sistema mettendo a disposizione delle autorità sanitarie dati utili a delineare lo scenario. Attraverso il sito www.androprotesi.it, il Registro vuole appunto fornire ai pazienti tutte le informazioni necessarie, oltre a una lista delle strutture e dei chirurghi implantologi cui è possibile rivolgersi.
«Un intervento dura circa 2 ore e prevede il ricovero del paziente per una notte» specifica Fulvio Colombo, membro del Board Scientifico SIA del Progetto Protesica. «La chirurgia protesica prevede una risoluzione del deficit erettile nel 100% dei casi: l’attività sessuale riprende regolarmente dopo circa un mese e mezzo e non c’è alcun rischio rispetto a perdita di sensibilità, fertilità o eiaculazione. La protesi dura circa 10 anni, ma studi recenti estendono a 15 anni la durata di circa il 75% delle protesi; se la protesi sviluppa dei problemi di funzionamento si può comunque procede con la sua sostituzione».