Sanihelp.it – Hanno mediamente trent’anni, sono single, ma con una vita sessuale intensa, cambiando almeno un paio di partner ogni sei mesi. E non si proteggono durante i rapporti, almeno non abbastanza: è questo, infatti, l’identikit della maggior parte delle Italiane colpite da malattie veneree. E stiamo parlando di circa 4 milioni di donne.
È il quadro presentato all’ultimo congresso nazionale della Società di malattie infettive e tropicali e ottenuto dall’analisi dei dati forniti dalle due reti sentinella coordinate dall'Istituto Superiore di Sanità: una costituita da 12 centri pubblici specializzati nella diagnosi e nella cura delle malattie a trasmissione sessuale – che ha fornito elementi su circa 23 mila donne colpite trattate dal 1991 al 2008 – e una seconda rete che collega 13 laboratori pubblici di microbiologia, che ha permesso di analizzare i dati di circa 36.000 campioni raccolti da donne dal 2009 al 2011.
Una mole di informazioni che è servita per tracciare un quadro del fenomeno negli ultimi due decenni e verificare se anche nel nostro Paese si è registrato un aumento dei casi di infezioni sessuali, come già in altre aree europee, come Francia, Inghilterra e Germania. Si è visto così che, mentre il numero di casi infettivi è stabile dal 1991, è invece cambiato il tipo di malattie contratte. Nel 38% dei casi si tratta di infezioni aspecifiche e vaginosi batteriche, che sono però in diminuzione, soprattutto dal 1999, mentre dal 2004 si è registrata la crescita di infezioni da condilomi (che riguardano un terzo dei casi), di Clamidia e di Herpes Genitale (ciascuno riscontrato nel 6% delle pazienti).
«Le cerviciti da Clamidia, la sifilide e la gonorrea sono cresciute durante i primi anni del 2000, ora si sono stabilizzate» commenta Barbara Suligoi, direttore del Centro operativo Aids dell'Iss e responsabile dei due sistemi di sorveglianza. «Questo aumento, che è stato particolarmente evidente per la Clamidia, è in parte dovuto alle migliori tecniche diagnostiche che sono divenute progressivamente più accurate, e in parte a una diminuita percezione del rischio di infettarsi con i contatti sessuali». E proprio la Clamidia è risultata quattro volte più comune nelle under 25, con un rischio di contagio 7 volte maggiore nelle donne che dichiarano di aver avuto negli ultimi sei mesi due o più partner.
Un rischio così sottovalutato che la rete di laboratori ha identificato un 40% di donne contagiate da Clamidia ma che non riferivano alcun sintomo e che con tutta probabilità avrebbero trascurato l’infezione, favorendone ulteriormente la diffusione e rischiando anche gravi complicanze. «Le malattie sessuali aumentano di 20 volte la probabilità di sterilità nelle trentenni» avverte la dottoressa Suligoi.
Anche l’HIV è tutt’altro che un ricordo: Il 65% delle donne che hanno avuto una diagnosi di malattie sessualmente trasmissibile si è sottoposto anche al test per l'Hiv. Il 5% è risultato positivo, ma in un caso su tre si trattava di donne che non avevano neppure il sospetto di essere sieropositive eppure: « L'Hiv è sempre più un problema che riguarda tutta la popolazione, in particolar modo le donne: con un rapporto sessuale a rischio, infatti, la probabilità che la donna diventi sieropositiva è otto volte maggiore rispetto a quella del partner» rivela la dottoressa Anna Orani, già direttore struttura complessa Malattie infettive Ospedale di Lecco. Si rinnova, quindi, l’invito a proteggersi con il preservativo durante i rapporti sessuali, soprattutto se occasionali.