Non è possibile fare un esempio tipo di dieta chetogenica perché la chetogenesi è un fenomeno biologico che si può instaurare e mantenere in diverse modalità.
Esistono nel mondo dell’epilettologia diversi tipi di approccio, di seguito elencati in base alla loro rigidità, dalla dieta più restrittiva alla più liberale: la dieta chetogenica classica, la dieta MCT (basata sul consumo di acidi grassi a catena intermedia), la dieta Atkis modificata, la dieta dei bassi indici glicemici.
Il tratto comune di tutte le diete chetogeniche è la quasi totale abolizione dei carboidrati.
L’assunzione dei grassi varia a seconda del regime adottato.
Nella dieta chetogenica classica, per esempio, i grassi si assumono in un rapporto 4:1 rispetto agli altri macronutrienti, carboidrati e proteine (quindi, l’80% dei macronutrienti che si ingeriscono sono costituiti da grasso), cercando di tenere il quantitativo totale di carboidrati sotto ai 20 gr complessivi. Questo significa che per chi segue questa dieta, i grassi forniscono calorie per un 87-90% e gli zuccheri per meno del 5%.
Nella dieta Atkins modificata, invece, il rapporto tra grassi e non grassi (proteine + carboidrati) è di circa 1:1.
La piramide alimentare a cui normalmente si è abituati, nella dieta chetogenica è del tutto ribaltata: gli alimenti maggiormente consumati sono gli alimenti ricchi in grassi di origine animale e vegetale (come panna da montare e da cucina, lardo, burro), subito dopo ci sono i latticini e i formaggi insieme a salumi, insaccati, carne, pesce, uova e frutta a guscio.
Il consumo è più limitato per frutta e verdura, e pressoché assente per dolci, pasta, riso, pizza, pane e patate.
Discorso a parte meritano i protocolli dimagranti di tipo chetogenico.
Negli USA si sono molto diffusi a partire dagli anni ’70 dello scorso secolo e prevedono un duplice approccio: le diete ad libitum (tendenzialmente normocaloriche) e quelle VLCD (very low calorie diet, dieta dal bassissimo contenuto calorico).
Tra le diete normocaloriche sicuramente le più diffuse in questi anni sono la dieta Atkins e quella Dukan: si tratta di diete che formalmente non tengono conto dell’introito calorico e prevedono il consumo di cibi ad alto contenuto di grassi.
L’efficacia di queste diete è legata al fatto che l’organismo ha una certa latenza nell’adeguarsi al cambio di combustibile, al forte potere disidratante della chetogenesi, e all’elevato potere saziante di questi regimi alimentari (per un presunto potere saziante di corpi chetonici e proteine), che indurrebbero ad una progressiva riduzione dell’introito calorico dei pazienti che seguono questo regime alimentare.
In realtà, numerosi dati di letteratura evidenziano che il vantaggio nella perdita di peso per queste diete tende a scomparire nel giro di pochi mesi, a meno che non si riducano drasticamente le calorie.
Le diete VLCD, dette anche diete del “digiuno con risparmio proteico”, sono invece diete da seguire per periodi di tempo assai limitato, a cui far succedere un lento e progressivo reinserimento dei carboidrati e delle calorie, nel tentativo di tornare a un’alimentazione normocalorica e di riabilitare il paziente a una corretta educazione alimentare.
L’introito calorico è bassissimo (400-800 Kcal al dì) ma non tutti ritengono sia corretto conteggiare le calorie in questo tipo di dieta: si tratta di un vero e proprio protocollo di digiuno medicalmente assistito, in cui si assume un determinato apporto proteico, non a fini calorici, ma per preservare il mantenimento della massa magra (il sottocute, che rende cadente la pelle di chi digiuna, e in parte il muscolo) che nel digiuno si perde rapidamente.
Le calorie necessarie al fabbisogno quotidiano vengono tutte fornite dal grasso corporeo, la cui funzione fisiologica è appunto quella di far sopportare i periodi di digiuno.
Si tratta di una vera e propria liposuzione biochimica che garantisce il mantenimento di una produzione bassa, ma stabile di corpi chetonici, il cui potere saziante non fa patire la fame.