Allergie e intolleranze sono malattie poco conosciute e difficilmente diagnosticabili. Eppure colpiscono almeno 15 persone su 100, a tutte le età.
Categoria: Malattie apparato digerente
Che cos’è – Intolleranze alimentari
Intolleranze o allergie?
Alcuni alimenti possono scatenare reazioni avverse da parte del nostro corpo, sia tossiche e quindi universali che non tossiche e individuali.
Questo secondo caso è dovuto a un’alterazione immunitaria: una sostanza normalmente innocua viene percepita come una minaccia – un allergene – e attaccata dalle
difese immunitarie dell’organismo. Durante la reazione allergica, l’organismo produce le
immunoglobuline E (IgE), anticorpi che reagiscono con l’allergene scatenando un’ulteriore reazione con i mastociti (cellule dei tessuti) e i basofili.
Le reazioni non tossiche agli alimenti possono essere suddivise in due categorie: le reazioni non tossiche immunologiche, cioè le allergie alimentari, e le reazioni non tossiche non immunologiche, ossia le intolleranze alimentari.
Si tratta di patologie in forte aumento nei paesi industrializzati come il nostro, eppure ancora poco considerate. Sono purtroppo i casi di cronaca, le morti improvvise per
shock anafilattico, a portare generalmente alle luce il problema dei disturbi alimentari. Forse una maggiore informazione potrebbe evitarle.
Innanzitutto, per quanto riguarda le allergie alimentari, bisogna precisare che ne esistono di due tipi: quelle IgE mediate, che mettono in atto meccanismi immunitari, e quelle non IgE mediate, che invece implicano meccanismi non immunitari.
Il primo gruppo comprende le sindromi cutanee (dermatite atopica e orticaria acuta), le sindromi respiratorie (rinite allergica e asma bronchiale), le sindromi gastrointestinali (
vomito, diarrea, esofagite e gastroenterite) e l’anafilassi alimentare, che include reazioni angioedematose come l’angioedema della glottide e lo shock anafilattico.
Il secondo gruppo, invece, è costituito dalle patologie causate da intolleranza alle
proteine: proctocolite, enteropatia, enterocolite e celiachia sono le più diffuse.
Quando la reazione indesiderata scatenata dall’ingestione di un alimento non è mediata da meccanismi immunologici, si parla di intolleranza, e le tipologie principali sono tre:
- Intolleranze enzimatiche. Sono malattie genetiche, dovute alla mancanza degli
enzimi incaricati di metabolizzare alcune sostanze presenti negli alimenti. - Intolleranze farmacologiche. Sono dovute alla presenza, in alcuni alimenti, di sostanze dotate di attività farmacologica come quelle del gruppo delle amine biogene (dopamina,
istamina, noradrenalina, feniletilamina, serotonina e tiratina) o le metilsantine (caffeina,
teobromina e teofillina).
- Intolleranze agli additivi alimentari. Sono causate da coloranti, addensanti, conservanti, antimicrobici e antiossidanti usati nell’industria alimentare.Questa classificazione clinica, semplice e razionale, di tutte le malattie di pertinenza dell’allergia e dell’intolleranza alimentare, è stata redatta nel 1995 da un gruppo di studio dell’European Academy of Allergy & Clinical Immunology, che ha pubblicato anche le linee guida per una corretta diagnosi.
Prevenzione – Intolleranze alimentari
Proteggersi dalle allergie alimentari: chi ben comincia…
La prevenzione è un aspetto sempre un po’ trascurato in relazione ai disturbi alimentari. Invece, deve essere il medico in primis a diffondere la giusta attenzione agli aspetti di profilassi.
Innanzitutto è importante spiegare alle famiglie quali sono i fattori a rischio, come lo stress e il fumo.
Anche la profilassi ambientale è utile per eliminare acari e muffe, nemici della salute in generale ma degli allergici in particolare.
Un terzo aspetto fondamentale è la dieta, che deve essere ricca di frutta e verdura in modo da garantire il giusto apporto di vitamina E, che protegge dalle allergie e dal rischio di asma.
Una forma di prevenzione davvero anticipata, ma molto utile, è delegata alle neo-mamme: l’allattamento materno rimane la strategia più efficace per prevenire l’insorgenza di allergie alimentari.
L’effetto protettivo del latte materno è stato messo in relazione alla scarsa quantità di proteine alimentari che verrebbero trasferite al bambino, mentre gli anticorpi presenti nel latte materno avrebbero la capacità di modulare le risposte immunologiche verso eventuali antigeni.
Altri componenti importanti per questo fine sono la lattoferrina, con proprietà antinfiammatorie, il lisozima e gli oligosaccaridi.
Grazie alle conoscenze attuali sul problema, sono state formulate a livello internazionale delle linee guida relative alla prevenzione dell’allergia alimentare:
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- La dieta di esclusione preventiva, che elimina latte, uovo e pesce, in gravidanza non è consigliata;
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- L’allattamento al seno dovrebbe essere esclusivo per i primi 4-6 mesi;
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- Lo svezzamento, cioè l’introduzione di alimenti solidi, va effettuato dopo il 5° mese, quando il sistema gastrointestinale è più maturo;
- Nei lattanti con definito rischio atopico (genitori o fratelli con malattia allergica) è raccomandato l’uso di una formula la cui ipoallergenicità sia ben documentata.
I latti a base di proteina di soia, infatti, nei primi mesi sembrano essere allergizzanti quanto le comuni formule a base di latte vaccino. Anche i latti parzialmente idrolisati, con allergenicità moderatamente ridotta, non danno sufficienti garanzie per la significativa presenza residua di proteine allergizzanti.
I migliori risultati di prevenzione, in bambini ad alto rischi atopico, sono stati ottenuti utilizzando formule a base di idrolisati estensivi di caseina o di sieroproteine.
Le nuove etichette anti-allergia
Recentemente, anche per porre un freno ai casi di morte da shock anafilattico, il Parlamento Europeo ha approvato una nuova normativa per l’etichettatura degli alimenti.
Questa nuova legge stabilisce che sulle etichette di tutti gli alimenti prodotti in Europa deve obbligatoriamente essere dichiarato ogni ingrediente che superi il 2% in peso del prodotto finito, mentre prima di questa normativa l’obblogo sussisteva solo per una percentuale dal 25% in su.
Inoltre, per gli alimenti considerati comunemente allergenici la dichiarazione deve essere fatta anche per tracce minime.
Ma quali sono questi alimenti sotto stretta sorveglianza? L’elenco, approvato dall’European Food Safety Authority e inserito come Annex IIIa alla normative europea, comprende questi alimenti:
- Cereali con riguardo alla celiachia
- Cereali con riguardo all’allergia alimentare
- Pesce e crostacei
- Uova
- Arachide
- Soia
- Latte
- Noci
- Sedano
- Senape
- Semi di sesamo
- Solfiti
Tutto a posto? Non proprio.
Anche se si tratta di un grande passo avanti per la prevenzione delle reazioni anafilattiche, sono rimasti esclusi alcuni allergeni che possono essere importanti in aree geografiche specifiche.
È il caso, per fare un esempio, della pesca e delle prunoidee, causa di anafilassi in Italia, Spagna e Israele.
Ma gli allergeni considerati di serie b sono 104, e attendono deroghe alla normativa per essere inseriti nella lista calda.
Insomma, c’è ancora da lavorare.
Sintomi – Intolleranze alimentari
Dottore, sono allergico?
I disturbi alimentari si manifestano con una sintomatologia molto varia e di difficile classificazione, che però è possibile riassumere in base agli apparati interessati.
Le allergie e intolleranze alimentari, infatti, colpiscono principalmente tre sistemi: quello cutaneo, quello respiratorio e quello gastrointestinale.
Vediamoli nel dettaglio:
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- Sindromi cutanee. Si manifestano principalmente come sintomi di allergia alimentare, e comprendono orticaria acuta (raramente cronica), angioedema, dermatite atopica, prurito pungente dell’orofaringe, comparsa di vescicole nel cavo orale ed edema delle labbra.
- Sindromi respiratorie. Includono rinite,asma bronchiale, enfisema e tutti i sintomi da sindrome allergica comuni alla pollinosi (occhi gonfi e rossi, lacrimazione abbondante, bruciore alla gola, starnuti continuati ecc…)
- Sindromi gastrointestinali. Sono i sintomi più diffusi, sia per le allergie che per le intolleranze. La sintomatologia è vastissima: gonfiore, pesantezza addominale, diarrea anche commista a sangue, vomito, esofagite e gastroenterite. Questi disturbi causano spesso disidratazione e conseguente perdita di peso e di nutrienti, che in casi gravi possono portare a quadri di shock.
Altri sintomi, non legati a queste aree, sono emicrania, cefalea e difficoltà cardiache.
Uno dei sintomi più gravi e temuti è lo shock anafilattico, spesso fatale.
Le prime descrizioni di reazioni anafilattiche mortali da alimenti sono state registrate negli Stati Uniti nei primi anni ’90. La causa era sempre la stessa: l’alimento killer, o allergene nascosto, non era dichiarato nell’etichetta perché contenuto in dosi considerate molto piccole. Ma non abbastanza, evidentemente.
È stato dimostrato, grazie a studi condotti in seguito a questi primi casi, che alcuni soggetti sono talmente sensibili da mostrare reazioni allergiche anche con la sola inalazione di un alimento, in una proporzione di 5 nanogrammi su un metro cubo.
Diagnosi – Intolleranze alimentari
Smascheriamo l’allergene nascosto
Le malattie allergiche sono difficili da identificare, e spesso vengono scoperte in ritardo, con conseguenze in qualche caso fatali.
Per prevenirle e trattarle correttamente è necessario diagnosticarle al più presto, in modo da instaurare un trattamento efficace. Le linee guida dell’European Academy of Allergy&Clinical Immunology indicano in modo preciso come procedere per una corretta diagnosi.
In primo luogo bisogna svolgere un’anamnesi, cioè una raccolta e interpretazione da parte del medico dei dati emersi durante il colloquio con il paziente. In questo modo è possibile raccogliere dettagli preziosi sulla sintomatologia, soprattutto se la reazione sospetta si verifica dopo pochi minuti dall’assunzione dell’alimento.
Dopodiché, si dà il via ai test diagnostici.
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- CUTIREAZIONE: consiste nell’applicare una goccia di estratto allergenico sulla cute dell’avambraccio, facendola penetrare negli strati superficiali della pelle tramite la punta di una minuscola lancetta sterile. Le reazioni si manifestano entro 15-20 minuti dall’esecuzione del test, e sono caratterizzate dalla comparsa di un ponfo, simile alla puntura di una zanzara.
- DOSAGGIO IgE TOTALI (PRIST): il rilevamento di alti IgE totali indica uno stato allergico (dopo aver escluso infezioni da parassiti, cause anch’esse di aumento di tali livelli), ma non può essere usato nella diagnosi di specifiche allergie. Inoltre, un riscontro di valori normali non esclude la diagnosi di allergia.
- RICERCA DI IgE SPECIFICHE (RAST): viene eseguita lasciando reagire in provetta estratti di alimenti sospetti con il plasma del paziente. In presenza di allergia, gli anticorpi presenti, specifici per quell’alimento, reagiscono producendo una reazione misurabile precisamente con strumenti di laboratorio.
- TEST DI PROVOCAZIONE ORALE IN DOPPIO CECO CONTRO PLACEBO (DBPCFC): è l’arma migliore per una corretta diagnosi. Questo test, effettuato in strutture protette per poter far fronte a eventuali reazioni avverse, consiste nel somministrare al paziente l’alimento sospetto sotto forma di budino, insieme a un altro budino privo della sostanza. Nemmeno il medico sa dove si trovi il potenziale allergene, in modo da evitare l’effetto-suggestione.
Va sottolineato che i test andrebbero effettuati nell’ordine in cui sono scritti, per raggiungere via via una maggiore sicurezza nell’individuazione dell’allergene. Nel caso il sospetto sia per latte, uova o cereali, la certezza diagnostica data dal DBPCFC è obbligatoria prima di procedere all’eliminazione di uno di questi alimenti.
Per i pazienti con sintomi persistenti, possono essere utili le diete diagnostiche di eliminazione.
Il loro funzionamento è semplice: vengono esclusi dalla dieta gli alimenti fortemente sospettati, o quelli risultati positivi in altri test diagnostici. La dieta viene condotta per tre settimane, e se non si registra alcun miglioramento deve essere abbandonata.
Cura e Terapia – Intolleranze alimentari
Dieta di esclusione, una scelta obbligata
Al giorno d’oggi non esistono adeguati trattamenti per la cura definitiva delle allergie alimentari.
Una volta diagnosticata l’allergia, l’unico rimedio efficace è la cosiddetta dieta di esclusione, cioè l’eliminazione dalla dieta dell’alimento in questione.
Naturalmente la completa rimozione di un alimento, soprattutto se uno di quelli principali, deve avvenire sotto stretto controllo medico per evitare carenze nutrizionali.
Bisogna fare attenzione anche alla cross-reattività, la reazione incrociata che lega gli allergeni alimentari a quelli inalanti, ossia i pollini.
Chi soffre di allergia alla mela, ad esempio, quasi sicuramente sarà allergico anche agli allergeni respiratori della betulla, e lo stesso legame vale per pomodoro e graminacee, gamberetti e acari e così via.
Ma quali sono i famigerati allergeni stabili, che resistono alla cottura e più comunemente causano reazioni allergiche?
Sicuramente i più noti sono le proteine del latte vaccino, che interessano poco gli adulti ma colpiscono il 3-5% dei bambini al di sotto dei 2anni.
Anche l’allergia all’uovo, soprattutto all’albume d’uovo crudo, è una delle forme di allergia più frequenti nel bambino.
Tra le carni animali, invece, la carne di maiale è certamente quella più allergizzante, tanto più che talvolta può essere contaminata da penicillina.
Vediamo ora due casi di campanilismo.
La lista degli allergeni maggiori include quelli del merluzzo e del gamberetto nei paesi scandinavi dove maggiore è il loro consumo, mentre gli allergeni dell’arachide sono la fonte più frequente di allergia alimentare tra i bambini americani.
Come fanno notare questi dati, l’incidenza allergica di un alimento dipende anche dalla sua diffusione nella cultura di un popolo.
Sicuramente questo non rende le cose più facili: dire a un bambino americano di rinunciare al burro di arachidi è come vietare a uno italiano il mitico trancio di pizza.
Ma superato lo shock iniziale, non si tratta di perdite insostituibili dal punto di vista nutrizionale.
Più difficile è il caso dei vegetali inseriti nella lista degli allergeni stabili, come mela, pesca, pera, prugna, albicocca, ciliegie, kiwi e sedano.
Completano il quadro soia e farina di frumento.
Certo la prospettiva non è delle più incoraggianti, ma i passi avanti compiuti fino ad ora fanno sperare in un futuro migliore per gli allergici.
O in una nuova moda alimentare…
Allergia nei bambini – Intolleranze alimentari
I pericoli nel piatto del tuo bimbo
Se le malattie allergiche sono in aumento, a farne le maggiori spese sono i bambini.
In Italia ne soffre il 20-25%, con sintomatologia differenziata: il 10-15% è colpito da asma bronchiale, il 10-20% da rinite allergica, il 6-8% da allergia alimentare e un altro 10-20% da dermatite atopica.
L’unico modo per ridurre questi numeri è una diagnosi tempestiva, cui far seguire un trattamento efficace.
L’iter diagnostico per i bambini non è molto diverso da quello degli adulti: sono necessari anamnesi, esami sul paziente e in laboratorio, e un po’ di informazione per sfatare i luoghi comuni.
Per esempio, bisogna sottolineare che le malattie allergiche non costituiscono controindicazione alle vaccinazioni. Anche per i bambini a rischio, che abbiano già subito uno shock anafilattico o soffrano di asma cronica, la soluzione non è saltare la vaccinazione, ma semmai effettuarla in centri specifici, con strutture idonee e medici specialisti.
Anche gli antibiotici, ritenuti spesso una causa importante di reazioni allergiche, sono meno pericolosi del previsto: su una casistica di 367 bambini allergici tra i 3 e i 6 anni, solo il 20% risulta allergico agli antibiotici.
Se queste indicazioni vogliono evitare inutili allarmismi, dall’altro lato è bene ricordare che non bisogna mai sottovalutare i campanelli d’allarme, come tosse continua e respiro sibilante. Potrebbero essere le prime avvisaglie dell’asma, che non a caso è una patologia sottodiagnosticata.
La diagnosi di asma infantile richiede infatti un iter complesso, che oltre alla valutazione dei sintomi, alla ricerca di allergie e alla storia clinica, prevede anche prove di funzionalità respiratoria, fondamentali per monitorare il decorso e la risposta alla terapia.
Anche il problema dell’allergia alimentare ha un forte peso nella vita di un bambino, soprattutto per i suoi risvolti psicologici: il piccolo viene iperprotetto dalla famiglia, e spesso privato di attività di socializzazione quotidiana come il pranzo a scuola o la merenda con gli amici.
E spesso questi sacrifici vengono fatti a vuoto, per un errore di valutazione. Per questo è importante una diagnosi sicura come quella garantita dal test di provocazione orale in doppio ceco con placebo (vedi diagnosi), che evita diete sconclusionate e sofferenze inutili.
Un altro utile strumento per la diagnosi di allergie alimentari nei bambini è il patch test, un nuovo esame per la valutazione delle reazioni ritardate a un alimento. Il test consiste nell’applicazione sul dorso del paziente di piccole cartine su cui sono disposti in forma liquida i diversi alimenti, per poi valutarne le reazioni.
Un ultima patologia causata in età pediatrica da alimenti, fattori climatici e inalanti (acari, pollini, muffe), è la dermatite atopica, detta anche eczema costituzionale. Si tratta di una malattia cutanea cronica, caratterizzata da intenso prurito e da andamento recidivante, diagnosticabile con diete di eliminazione e di scatenamento con l’alimento sospetto.
Una volta individuato il problema, come per gli adulti non esiste una cura farmacologia, fatta eccezione per la somministrazione di farmaci ad azione preventiva (sodio cromoglicato) o sintomatica (antistaminici): l’unico modo per non riportare più i fastidiosi sintomi è quello di eliminare dalla dieta, o dall’armadietto dei medicinali, le sostanze allergeniche.
Sarà necessario seguire una dieta sostitutiva, preparata da uno specialista, che sia in grado di eliminare gli alimenti incriminati senza intaccare il giusto apporto di sostanze nutritive.
Aspetti psicologici – Intolleranze alimentari
Allergia e stress, binomio pericoloso
Tra psiche e allergie alimentari esistono alcune correlazioni.
È quanto sostenuto da un gruppo di canadesi dell’Università di Alberta, che ha documentato che l’induzione di stress determina un’accentuazione della patologia allergica.
La ricerca, effettuata su animali e quindi slegata da condizionamenti psico-emotivi, ha dimostrato con precisione che l’esistenza di un’intolleranza alimentare o di un’allergia IgE mediata determinano fenomeni di tipo neurologico evidenti quali ansia, astenia, senso di stanchezza, affaticamento e irritabilità.
Lo stress più pericoloso è quello cronico, che ripetendosi nel tempo interferisce gravemente sull’equilibrio immunologico aggravando un’allergia già presente.
Non sembra invece causare danni particolari uno stress acuto ma di breve durata, come quello che precede un esame o un evento importante.
Un altro elemento che, secondo il ricercatore tedesco Alexander Kapp, peggiora notevolmente la dermatite atopica provocata da reazioni allergiche, è l’attivazione del Nerve Growth Factor (NGF).
Si tratta di un neurotrasmettitore, individuato dal premio Nobel Rita Levi Montalcini, che si attiva in condizione di preoccupazione per la perdita dei propri punti fermi, e mette in atto meccanismi di difesa motivata dell’organismo. Questo processo, riscontrabile soprattutto in pazienti dalla scarsa stabilità emotiva, può determinare l’attivazione successiva dei vari meccanismi classici della manifestazione allergica.
Contrariamente a quanto si è sostenuto per molti anni anche nel mondo medico, le intolleranze e le allergie alimentari non sono un fenomeno di carattere nervoso, ma un disturbo fisico reale, che al limite è causa, e non conseguenza, di problemi psicologici.
In questi casi, spesso la rieducazione alimentare si rivela un’arma doppiamente efficace: oltre al riequilibrio fisico permette anche quello psicologico.
Allergia agli OGM, problema moderno
Un OGM (organismo geneticamente modificato) può comportarsi ai fini dell’allergenicità come un qualsiasi alimento che contenga allergeni nascosti. Le piante geneticamente modificate, infatti, possono ricevere, insieme agli altri geni trasferiti, anche quello che regola la sintesi di un allergene.
È quanto accadde quando si cercò di trasferire una proteina della noce brasiliana nella soia: quella proteina era un allergene.
Fortunatamente i controlli interni alla produzione se ne accorsero in tempo per bloccarne la produzione, e l’episodio favorì la nascita di un sistema di controlli biochimici, immunologici e chimico-fisici chiamato decision tree.
Questa struttura, approvata dalla FAO e dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), da allora ha il compito di vigilare sulla presenza di allergeni negli OGM.
Ma nel 1999 il meccanismo si è inceppato: il mais OGM Star Link®, contenente una tossina allergenica e per questo destinato dal decision tree alla sola alimentazione animale, fu trovato dall’associazione ecologista Friends of the Heart in prodotti destinati all’uomo.
La produzione e la semina furono vietate, ma ormai era tardi: nell’autunno del 2000 cominciarono ad arrivare le prime segnalazioni di casi di allergia conseguenti ad alimentazione con prodotti di mais contaminati da Star Link®.
In seguito, la commissione di esperti convocata per giudicare l’accaduto constatò l’impossibilità di stabilire il reale grado di inquinamento subìto dai prodotti naturali da parte di Star Link®, e l’impossibilità di stabilire se i casi di allergia fossero realmente legati a quei prodotti, condannando la vicenda al dimenticatoio pubblico.
Questo caso, seppur poco diffuso dai media, è esemplare nella sua drammaticità per indicare l’inadeguatezza dei controlli preventivi sulla sicurezza dei rischi alla salute pubblica che potenzialmente potrebbero derivare dagli OGM.
Il problema rischio allergenico è importante, e andrebbe affrontato con pertinenti conoscenze scientifiche.
Glossario per Intolleranze alimentari – Enciclopedia medica Sanihelp.it
Tag cloud – Riepilogo dei sintomi frequenti
edema
rinite
prurito
diarrea
vomito
emicrania