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Infertilità, lo specialista è il necessario supporto

Obiettivo fertilità

Sanihelp.it – Il bebè non arriva? Dopo una serie di inutili tentativi, scoraggiarsi è più che naturale. Del resto, sono tanti i falsi miti che ruotano attorno a questo tema, primo fra tutti quello che riprodursi sia scontato e semplice. Purtroppo, non è così; è vero proprio dal momento che la specie umana è per natura a bassa fecondità e la riproduzione può diventare impossibile o molto difficile per alcune coppie, per altre può essere un percorso più lungo del previsto e per altre un iter ostico.


Partendo dal presupposto che la fertilità dipende dalle due variabili (femminile e maschile) insieme, le problematiche legate alla riproduzione vengono quindi considerate di coppia. Di fronte però a un ostacolo riproduttivo verranno eseguite delle indagini atte a valutare le capacità riproduttive dell’una e dell’altra, unendo i risultati verso il fine della coppia. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Elisabetta Colonese specialista in Ginecologia e ostetricia presso Fertility Clinic di Milano.

Quando e’ il caso di rivolgersi a un ginecologo specialista in fertilità?

Sopra i 35 anni è consigliato aspettare 6 mesi di tentativi, non andati a buon fine, prima di chieder aiuto allo specialista della fertilità, sotto i 35 anni  dopo 12 mesi. Ma non è sempre così.  «In alcuni casi notoriamente patologici» come spiega la dottoressa Colonese «come ad esempio se la donna è  affetta da endometriosi, pregressa chirurgia ovarica, sindrome dell’ovaio policistico, menopausa precoce, problemi genetici, problemi ormonali, ciclo irregolare, fibromi, polipi, pregressa gravidanza extra uterina, problemi della salute maschile, è opportuno rivolgersi al ginecologo in coppia già al momento della scelta di avere un figlio».

In questi casi servono un check-in completo di salute e di benessere ginecologico, esami specifici e per dare indicazioni specifiche per quel caso che può non necessitare la attesa di 1 anno o 6 mesi poiché nota una problematica di salute che può intaccare la riproduzione. 

«Utile in questi casi rivolgersi a un ginecologo esperto in fertilità» prosegue la specialista  «per capire, grazie a esami specifici che vengono prescritti alla coppia, se essa può essere aiutata mediante soluzioni di primo livello (rapporti mirati con monitoraggio della ovulazione o inseminazione artificiale) con o senza aiuto di farmaci ormonali, oppure soluzioni di secondo livello (FIVET e ICSI)».

Fivet e’ l’acronimo di Fecondazione In Vitro con Embryo Transfer; consiste in una tecnica di PMA II livello (fuori dal corpo, in laboratorio) in cui gli spermatozoi vengono messi a contatto con gli ovociti cioè la cellule uovo  (ottenute in numero vario in base alla riserva ovarica e al tipo di stimolazione dopo la stimolazione ormonale stessa e a seguito di pick up, cioè l’ intervento di aspirazione dei follicoli dati dalla stimolazione ormonale: i follicoli infatti all’interno di essi contengono l’uovo) su una piastra di laboratorio. Nella FIVET la fecondazione avviene in modo più »naturale» rispetto alla ICSI, senza manipolazione diretta. 


La ICSI è invece l’acronimo di Iniezione Intracitoplasmatica dello Spermatozoo. In questo caso lo spermatozoo singolarmente viene selezionato in laboratorio sulla base della morfologia e della motilità affinché venga inserito nel citoplasma della cellula uovo facilitando la fecondazione. Questa tecnica è molto utile in caso di problemi del seminale. 

Sia dopo FIVET che dopo ICSI l’embrione viene coltivato in laboratorio per giorni da 2 a 5 fino a quando viene trasferito in utero attraverso il secondo passo della PMA che segue al pick up, ovvero il transfer embrionario. Il transfer si avvale di un catetere sottile che viene inserito in utero, a poca distanza dal suo fondo, dal ginecologo che si occupa di Pma, si guida ecografica. Al termine della PMA si attenderanno un tot di giorni dipendenti dalla età dell’embrione al transfer per eseguire poi un prelievo di sangue (BetaHcg) che darà esito positivo se la gravidanza si è instaurata. 

«Resta sempre fondamentale la visita preconcezionale da eseguire almeno 3 mesi prima di concepire» sottolinea l’esperta «la quale permette di avere un check della salute a 360° della paziente e della sua salute ginecologica (anamnesi, visita ginecologica, ecografia transvaginale e eventuale Pap Test)». «Nel corso della visita si prescrive alla paziente integrazione personalizzata che certamente include acido folico 400 mcg die almeno 3 mesi prima di riprodursi al fine di scongiurare il rischio di spina bifida (in alcune pazienti anche questo dosaggio verrà personalizzato, ad esempio in alcuni casi di problemi ematologici), si procede poi alla spiegazione della fisiologia riproduttiva e alla prescrizione degli esami preconcezionali di coppia». 

Importante è agire per tempo. In caso di qualità e quantità ovocitarie ridotte (con il passare degli anni le uova diventano meno giovani e con questo mutamento anche meno inclini a lasciarsi fecondare nonché più inclini a creare embrioni anomali dal punto di vista cromosomico) si può agire in modo limitato ma solo se non è già troppo tardi.

In caso di patologie come cicli anovulatori, chiusura delle tube e problemi del seminale (dispermia lieve, moderata, grave nel numero, nella motilità o nelle forme fisiologiche, anche in caso di azoospermia talvolta si può ottenere un successo mediante TESE cioè prelievo dello spermatozoo dal testicolo mediante biopsia) la procreazione medicalmente assistita può fare risultati straordinari. Questo anche nel caso di giovani coppie: un altro falso mito da sfatare è infatti quello che giovane significhi per forza fertile. Non sempre è così, anzi, al giorno di oggi sempre più problemi ormonali, tubarici, infettivi e maschili sono protagonisti delle visite per infertilità. Fondamentale affidarsi a personale specializzato e affidabile.

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