Sanihelp.it – L’alimentazione complementare definisce quel periodo evolutivo, solitamente avviato attorno al sesto mese di vita, in cui al latte (materno o in formula) vengono affiancati i primi alimenti solidi. Non si tratta di una mera sostituzione, bensì di un’integrazione, come il termine stesso suggerisce. Questo passaggio cruciale non risponde solo alla necessità di soddisfare fabbisogni nutrizionali in evoluzione, ma accompagna e stimola lo sviluppo psicomotorio del bambino, inaugurando un’importante fase di esplorazione sensoriale e di acquisizione di nuove competenze.
I segnali di prontezza e i fabbisogni nutrizionali
L’avvio non è dettato rigidamente dal calendario, ma dalla maturazione del singolo bambino. È fondamentale osservare i segnali di prontezza psicomotoria: la capacità di mantenere la posizione seduta con un minimo supporto, la perdita del riflesso di estrusione (quel movimento istintivo che porta la lingua a spingere fuori qualsiasi cosa diversa dal latte) e un manifesto interesse verso il cibo degli adulti. Contestualmente, intorno ai sei mesi, le scorte di alcuni nutrienti acquisiti durante la gravidanza, in particolare il ferro, iniziano a necessitare di un’integrazione che il solo latte non può più garantire completamente, rendendo necessario l’apporto di cibi solidi.
Approcci all’introduzione dei cibi: metodi a confronto
Non esiste un unico modo per intraprendere lo svezzamento. L’approccio tradizionale prevede l’introduzione graduale di pappe e puree a consistenza liscia, spesso seguendo uno schema preciso per l’inserimento dei vari alimenti e garantendo un controllo sulle quantità. Parallelamente, si è diffuso l’approccio definito autosvezzamento (o alimentazione complementare a richiesta), che suggerisce di offrire al bambino, in sicurezza, gli stessi cibi della famiglia, tagliati in formati gestibili (come bastoncini morbidi), lasciando a lui l’iniziativa nell’afferrare e portare il cibo alla bocca. Esiste anche una via mista, che combina la praticità delle puree con l’esplorazione autonoma di cibi solidi sicuri, adattandosi alle esigenze della famiglia e all’indole del bambino.
Strutturare un pasto equilibrato: lo schema iniziale
Indipendentemente dal metodo, la composizione del pasto deve tendere all’equilibrio. Un esempio di schema per lo svezzamento a 6 mesi, specialmente nella fase iniziale, prevede l’introduzione di un unico pasto (generalmente il pranzo) che andrà a complementare le poppate, le quali restano l’alimento principale. Questo pasto dovrebbe idealmente includere una fonte di carboidrati, una fonte proteica, una porzione di verdure e grassi buoni. Uno schema pratico per la pappa iniziale (secondo il metodo tradizionale) potrebbe essere così strutturato:
- Base liquida: Brodo vegetale (preparato senza sale, con verdure come carota, zucchina, patata).
- Carboidrati: Crema di cereali (come riso, mais e tapioca, per la loro digeribilità).
- Proteine: Inizio con piccole dosi (es. 10g di omogeneizzato di carne bianca o metà vasetto, oppure 20g di legumi decorticati e frullati).
- Verdure: 2-3 cucchiai delle verdure utilizzate per il brodo, passate finemente.
- Grassi: Un cucchiaino di olio extravergine di oliva aggiunto a crudo.
La progressione come chiave dello sviluppo
La progressione è fondamentale. Se si inizia con consistenze vellutate, è importante non protrarle eccessivamente. Già dopo poche settimane dall’inizio, è opportuno evolvere verso consistenze più granulose (cibo schiacciato con la forchetta anziché frullato) e, successivamente, verso pezzetti morbidi e sicuri (come pezzetti di verdura cotta o frutta matura). Questo stimola la masticazione, anche in assenza di denti, ed è propedeutico a un corretto sviluppo delle competenze orali e maxillo-facciali. Offrire texture diverse aiuta anche a prevenire future neofobie alimentari e incoraggia una maggiore accettazione di cibi differenti.



