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Trauma spinale: un interruttore uccide e ripara le cellule

Sanihelp.it – Un gruppo di ricercatori italiani ha individuato la possibilità di rimediare alla perdita cellulare associata al danno spinale conseguente a eventi traumatici, molto diffusi tra la popolazione giovane maschile (1.5 ogni 10 abitanti).


La scoperta si basa sulla possibilità di sfruttare i molteplici ruoli del recettore GPR17, già precedentemente individuato dal gruppo e presente, nel midollo spinale, sia sulle cellule che muoiono in conseguenza del danno traumatico che sulle cellule coinvolte nella successiva riparazione e rigenerazione della zona lesa.

I ricercatori hanno infatti osservato che subito dopo il danno, all’interno dell’area lesa, vi è un’attivazione abnorme di GPR17 responsabile di una cascata infiammatoria che porta alla morte dei neuroni e delle cellule dell’oligodendroglia.
Una prima scoperta dello studio è che l’inibizione preventiva di GPR17 tramite la somministrazione di un farmaco biotecnologico è in grado di alleviare significativamente la perdita cellulare nell’area lesa e il deficit neurologico associato al trauma.

La seconda informazione fornita dallo studio è che questo recettore non è soltanto coinvolto nella mediazione del danno acuto, ma partecipa anche ai meccanismi riparativi più a lungo termine: la sua attivazione sulle cellule simil-staminali può favorire il processo riparativo di nuove cellule.
Si apre così la prospettiva futura di poter incrementare la maturazione di questi precursori non ancora differenziati verso forme specializzate, in grado di riformare la guaina mielinica danneggiata dalla lesione e ripristinare la capacità dei neuroni di trasmettere impulsi.

Si tratta ora di mettere a punto una nuova terapia da somministrare precocemente nelle fasi successive al trauma per potenziare l’attività rigenerativa di GPR17. Risultati ottimali si potrebbero ottenere combinando agenti farmacologici attivi su GPR17 con farmaci biotecnologici. Quando strategia potrebbe essere applicata anche nei giorni e nelle settimane successive al trauma.

La ricerca, condotta da esperti dell’Università degli Studi di Milano e dell’Università di Messina, è stata pubblicata su Brain, terza rivista mondiale nel campo della neurologia clinica.

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