Sanihelp.it – Un recente studio sulla pancreatite cronica ha messo in luce una novità riguardante i fattori di rischio di questa patologia: la metà dei 727 pazienti osservati soffre o ha sofferto di calcoli biliari.
«Finora la pancreatite cronica è stata una malattia pressoché sconosciuta, influenzata da un’eterogeneità di fattori», afferma Giorgio Cavallini, professore di gastroenterologia all’università di Verona.
«Tra le cause più incidenti, c’è l’abuso di alcol (soprattutto nella popolazione maschile, la più colpita dalla pancreatite).
È però opportuno precisare che l’eccesso alcolico non scatena di per sé la malattia, ma è associato a una predisposizione genetica individuale, che accelera l’infiammazione del pancreas.
Inoltre, alla luce delle recenti analisi, sembra profilarsi un legame tra la presenza di calcoli alla colecisti e l’insorgenza della pancreatite».
Quest’ultima osservazione ha conseguenze importanti, se si considera che la calcolosi biliare colpisce soprattutto il sesso femminile, che diventa così la classe più a rischio di sviluppo della pancreatite cronica. Nello studio effettuato infatti la percentuale di donne affette da pancreatite ostruttiva (cioè conseguente ai calcoli biliari) è stata del 35 %, contro il 13,5 % degli uomini.
«Questo dato deve far riflettere», continua il professor Cavallini, «perché una maggiore attenzione nei confronti di coloro che soffrono di calcoli potrebbe rivelare casi di pancreatite sommersa.
Per questo motivo, se il paziente, anche dopo una colecistectomia, continua a soffrire di dolori addominali, coliche e cattiva digestione, dovrebbe sottoporsi a colangiografia con risonanza magnetica, per permettere una diagnosi precoce».
E per quanto riguarda la terapia?
«Una volta diagnosticata la pancreatite, il trattamento prevede una modifica dello stile di vita, una riduzione dei grassi e una terapia farmacologica», spiega Valerio Di Carlo, professore di chirurgia generale all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
«Spesso il quadro clinico nelle forme avanzate è caratterizzato da calo di peso, per insufficiente produzione di enzimi digestivi da parte del pancreas. Perciò un trattamento medico-dietetico, associato all’uso di enzimi pancreatici, consente di migliorare tale quadro.
L’intervento chirurgico è necessario quando compare dolore addominale invalidante, quando vi siano complicanze (ittero, ostruzione duodenale…) o dubbio di neoplasia.
Questo significa che la scelta del trattamento viene valutata per ogni paziente in base allo stato di avanzamento della malattia.
Del resto, per quanto riguarda la pancreatite cronica, la terapia è ancora molta arte e poca scienza, cioè si basa più sulle considerazioni personali e sul buon senso del medico che non su studi prospettici che mettano a confronto la terapia chirurgica con quella endoscopica».