Sanihelp.it – Rinforza il sistema immunitario contrastando la colonizzazione dei germi patogeni, influenza il metabolismo energetico e persino il nostro umore. Ma non solo: contribuisce alla sintesi dei principali nutrienti – vitamine e acidi grassi, solo per citare alcuni – agevolando il processo digestivo. E ancora: modula la quantità e l’effetto degli ormoni sessuali e la densità della massa ossea, partecipando all’assorbimento di calcio e vitamina D e influenzando la funzione del sistema nervoso. Ecco perché il microbiota, la popolazione di microrganismi – batteri, virus, funghi, protozoi, archei – ospite del nostro organismo sulla cute, nell’intestino, nei polmoni, e non solo, è davvero un secondo cervello ed è sempre più sotto i riflettori degli studi clinici, anche in un’ottica pro-Longevity.
Come per ogni »Star» che si rispetti, anche il microbiota al crescere della popolarità è sempre più esposto al rischio di fake news, come spiega il biologo e nutrizionista Manuele Biazzo, Direttore Scientifico di The BioArte e primo Coach del Microbiota felice, che »smonta» così alcune delle più diffuse leggende metropolitane sul microbioma, evidenze scientifiche alla mano: «Negli ultimi anni il microbiota è diventato protagonista del dibattito scientifico e mediatico, spesso presentato come la chiave di volta per il benessere olistico. Ma con la popolarità sono arrivati anche molti falsi miti, spesso ripetuti senza evidenze o fuori contesto».
1. Microbiota = Cellule umane x 10
È uno dei miti più diffusi ma ormai superati. Si credeva che il corpo umano ospitasse dieci volte più batteri che cellule umane, ma studi recenti dimostrano che il rapporto reale è circa 1:1. Secondo uno studio pubblicato su Cell nel 2016, un adulto medio ospita circa 39 trilioni di batteri contro 30 trilioni di cellule umane, con variazioni soggettive. L’enfasi sul numero era affascinante, ma il dato corretto ci restituisce una visione più equilibrata, senza sminuire l’importanza funzionale del microbiota (Fonte: Sender R., Fuchs S., Milo R. (2016) Cell, 164(3):337-340)
2. Più fibre nel piatto, maggior benessere:
Le fibre sono importanti, ma non sono una medicina universale. L’idea che più fibre portino automaticamente a una salute intestinale migliore è troppo semplicistica: esistono, infatti, molti tipi di fibre – solubili, insolubili, fermentabili – e ciascuna ha effetti diversi sul microbiota e sulla digestione. Ad esempio, in presenza di disbiosi o IBS (sindrome dell’intestino irritabile), alcune fibre possono persino peggiorare i sintomi, causando fermentazione, gonfiore, dolore, diarrea o stipsi. Serve quindi capire quali tipi sono adatti, in che quantità e in base a quale condizione individuale. In certi casi può essere consigliabile una dieta a basso contenuto di FODMAP che mira a limitare l'assunzione di alcuni carboidrati fermentabili proprio per ridurre i disturbi gastrointestinali.
3. Tutti i probiotici sono uguali
Esistono centinaia di ceppi probiotici, ognuno con funzioni diverse: non sono tutti intercambiabili, e non tutti sono adatti a ogni persona o patologia. Il successo di un probiotico non dipende solo dal ceppo, ma dal terreno intestinale, cioè dall’ambiente metabolico, nutrizionale e microbico individuale. Ecco perché senza una adeguata personalizzazione e senza supportare il terreno, anche il probiotico migliore può fallire. Il problema più comune è proprio l’utilizzo di prodotti generici, spesso contenenti mix di Bifidobacterium e Lactobacillus, senza sapere se il paziente ha davvero bisogno di quei ceppi. In molti casi, ad esempio, si trovano bifidobatteri già in eccesso e integrare ulteriormente può causare disbiosi fermentativa. Inoltre, va ricordato che occorre salvaguardare la naturale competizione dei probiotici fra di loro per colonizzare l’intestino perché favorisce la crescita e il mantenimento di una flora intestinale sana, nella quale i "batteri buoni" prevalgano sui "batteri cattivi".
4. Salute intestinale al Top con i prodotti detox
Bevande, tisane e integratori »detox» sono spesso proposti come soluzioni miracolose per »ripulire» l’intestino, ma non esistono basi scientifiche solide a supporto di questi prodotti. Il nostro organismo ha già sistemi endogeni di detossificazione molto efficienti, come fegato, reni, intestino e il microbiota stesso. Per un microbiota in equilibrio occorrono, quindi, interventi mirati a riparare e riequilibrare:
riducendo gli alimenti o i farmaci che alterano l’ecosistema
reintegrando i nutrienti mancanti
riequilibrando i ceppi batterici beneficimodulando infiammazione e permeabilità
L’unico detox che funziona davvero è ristabilire le condizioni ottimali affinché l’intestino faccia il suo lavoro. Invece di »detossinare» a caso, serve ristabilire l’equilibrio con interventi reali e misurabili, soprattutto se ci sono disturbi digestivi cronici.
5. Un’eredità genetica immutabile
Il microbiota influenza la nostra firma genetica, ovvero l'espressione dei geni ereditati dai genitori, attraverso un processo chiamato "epigenetica", che modifica l'attività genica senza alterare la sequenza del DNA. È vero che il parto e i primi mesi di vita influenzano profondamente quest’organo, ma si tratta di un ecosistema in continua evoluzione in risposta a dieta, farmaci (antibiotici, inibitori di pompa, statine, etc.), stress, ambiente e abitudini. Questo ci offre una grande opportunità: agire sul microbiota con interventi personalizzati e mirati, necessari in molti casi clinici.
«Il microbiota è un ecosistema dinamico, potente e influenzabile. Ma proprio per questo, non può essere semplificato in regole rigide o slogan universali. Ogni intestino ha una sua composizione, una sua storia clinica e richiede un approccio su misura, basato su dati reali come un test del microbiota e su una strategia integrata: dieta, stile di vita, probiotici selettivi, ma anche ripristino del »terreno» adatto» prosegue il Dottor Biazzo. «Il futuro della salute intestinale non passa per mode o generalizzazioni, ma per scelte consapevoli e personalizzate. E il primo passo è smettere di credere ai falsi miti creati da alcuni media solo per far lievitare il numero di clic sui portali online» conclude l’esperto.



